Il Matcha è una varietà di tè verde originaria della Cina imperiale, che in italiano è traducibile in tè “sfregolato”. Il rito del consumo del tè in Giappone, come si sa, è molto sentito. Stefania Viti, giornalista laureata in Lingua e letteratura giapponese, che ha vissuto a Tokyo per circa dieci anni, ha approfondito il gesto e lo ha reso il perno, come espediente letterario, per ambientarci un nuovo romanzo noir. “Matcha al veleno” (Sonzogno) è il racconto di un delitto durante la cerimonia del tè.
La vittima è Ludovica Cattaneo, mecenate della Milano bene, frequentatrice dei salotti esclusivi e per questo invitata al cerimoniale koicha temae, l’esclusiva cerimonia durante la quale gli invitati degustano una miscela pregiatissima da un’unica tazza.
L’ambientazione è nel cuore di Brera, il centro cittadino più distinto di Milano, dove il maestro Yamafuji Sowa inaugura la nuova sede della scuola del tè Tsubaki.
Qualcosa va storto: dopo aver bevuto, la donna si accascia sui tatami in seguito a un malore. A prima vista sembrerebbe trattarsi di un infarto, ma Nora Valli – intrepida giornalista di moda, amante del Giappone e rigorosa cultrice dello smalto rosso – intuisce subito che l’espressione della vittima tradisce una sofferenza di altra natura. Ma quale potrebbe essere, allora, la causa del decesso? E chi, tra i raffinati ospiti della cerimonia, potrebbe essersi macchiato di un simile delitto?
Costantemente in bilico tra passioni opposte – rincorsa da Agata, la sua direttrice, e spronata da Gigi, il suo mentore e caporedattore della cronaca –, Nora decide di seguire l’istinto per sbrogliare la matassa di un caso apparentemente irrisolvibile, cercando al tempo stesso di mettere ordine nel suo cuore in tumulto: ad avere la meglio sarà il fascino sfuggente del collega Arturo, oppure il misterioso charme del commissario Malacarne?