A Milano, da Gaggenau Hub (Corso Magenta 2 – cortile interno – Milano) la mostra “TREMENDO – il bello è solo l’inizio” a cura di Sabino Maria Frassà e dedicata alle opere inedite di Ivan Barlafante è stata un altro tassello di una ricerca affannosa. Quella che molti artisti come Barlafante richiamano spesso nelle loro indagini: il tema della possibilità che l’arte avvicini l’uomo al bello assoluto e che diventi reale strumento di conoscenza della parte trascendente del mondo.
La mostra è la terza del ciclo On Reflection ideato Sabino Maria Frassà per il brand di design GAGGENAU in collaborazione con il progetto non-profit CRAMUM.
“Il Dio è anche il Sasso, basta saperlo vedere” -In un momento di buio culturale e morale come quello che viviamo, l’arte forse più affascinante e più profondamente provocatoria è forse quella che ha il coraggio di farci vedere il mondo in un modo diverso, che ci spinge a interrogarci su noi e sul mondo che ci circonda. Per tale ragione, uno degli artisti più interessanti oggi nel panorama italiano, è Ivan Barlafante, che da anni lavora sotto traccia in modo rigoroso e raffinato per indagare attraverso l’arte come poter trovare Dio e la dimensione trascendente dell’esistenza. La mostra è realizzata in collaborazione con la Galleria Michela Rizzo di Venezia.
Così lo descrive il curatore, Sabino Maria Frassà: “”TREMENDO – IL BELLO È SOLO L’INIZIO” è una mostra coraggiosa, non religiosa, ma contemplativa, un percorso di meditazione tra arte e filosofia. Lo si capisce fin dal titolo, che riprende e rende omaggio alle “Elegie duinesi”, composte dal noto poeta tedesco Rainer Maria Rilke. Il poeta descrive così l’uomo di fronte al “divino terrore”, e la paura umana di fronte alla consapevolezza della propria finitezza:”Chi mai, s’io grido, m’udrà dalle schiere celesti?E d’improvviso un angelo contro il suo cuore m’afferri,io svanirei di quel soffio più forte. Ché il belloè solo l’inizio del tremendo, che noi sopportiamoancora ammirati perché sicuro disdegnadi sgretolarci. Sono gli angeli tutti tremendi”.L’uomo può trovare pace alla propria ossessione esistenziale ricercando il “bello”, l’essenza e la parte trascendente nella realtà che vive e in cui è immerso, perché il “divino” non è in un’altra dimensione, ma è nella nostra dimensione, in tutto ciò che ci circonda, in fondo anche in noi stessi. Ivan Barlafante ripete spesso che “Il Dio è anche il Sasso, basta saperlo vedere”. Del resto, proprio il sasso e la pietra fin dalle origini della storia dell’umanità sono stati associati alla “deità” e alla “sacralità”. Secondo la mitologia greca dalle pietre Deucalione e Pirra avevano fatto nascere uomini e donne; sulle pietre venivano immolati i sacrifici o celebrate funzioni religiose. E ancora il giuramento commerciale era suggellato dal contatto del sangue dei contraenti e sette pietre. Infine, lo stesso altare cristiano, sintesi e successore degli altari pagani ed ebraici, è in pietra; ed è proprio la “pietra” a simboleggiare oggi Gesù Cristo.Ivan Barlafante decide così di spaccare nelle sue opere dei massi rotondi, portando e proiettando lo spettatore dentro la materia. Ma la sua arte non è tanto o soltanto il gesto del distruggere, quanto “arte” è ricomporre la materia. Questi massi spaccati sono, infatti, ricomposti dall’artista che ne ricopre le pareti spezzate con superfici di acciaio riflettente. Il riflesso e la sua distorsione sono la chiave per percepire quell’oltre la pietra. Questa affascinamentoe bellezza esteticapercepita dallo spettatore, non sono fonte di appagamento fine a se stesso, ma possono essere l’inizio di un percorso di consapevolezza e conoscenza. Come diceva il grande Maestro tedesco del XX secolo Joseph Beuys “la Verità non è nei sistemi ma nella realtà”.
Ivan Barlafante (Giulianova, 1967) vive e lavora a Roma. La sua ricerca artistica, partendo dall’arte concettuale, si è orientata verso esperienze che possiedono legami con la Land Art, fluxus e l’arte povera e che non escludono l’uso di media diversi tra cui luci e suoni.A Roma nel 1998 ha costituito il gruppo artistico ICE BADILE studio con E. Leofreddi, C. Longo, C. Di Carlo e A. Orsini. Nel 2001 ha vinto la VIII Biennale d’Arte Contemporanea del Cairo. Ha da poco concluso la sua mostra personale al Museo Civico di Bassano del Grappa “La bellezza dell’inutile”. Nel 2016 aderisce al progetto Cramum e partecipa alle mostre “LIMITI-CONFINI” al Grande Museo del Duomo di Milano nel 2017 e “Avevo 20 anni” a Villa Bagatti Valsecchi di Varedo nel 2018.Sue opere sono in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.