Quel tratto di strada che dalla Pianura Padana arriva al Mar Ligure. Scrivia, Gavi e passo dei Giovi, lungo la via del mare oltre all’outlet c’è di più. Una terra di frontiera immaginaria, senza stati esteri a consolidarne i confini, senza dogane ed elementi naturali a delimitarne la superficie.

Tortona e Novi Ligure, lo Scrivia, il passo dei Giovi e le colline di Gavi, sono mete vicine, ma al contempo lontane dalle grandi aree urbane milanesi, torinesi e genovesi. Una lingua di terra che si sviluppa lungo la via consolare Postumia, che collegava Genova ad Aquileia; una landa che parte pianeggiante e poi si accartoccia su se stessa, formando dolci colline che si erpicano verso il cielo per respirare l’aria di mare, di fiori e di riviera.

Da queste parti, così geopoliticamente strategiche, hanno piantato i loro vessilli il Ducato di Milano e la Repubblica di Genova, ma anche Napoleone, che non si è tirato indietro dal conquistarle, combattendo la battaglia di Marengo contro l’esercito austroungarico. Anche oggi questo meltin pot padano-ligure è piemontese dal punto di vista amministrativo, ma vanta forti richiami genovesi e lombardi.
Oltre alla sua grande ricchezza naturalistica, il territorio dispone di un considerevole patrimonio culturale: dalla Pinacoteca dei Cappuccini di Voltaggio, alla raccolta di importanti opere del Divisionismo della Pinacoteca della Fondazione Crt di Tortona; dalla millenaria Abbazia cistercense di Rivalta Scrivia all’imponente Forte di Gavi; dalle affascinanti case in terra cruda della Fraschetta, fino all’area archeologica di Libarna, tra Arquata Scrivia e Serravalle, dove affiorano i resti della città romana di Libarna risalente al II secolo a.C.

Passando da queste parti anche la gola non resta delusa. Tutti i passaggi e battaglie sembrano aver arricchito il patrimonio gastronomico locale con piccole contaminazioni, diventati poi grandi e caratteristici sapori. Si parte dai doni che Bacco ha abbondantemente regalato a questo territorio, tra cui i prestigiosi vini di Gavi e quelli dei Colli tortonesi (su tutti Barbera e Timorasso), senza dimenticare il Neretto di Marengo, il vino prediletto da Napoleone Bonaparte.
Imperdibile è poi la rinomata focaccia di Novi, morbida oleosità ligure con delicata consistenza piemontese, mentre non è da meno la caratteristica farinata, prodotta con i ceci della Merella.

Nei ristoranti e salumerie locali meritano l’assaggio le produzioni derivate dal divin porcello: i salumi della Val Curone, ma anche il salame Nobile del Giarolo delle valli tortonesi, la testa in cassetta di Gavi. Altra chicca, questa però di ambito caseario, è il Montebore, formaggio consacrato da Leonardo da Vinci, che lo inserì nel banchetto di nozze di Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo Maria Sforza svoltosi a Tortona nel 1489. E poi ancora agnolotti e ravioli, i rabaton (gnocchetti morbidi) e corzetti di Novi (dischi di pasta fresca che riportano lo stemma di famiglia). Per finire in dolcezza con la nocciola tipica e la sua crema, passando per i croccanti brutti ma buoni, e arrivando all’estasi sensoriale con l’immancabile lussurioso e nero cioccolato. Se rimane tempo e voglia, non dimenticare gli amaretti di Gavi e Voltaggio, i baci di dama (la cui primogenitura è contesa tra Novi e Tortona), i canestrelli al vino bianco.

Fotoservizio di Stefano Corrada.
Foto d’apertura: Sua maestà il Montèbore con il caratteristico e inconfondibile profilo
