Massimo Boldi sarà protagonista (nonché insignito del premio alla carriera) dell’evento “Giocaitalia” che domani si terrà al Castello Sforzesco di Milano. Eterno bambino e testimone di un pezzo di storia italiana, l’attore Massimo Boldi, premio alla carriera di GiocaItalia, rivive i momenti speciali della sua vita in questa intervista alla voglia del conferimento del riconoscimento.
Massimo Boldi – che per la seconda volta riceverà il Premio alla carriera GiocaItalia domenica 27 agosto presso il Castello Sforzesco (Milano) – ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’intrattenimento italiano.
1. Congratulazioni per il premio alla carriera di GiocaItalia! Tornando indietro nel tempo, al 1991, Lei ha ricevuto lo stesso premio per “Sabato al Circo”. Come si sente a ricevere questo riconoscimento nuovamente dopo un po’ di anni?
Ritirare un premio è sempre una cosa straordinaria, significa che hai lasciato qualcosa… Ricevere lo stesso premio è straordinario! Chi fa la mia professione, ovvero l’attore comico, non riceve molti premi purtroppo, quindi questi di Giocaitalia e tutti i Telegatti che ho avuto sono per me una cosa speciale. Ma la cosa che più mi gratifica – al di là dei riconoscimenti – è quella di essere riconosciuto dai ragazzi nonostante dopo la pandemia si sia registrata una grande crisi del cinema e dello spettacolo. Non ci sono alternative: oggi o sei unico (e indelebile) o sei una persona che cerca di somigliare a qualcun altro (ed evanescente).
2. Riflettendo sulla sua lunga carriera, quali sono stati i momenti più memorabili e gratificanti che ha vissuto? C’è qualche aneddoto in particolare che vorrebbe condividere in questo momento con il pubblico?
Da quando ho cominciato a fare il cinema popolare ho cercato sempre di fare qualcosa che piacesse sia a me che al pubblico. Ho cominciato negli anni 1974/75 , interpretavo delle parti nei film di Villaggio e Pozzetto. Poi con Vanzina, con cui ho lavorato a lungo, ho iniziato a fare cose più importanti. Poi nell’81/82, prima che entrassi a far parte del mondo di Canale 5, è nato Cipollino, un personaggio a cui sono molto legato. Facevo con Teo Teocoli un programma dal titolo “Non lo sapessi ma lo so”, autori del programma Zuzzurro e Gaspare con Gino e Michele. Un varietà che andava in onda su Antenna 3 Lombardia. I miei intermezzi comici ebbero un successo insperato. Mi fu chiesto di entrare in scena per raccontare una barzelletta che non faceva ridere indossando la testa di un gallo e Teo Teocoli mi annunciò come “Ci, ci, ci, ci, ci, ci, ci, ci, ci, ci…” e i bambini presenti del pubblico esclamarono “Cipollino!”.
3. Nel programma “Sabato al Circo” ha interpretato il memorabile Leo Pantegana. Cosa pensa che abbia reso così speciale e memorabile questo personaggio?
Perché la sua era una comicità “giullesca”. Leo Pantegana e i personaggi che sono seguiti erano programmati per far ridere anche se non dicevano niente. I grandi comici hanno sempre interpretato dei personaggi che piacevano innanzitutto ai bambini. Per farlo, ti devi sentire bambino… E io mi sento ancora tale!
4. Lei è stato protagonista di molteplici programmi di varietà. Con l’avvento dei social media e dei nuovi modi di fruire dell’intrattenimento, come pensa che si debba adattare il mondo dei varietà in televisione per rimanere rilevante e coinvolgere le nuove generazioni?
Io mi auguro semplicemente che la televisione continui a far divertire. Sono molto affascinato dal fenomeno dei social e degli influencer e dal modo in cui svolgono la loro attività. Usare bene le nuove tecnologie non è semplice. Ma tutto quello che è successo negli ultimi decenni, la velocità con cui è avvenuto tutto questo mi lascia anche un po’ perplesso. Quando ho girato “Natale sul Nilo” ho avuto modo di visitare le piramidi e bah ho avuto come l’impressione che gli Antichi Egizi avessero già predetto tutto.
5. Berlusconi… Mi dirà: “cosa c’entra in questa intervista”, e invece una connessione c’è…
Certo che c’è! E’ stato uno dei più grandi talent scout della televisione. Ho cominciato con lui. Sono uno dei tanti (o pochi, dipende dai punti di vista) in cui lui ha creduto. E c’è stato sempre un rapporto di fiducia reciproco. A tutti coloro che lo criticano per la sua vita privata posso solo dire che tutti noi non siamo perfetti.
6. Infine, pensando al tema della valorizzazione dei giovani talenti, qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere alle nuove generazioni di artisti, affinché possano perseguire i propri sogni e contribuire al panorama culturale e sociale del nostro Paese?
Dico di fare: fate quello che volete, ma fate. Se non potete farlo, trovate il modo per farlo. Tutti possiamo essere artisti, ma dobbiamo dimostrare di volerlo diventare. Io, ad esempio, non sopporto i talent che hanno una giuria: chi sono queste persone per giudicare? Non esistono delle persone che hanno un’autorità oggettiva per decidere quali siano i veri “talenti” e quali no. I criteri di valutazione personale non necessariamente corrispondono a quelli dell’intera popolazione. Si rischia che persone dotate di reali abilità non vengano riconosciute a causa del parere di una giuria che potrebbe non comprendere appieno la portata delle loro capacità.