Su riservatezza dati e diritto all’oblio i minori sono davvero in pericolo, a volte anche per comportamenti disinvolti dei genitori.
Ogni progresso ha bisogno di essere governato per evitare che il suo sviluppo indiscriminato faccia prevalere gli aspetti negativi sulle prospettive positive. La Rete, uno strumento quasi miracoloso agli occhi di chi sia nato e cresciuto nel secolo scorso, che può aprire una finestra sul mondo alle comunità più isolate mettendo in collegamento sperduti villaggi con le realtà più progredite tecnologicamente, o fornire un bagaglio di conoscenza inarrivabile al più attento studioso di soli pochi decenni passati, può diventare strumento di prevaricazione e oppressione nelle mani di pochi malintenzionati.
Ed è proprio di norme necessarie per il corretto uso della rete che si occupa il Regolamento Europeo 2016/679, un testo che detterà legge per tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea, e che in Italia sostituirà in pieno il codice del 1995 e il successivo codice in materia di protezione dei dati personali del 2003.
Nell’ambito delle iniziative in corso per studiare l’applicabilità del regolamento l’Autorià Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza – AGIA ha tenuto una serie di audizioni alle quali ha partecipato anche il Movimento Italiano Genitori (Moige) che ha presentato un suo importante contributo. Infatti il MOIGE, che da 20 anni opera per la protezione e la sicurezza dei bambini soprattutto in relazione a tutti i media che possono trasmettere un’influenza significativa sul loro sviluppo psicologico emozionale e comportamentale, è ora particolarmente attivo nello studio della prevenzione del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo e alle misure per un corretto e responsabile uso della rete.
Ma non si può contrastare un fenomeno se non se ne conoscono le caratteristiche; per questo il Moige ha incaricato L’Università la Sapienza di Roma di una indagine sul cyberbullismo che ha evidenziato interessanti aspetti di un fenomeno così recente e poco conosciuto che non può essere studiato semplicemente come una tipologia del bullismo tradizionale e che pone evidenti difficoltà in coloro che hanno funzioni educative e formative: famiglia, scuola.
Come risulta dall’indagine della Sapienza ben 1 ragazzo su 3 rende sempre accessibile “a tutti” il materiale condiviso tramite social e più della metà è consapevole che il materiale condiviso può essere viralizzato da altri.
Ben 9 ragazzi su 10 usano il “telefonino” sia per i social sia per l’accesso al web, e per un uso essenzialmente ricreativo; solo 2 ragazzi su 10 invece usano tablet o pc per un uso di studio e/o lavoro. Il 20% dei ragazzi non riconoscono gravità e trasgressioni delle regole nelle molestie elettroniche.
Ma nella Rete i contorni dell’azione violenta assumono connotazioni particolari con una totale assenza di limiti spazio-temporali: se nella scuola o nel quartiere la persecuzione nei confronti del più debole rimane limitata in confini ristretti e per un tempo limitato, l’uso del digitale elimina tali confini e amplifica l’umiliazione all’infinito. Inoltre c’è la possibilità di agire protetti dall’anonimato o sotto pseudonimi noti soltanto ad un ristretto numero di iniziati ad una sorta di “clan” di fronte ai quali l’autore acquista prestigio e autorità. Inoltre, la distanza con la vittima rende l’atto più asettico e il persecutore inconsapevole di quanto l’altro soffra per le sue azioni. Spesso, infatti, i bulli si giustificano dicendo di aver soltanto voluto scherzare, che si trattava di un gioco, senza avere consapevolezza dell’effetto devastante che quel “gioco” può avere sul “bersaglio”. Conseguenze che troppo spesso arrivano al limite estremo, con il sacrificio di giovani vite schiacciate dalla vergogna e dall’umiliazione. In ogni caso, personalità non ancora formate rimangono segnate in modo indelebile, come dimostrano studi e ricerche svolti in tutto il mondo e pubblicati su autorevoli riviste scientifiche. Mentre troppo spesso si sente commentare, anche in ambito scolastico, che certi attacchi “rinforzano il carattere”.
Purtroppo la scuola ha abdicato, salvo rare eccezioni, al suo ruolo di educatrice umanistica, limitandosi a preparare lavoratori/consumatori e non cittadini. Per dirla con il sociologo tedesco Bauman, in una società che vive per il consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano. Mentre Umberto Eco sottolinea che dalla crisi dei punti di riferimento Stato-società-famiglia nasce un individualismo sfrenato “dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno”.
La situazione è quindi molto complessa e difficile da affrontare e coinvolge l’impegno di ogni aspetto della nostra società. L’adozione della Convenzione Europea sarà senz’altro un passo importante per la salvaguardia degli utenti più indifesi di fronte ai pericoli nascosti nelle pieghe della rete, che possono venire, appunto, dai cyberbulli ma anche da molestatori e da truffatori pronti a carpire la buona fede dei più inesperti. Solo norme rigide, che vincolino i gestori della rete all’accertamento dell’età anagrafica degli utenti e/o alla veridicità dell’autorizzazione di chi esercita la genitorialità, sottolinea il MOGE in linea con la nuova Direttiva europea, potranno creare un filtro per limitare i danni di un fenomeno che si fa sempre più preoccupante. Anche perchè, come emerge dall’indagile della Sapienza, sono diminuiti enormemente i riferimenti alle relazioni verticali (genitori, insegnanti, Forze di Polizia, ecc.); infatti 7 ragazzi su 10 ritengono che le vittime di cyberbullismo debbano parlare con gli amici, escludendo le relazioni con il mondo adulto. Questo rende la vittima maggiormente indifesa rispetto a possibili attacchi di molestatori online. A questo proposito il MOIGE chiede anche che si prenda spunto dal modello francese che impedisce a terzi, compresi i genitori, di postare materiale fotografico con un minore in situazioni private, pena sanzioni amministrative e/o penali anche gravi.
Testo di Andreina Solito
Foto d’apertura: la “Rete” simboleggiata dall’installazione luminosa di Lucio Fontana alla mostra all’HangaBicocca, 2017.