Conosciuta come capitale culturale del Marocco, Fès, la città del celebre scrittore Tahar Ben Jelloun è custode di Fes El Bali, la medina fortificata che ospita esempi di architettura merinide medievale.
Il suo cittadino più famoso all’estero ne ha fuso la tradizione araba scritta e orale con i moduli della narrativa moderna. Molte città mai visitate prima ci affascinano per le atmosfere che immaginiamo da sogno, i colori, gli odori nell’aria. A Fès, in Marocco è questa la sensazione più forte: sarà il verde che la circonda, tanto sembra lontanissima dal deserto. E come scriveva Antoine de Saint-Exupéry “Ciò che rende bello il deserto, disse il piccolo principe, è che da qualche parte nasconde un pozzo“.
Fès è divisa in tre parti: la Medina (Fès el Bali), Fès el Jdid, sede del quartiere ebraico, e la Ville Nouvelle, la nuova espansione francese.
La città medievale di Fès el Bali rappresenta la più estesa di tutto il mondo islamico. È un autentico dedalo di viuzze, brulicanti fontane, bancarelle, negozi.
Orientarsi per le oltre 9 mila stradine della Medina non è semplice; costituisce tuttavia il modo migliore per ammirarne ogni angolo. Difficile distogliere lo sguardo dalle porte delle case, delle scuole, delle moschee dalle forme intarsiate, dipinte. Un tuffo in un passato senza tempo dove sopravvive quasi per magia un’aura medievale, brulicante di vita intensa, autentica come solo certe civiltà ancora riescono ad esserlo.
I banchi dove le teste di cammello cedono il passo a quelle di capretti, e le arance hanno il sopravvento su verdure e tappeti e ceramiche dai colori vivaci. Fortunati ospiti nel riad di Rachid Amrani, “Dar Amrani 20” , abbiamo ammirati dal terrazzo-giardino la vista che spazia su uno dei più begli scorci della Medina.
Nelle stanze di Rachid tutto appare intatto oltre la porta che le separa dal vicolo strettissimo all’esterno; è il silenzio che ha il sopravvento.
Nella Medina di Fès, le moschee si ammirano solo dall’esterno come quella di Al Karouine che ha 17 porte. Anche dall’esterno è possibile vedere il Palazzo Reale vietato ai turisti; la visione delle porte dorate e decorate con legno di cedro intarsiato e piastrelle è impagabile. Il quartiere ebraico di Mellah, prossimo al Palazzo Reale, risale invece alla metà del XV secolo (1438).
Le Madrase ovvero antichi edifici per lostudio del Corano, dell’arabo e dell’Islam costituiscono una rivelazione. Accanto al mercato delle spezie e dei profumi è situata la Madrasa Al Attarine; dai cortili si intravedono l’ingresso alla Moschea e le stanze degli studenti. La porta cittadina di Bab Bou Jeloud non è molto antica (edificata nel 1913 dal generale HubertLyautey, sostituendo quella del XII sec.), ma preannuncia la città e il centro storico.
I mosaici azzurri che la connotano hanno un’allure particolare che la rende speciale. Il cuore della città è costellato di Souk dove è possibile comparare di tutto, dai dolci alla frutta fresca e secca, allo street food che in Marocco offre una variegata scelta, dal panino con la carne alla Bissara, una zuppa di fave cotte, cumino, olio di oliva e paprika, ottima per colazione o il Cuscus, granelli di semola di frumento serviti con verdure, pesce o carne; costituisce la più antica ricetta del Marocco.
Nei locali migliori, è d’obbligo la Tajine, fatta di verdure e carne esaltate dalle spezie. Autentica prelibatezza anche se non per tutti i palati, è la Pastilla, preparata con carne di pollo mentre quella della tradizione è con carne di piccione.
La Ville Nouvelle, a sud di Fès el Jedid, tradisce un’impronta francese che, tutto sommato non lascia estasiati. Un weekend tipico nella città imperiale prosegue con una visita a Meknes, la cui Medina è meno brulicante diquella di Fès. Poco distante da Meknes, a lasciare senza fiato sono le rovine di Volubilis, l’antica capitale del regno di Giuba I e di Cleopatra Selenius.
Un sito archeologico d’epoca romana fuori dal tempo; Volubilis, distrutta verso la fine del XVIII secolo da un terremoto, si staglia sulla sommità d’un colle con la maestosità delle sue rovine, dalla basilica a due esedre contrapposte, alle terme, al grandioso arco di trionfo, edificato da Marco Aurelio Sebastiano per Caracalla. I mosaici di edifici privati con la loro forza iconografica superano le aspettative; testimoniano, se mai ce ne sia bisogno, di quanto la civiltà dei Romani abbia influenzato l’immaginario di un mondo scomparso.
Diario di viaggio e foto di Teobaldo Fortunato