Il trend dei dj che diventano musicisti di successo non si arresta. Dall’Inghilterra ora è il turno di Jax Jones, top 5 nei singoli Uk con You Don’t Know Me, un pezzo molto singolare con il featuring di Raye, cantante già conosciuta per un singolo di successo con Jonas Blue. Ne parliamo con il protagonista anche spinti dalla curiosità del video, che vede in una versione pop una scatola di cornflakes con grafiche molto simpatiche. Un video che dimostra quanto Jax Jones si voglia differenziare da tutto il panorama che lo ha generato.
“Mi ha sempre eccitato avere un cartoon di me stesso, ma è anche vero che i video devono avere appeal su tutti i target, e quindi ce n’è un altro con la ragazza che balla, scatenandosi nel video alternativo, che secondo me rappresenta un po’ quello che è dentro tutti noi”.
Jax Jones si prepara a un tour con un set misto tra dj e veri strumenti: “Voglio vedere che effetto fa avere i concerti prenotati con il mio nome da solo senza nessu support”.
Come hai iniziato a far musica?
A 9 anni ho avuto la chitarra classica e mi sono iscritto a un corso dello Stato che gratuitamente ti avvicina alla musica. Mia mamma voleva fossi un banchiere e mio padre voleva diventassi un dottore, i miei pensavano o di farmi salvare vite o di farmi diventare ricco. E a 17 ho iniziato a pensare a fare questo come il mio mestiere. Ho dovuto fare la doppia vita all’università per poi abbracciare totalmente il mondo della musica. Il mio primo contatto con la musica da piccolo era con Kylie Minogue perché mia madre la ascoltava, poi sono arrivati il blues e R’n’B e il soul. Per la house avevo solo un orecchio commerciale, la ascoltavo alla radio, poi nella mia vita arrivò il French Touch e anche ild esiderio di conoscere meglio il genere. Quando ho lavorato con Duke Dumont è partita la mia fascinazione con l’undergroun. Oggi credo di essere un artista House Music perché le mie radici sono in quel genere ma mi differenzio perché so fare dischi da club che funziono nelle radio”.
Il successo di You Don’t Know Me ti ha esposto in prima persona. Che effetto fa?
Non sono Selena Gomez, non ho un profilo alto, mi danno il 5 quando mi incontrano ma non mi vogliono toccare il culo. Non sono il più piccolo nel business, quando ho iniziato dovevi avere 35 anni per permetterti tutti i mezzi, oggi ci sono i teen ager che hanno successo. I ragazzi mi vedono come un dj di successo e si complimentano, per me l’importante è continuare a fare questo mestiere con coerenza e fare tour in tutto il mondo.
Sei un esempio di coraggio e di perseveranza. Vuoi raccontare ai nostri lettori perché?
Ho fatto musica professionalmente fin da quando avevo 21 anni, oggi ne ho 30. Per un produttore e autore è difficile fare soldi velocemente, i miei genitori non mi volevano a casa fin quando non vedevano una mia realizzazione. Così andavo a cantare nelle chiese e in tutti i posti dove mi pagavano per fare musica. Poi mi hanno fatto un contratto con Atlantic Records per un progetto rock, sul genere di HAll & Oats. Fu allora che pensai di essere arrivato, hey, sarò una rockstar. Ma feci un disco e la casa discografica non l’ha mai fatto uscire. All’inziio ero proprio gasato, potevo fare tutto con l’arroganza dei 21 anni e poi all’improvviso tutti i soldi se ne andorono e mi sono sentito improvvisamente umano. Ho passato un periodo stressante ma sicuramente mi ha fatto bene.
Nel 2014 ha fatto un featuring con Duke Dumont, come è andata?
Credo che solo dopo averci lavorato assieme mi sono reso conto che era molto difficile essere una presenza marginale, perché quella canzone, I Got U, era mia e poi mi sono ritrovato a fare i cori. Mi ha dato molte possibilità ma alla fine ho deciso che sarebbe stato bello concentrarmi su me stesso. Anche se per un periodo ho pensato: non posso avere una hit senza Duke!
Da quell’esperienza è scaturito anche il tuo nome. Ce lo spieghi?
Si tratta di un modo per ristabilire se stessi, quando in inglese dici I’m on my Jack Jones, è un detto che vuol dire “star da solo”. Mi sembrava opportuno adottarlo come filosofia.
Ora che sei in classifica con una canzone pop cosa pensi dell’altro “versante” della tua carriera?
You Don’t Know Me è un successo perché è molto pop se comparato al mio lavoro precedente, House Work che era stato un club hit con l’unica intenzione di andare avanti a fare musica e fare qualche festival. Lo dissi alla mia fidanzata il giorno che mettemmo online il singolo: chissà se arriva nei primi 200 e poi subito arrivò in top 10. Mi rendo conto che è più facile cantarla ed entrarci in empatia. E ora è andato al secondo posto in Shazam Global ed è disco d’oro. Raye è una nuova artista, conosciuta molto dai critici, ed è un piacere averla come trampolino di lancio. Detto questo non voglio perdere la mia presenza nel circuito dei club perché è il mio ambiente ed è da dove arrivo.