6 Luglio 2019
PROGRESSO

Quando il drone è un’arma per l’informazione

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Quando il drone è un’arma per l’informazione

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Quando il drone è un’arma per l’informazione

Negli ultimi anni il connubio tra tecnologia e mass media è diventato sempre più stretto e sempre più imprescindibile. Ciò ovviamente non è solamente registrato nel campo dell’informazione ma anche in tutti gli altri settori della società. Una tecnologia che comporta, allo stesso tempo, soluzioni innovative e, soprattutto nei primi tempi, anche sperimentali fino al raggiungimento della definitiva consacrazione.

E’ il caso dei droni. Questi ultimi arrivati sono comunemente definiti come dispositivi di eterogenee dimensioni, con la capacità di librarsi in volo senza la necessità di un pilota a bordo. Colui che li comanda è identificato come ‘pilota remoto’. Oltre alle diverse dimensioni, anche le forme sono varie, rispettando quasi una regola scritta, che in realtà non esiste, secondo cui, durante la costruzione, assumono la fisionomia dei vari insetti esistenti in natura.

La consacrazione a cui si è fatto riferimento riguarda la totale conoscenza sia delle capacità che lo stesso offre ai suoi fruitori, quindi in senso positivo, sia agli aspetti negativi che l’utilizzo di questi aereo-mobili potrebbero provocare. Se da un lato il drone permette una ripresa aerea, si pensi per esempio, da parte delle forze dell’ordine nella lotta alla droga oppure, in caso di calamità, i droni sostituiscono l’uomo per ricerche di persone disperse. Ancora: quando è necessaria la ripresa di luoghi difficoltosi da raggiungere o per attività ludiche come ad esempio le riprese aeree durante gli spettacoli o le partite di calcio; vengono ulteriormente usati anche per ricostruzioni topografiche, per scattare foto, in ingegneria, in architettura, in urbanistica, sia per mappe e rilievi in 3D, archeologia e sorveglianza.

Dall’altro lato emerge un aspetto negativo che non può essere in alcun caso sottovalutato: ovvero quello della privacy o anche l’effettuazione di riprese non autorizzate. Il caso più eclatante o comunque quello che ha provocato diverse polemiche, anche in ambito legale, è quello della ripresa dall’alto del relitto della Costa Concordia. In quel frangente le riprese non erano mai state legittimate. Quest’ultimo esempio pone, appunto, l’accento sulla questione del limite sull’eventuale utilizzo da parte di colui o di coloro, sempre per legge, risultanti essere o non autorizzati nella ripresa di un qualsiasi evento o luogo.

Se l’acquisizione del patentino, rilasciato da parte dall’Enac, Ente Nazionale Aviazione Civile, è super regolamentato, dal punto di vista della privacy non sussiste, ancora in ambito giuridico, una legislazione ad hoc che possa ovviare o comunque tutelare persone colpite da riprese effettuate in modalità indebita. Il rischio, comunemente accertato, è quello non di riprendere una notizia ma di confezionarla ad arte. Difatti un drone di soli 100 grammi può essere comandato facilmente verso una qualsiasi finestra e registrare qualsiasi tipo di immagini.

Il drone, in definitiva, muta sicuramente il punto di vista ma non elimina gli obblighi inerenti all’utilizzo e può essere di grande aiuto al giornalista.

Nonostante ciò, oltre a questa rilevante problematica, ci sarebbe da analizzare anche le modalità di volo di questi dispositivi, intese come distanze da rispettare. Sempre l’Enac ha stabilito le linee guida su come far volare questi dispositivi, il drone ha l’obbligo di volare oltre i 150 metri d’altezza ed a più di 50 metri sia da persone che da oggetti, con un’estensione massima di 500 metri.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare i droni non hanno un’origine ed uno sviluppo risalente solo all’inizio di questo millennio, ma i primi prototipi, seppur rudimentali rispetto ai modelli odierni, risalgono ad un periodo oscuro della storia dell’umanità: la Grande Guerra del 1914-1918. Adelphi Manzoni ebbe questa idea e la realizzò nel 1918, verso la fine della Prima guerra mondiale. Si trattava di un aereo rudimentale di legno senza pilota e formato da un motore a scoppio con un’elica. I diversi prototipi costruiti, quattro, avevano diverse caratteristiche e decollavano su dei binari. Il primo modello era una ‘Torpedine Aerea’. Da quel momento in poi la loro evoluzione è sempre stata continua. Un’evoluzione che ha portato uno sviluppo, in tutto e per tutto solamente ed inizialmente in campo militare.

I cosiddetti piloti remoti, nel loro intento di guidare uno di questi dispositivi, devono almeno conoscere la tipologia di cui fanno parte. Sussistono tre grandi famiglie, le quali si diversificano in base alla struttura: quella ad eliche, la struttura planare e gli ibridi. Con i primi s’intende la presenza di eliche installate su bracci estraibili, attraverso cui i droni assomiglierebbero più ad un elicottero. I secondi assumono una forma più vicina agli aereoplani, mentre gli ultimi non solo possono volare in alto, ma anche muoversi sul terreno grazie alla presenza di duo o quattro ruote motrici. Da queste tre grandi famiglie, a sua volta, si possono identificare ben sei tipi di modelli: il Parrot Ar, il DIJ Phantom GPS, Lehmann LA100 GoProne, Hubsan X4 H107, Walkera QR Infra X Smart e lo Storm Drone Flying Platform.

In definitiva l’avvento dei droni deve essere sicuramente paragonato come quello, nei lontani anni ’70, dell’arrivo dei primi personal computer. Il loro continuo sviluppo comporterà sempre delle innovazioni che potranno essere sfruttate sia positivamente che negativamente. Ma da un punto di visto effettivo fino a che punto il drone risulterà utile? Se in alcuni ambiti abbiamo appurato la loro efficienza nell’aiutare l’uomo nella ripresa di luoghi impervi, come la città di giapponese o il controllo dell’immigrazione tra Stati Uniti e Messico, c’è anche da considerare, forse come una possibilità non troppo remota, che il sistema delle consegne potrebbe essere stravolto e reso ancor più celere. Ma nell’ambito dell’informazione? Quanto il drone risulterà essere utile? Forse quando verranno istituite norme che metteranno nero su bianco i limiti? Ecco forse cosa manca per una definitiva consacrazione. Lo sviluppo medesimo dovrà essere seguito di pari passo anche e soprattutto dalla legge. Seguendone le evoluzioni si possono poi gestire nel migliore dei modi, aiutando ancor di più tutte le professioni interessate. Compresa quella svolta da parte di coloro che hanno il delicato compito di informare.

Testo a cura di Vincenzo Pepe.

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Christian D'Antonio

Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it. Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia. Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
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