A Milano si passa dalla Darsena e si ammira l’arte in una vecchia struttura recuperata magistralmente all’imbocco dei Navigli. Si chiama Edicola Radetsky e lì inaugura l’8 marzo (fino al 10 aprile) l’installazione Signal (The Dragon’s Egg) di Luca Pozzi, che promette di essere una cleanroom, in gergo scientifico un ambiente controllato, quasi zen, dove compiere operazioni tecnologiche complesse; una gabbia-parallelepipedo di vetro al cui interno il tempo sembra rallentare esponenzialmente e nella quale le cose possono apparire diversamente. L’Edicola cattura una pallina da tennis distorta, che ha raggiunto la terra dallo spazio cosmico muovendosi ad altissima velocità, e la blocca appena prima dell’impatto, rendendola visibile nella sua distorsione, come se la si stesse guardando attraverso la lente gravitazionale di un wormhole, facendole assumere proporzioni monumentali.
L’opera è equipaggiata di un rivelatore realizzato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), che percepisce il passaggio delle particelle subatomiche attraverso di essa, e ne segnala la fugace presenza tramite l’accensione di un led.
Questa pallina da tennis ipertrofica assomiglia ad un ipotetico uovo di drago, un oggetto antichissimo proveniente da molto lontano (nello spazio e quindi nel tempo) o forse da un universo alternativo rimasto inespresso fra le possibilità quantistiche, nella quale un drago in volo intorno a una pulsar ha deposto un uovo, poi lanciato verso di noi insieme al fascio di radiazioni emesso dalla stella.
Come scrive Luca Pozzi: “Le Dragon’s Eggs comprimono sulle loro superfici specchianti tutta l’informazione dello spazio circostante, ma la loro natura interna sembra essere costantemente negata o rimandata da un’eccessiva riservatezza. Sono elementi arcaici, ma alludono alla massima smaterializzazione, all’entanglement quantistico, alla discrezione dei neutrini. Sono il risultato di una collaborazione con l’istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) che le ha equipaggiate di veri scintillatori muonici in grado di percepire il passaggio nella scultura di particelle subatomiche altrimenti invisibili. Per me sono delle “WIMP”, letteralmente “buone a nulla”, ma che in gergo scientifico rappresentano l’acronimo di Weakly Interacting Massive Particle. Mi piace immaginarle come uova di drago vecchie 13,820 miliardi di anni.”
Luca Pozzi (1983) è artista visivo e mediatore culturale. Ispirato dai mondi dell’arte, della fisica, della cosmologia multi-messaggera e dell’informatica, dopo la Laurea in Pittura e le specializzazioni in Computer Graphics e Sistemi, collabora con visionarie comunità scientifiche tra cui la Loop Quantum Gravity (PI), il Compact Muon Solenoid (CERN) e il Fermi Large Area Telescope (INFN, NASA).