Appare chiaro, e la storia della moda ce ne dà ragione, che la cravatta è il maggior segno distintivo dell’eleganza maschile. D’altra parte non tutti gli uomini sono abituati ad indossarla e quando qualcuno la porta forzatamente, per una ricorrenza particolare ad esempio, appare ingessato.
Non c’è niente di più antiestetico, credo, nel vedere un uomo che in continuazione infila due dita nel colletto della camicia, tentando di allentare il nodo della cravatta, per concedersi un po’ di sollievo; ci sono poi uomini che pur stando in pigiama si vede che sono comunque uomini in cravatta. Storia facendo, numerose pubblicazioni sulla cravatta citano la colonna di Traiano a Roma come esempio di raffigurazione del primo antesignano di questo accessorio maschile.
Ma ciò che indossavano i legionari romani all’inizio del II secolo d. C. ricorda solo vagamente l’odierna cravatta, infatti, si tratta solo di un pezzo di stoffa legato intorno al collo. I veri precursori della cravatta sono sicuramente i fazzoletti annodati intorno al collo i quali entreranno a far parte dell’abbigliamento maschile dalla metà del XVII secolo quando alcuni mercenari croati suscitarono l’interesse dei parigini durante la Guerra dei trent’anni e per un difetto di pronuncia la “croata” diventerà la cravatta. La prima proto cravatta risale però al XVIII secolo, ed è americana. È la cosiddetta bandana, un grande fazzoletto a disegni che si avvolgeva più volte attorno al collo e si fissava con un fiocco. Fu il pugile americano James Belcher a renderla popolare.

All’inizio del XIX secolo, l’inglese George Bryan Brummel introdusse una moda assolutamente innovativa. Dandy leggendario e grande stilista, soprannominato “beau”, odiava qualsiasi esagerazione nella moda. L’abbigliamento di un gentleman non doveva mai essere ridicolo o vistoso, e per tanto il suo look consisteva in frac blu, panciotto e calzoni beige, stivali neri e fazzoletto da collo annodato. E prendiamo ora in considerazione quest’ultimo dettaglio. Brummel aveva sempre a disposizione un gran numero di fazzoletti bianchi inamidati e la “strana” abitudine di cambiarsi la camicia tutti i giorni, quando un nodo gli riusciva male prendeva un nuovo fazzoletto e ripeteva l’operazione finché non era soddisfatto del risultato. Brummel disponeva di molti fazzoletti e purtroppo per lui di un conto sempre aperto e salato con la lavanderia.
Bisognerà però aspettare il 1880 per vedere la prima cravatta così come la conosciamo, infatti, in quella data i membri dell’Exter College di Oxford presero l’abitudine di legarsi intorno al collo i nastri dei loro cappelli di paglia (boater hat) con un piccolo e semplice nodo al collo creando così la prima vera cravatta. Così pensata, è più da considerarsi come una cravatta per club mentre la prima cravatta a disegni fu la Macdesfield tie, che prese il nome da una cittadina inglese nota per la lavorazione della seta. Intorno al 1900 vennero create cravatte con particolari disegni destinate ad un gruppo di persone le quali dovevano dimostrare la loro ascesa sociale e tra queste vi erano anche le cravatte Regimental, cosiddette perché i colori (a righe oblique) rappresentavano i vari reparti dell’esercito e della Royal Navy.
Nella sua forma attuale la cravatta moderna esiste dal 1924, anche se è possibile scorgere esemplari simili nel periodo precedente la Prima Guerra mondiale, prima di questa data tutta via i tessuti erano piuttosto leggeri e tendevano a consumarsi con rapidità, fu il newjorkese Jesse Langsdorf a trovare la soluzione, ricavò la cravatta tagliando il tessuto con un angolo di 45° rispetto alla precedente che era detta drittofilo, inoltre, non impiegò una singola striscia di seta, bensì tre che poi venivano cucite insieme; fu così brevettata ed esportata in tutto il mondo. Ancora oggi le cravatte che portiamo sono fatte così. E a questo punto ciò che appare più ostico è sicuramente il nodo. Thomas Fink ne ha scovati 85 e li ha descritti nel volume “85 modi di annodare la cravatta”. Senza esagerare, ci basti sapere per ora che esistono secondo Fink, il nodo a tre passaggi (orientale), preferito da Charlie Chaplin, il nodo a quattro passaggi (tiro a quattro), il nodo a cinque passaggi (Kelvin), preferito da Fred Astaire, il nodo a sei passaggi (Victoria), preferito da Sean Connery, il mezzo Windsor, preferito da Clark Gable, il noto a otto passaggi (Cavendish), preferito da Cary Grant, il nodo Windsor, preferito da Frank Sinatra. Questi i più noti ma se volete divertirvi ce ne sono altri 78, più o meno complicati.
Nell’immagine collage d’apertura, da sinistra, Cary Grant, Sean Connery, Frank Sinatra.