La regina della moda ha compiuto la sua missione iniziata 81 anni fa. R.I.P. , per Queen Viv sarà sempre Rest In Punk. Vera spina nel fianco dell’establishment politico, economico e della Corona Britannica, Vivienne Westwood è stata una vera anima “Anti” che ha saputo smuovere le coscienze, partecipando alla creazione dell’ultimo dei movimenti culturali della storia contemporanea : la Punk Culture.
Con grande determinazione ha messo a disposizione la sua creatività di designer per cambiare le regole del mondo della moda e non solo. Dicendo e facendo spesso l’opposto di quello che dicevano e facevano gli altri. E le regole le ha cambiate.
Nella comunicazione, nel prodotto, nel business model.
Pioniera di tante iniziative etiche in un’epoca in cui nessuna azienda si esponeva. Allora, negli anni 80, 90 e 2000, l’etica non era presente nel fashion business. Lei è stata la prima attivista del Fashion System.
Ha condotto progetti ambientalisti con Green Peace come Save The Artic, progetti animalisti al fianco di PETA (People for the Ethical Treatment of Animals), progetti umanitari con l’Onu e Ethical Fashion : Made in Kenya.
Un grande esempio di identità stilistica e solida imprenditoria che ha saputo generare valore intrinseco ed estrinseco. Ancora oggi quando desideri un prodotto VW e lo acquisti, assieme all’oggetto compri i suoi messaggi, le sue battaglie e la sua fatica nel portarle avanti.
Tutto il simbolismo dell’essere “Anti” establishment si è espresso con i messaggi, con i prodotti, attraverso i suoi loghi, i suoi font, i suoi sketch contro l’iconografia che rappresenta la monarchia britannica.
E così, il 29.12.2022, per una strana coincidenza, il viaggio della Queen “Anti”, termina subito dopo e nello stesso anno della Queen Elisabeth.
Quasi a dirci che privata della sua nemesi, non si conclude il viaggio ma si compie il fine.
Personalmente, nel 2015 succede che i nostri percorsi s’incrociano.
Accetto una nuova entusiasmante e complessa sfida come start up director per il progetto di trasformazione del marchio Vivienne Westwood.
Ironia della sorte, non ho un cognome qualunque e per la prima volta trovo un senso nel portarlo.
Regina, uomo, professionista, gay, in un brand inglese di una designer punk la cui nemesi è la Regina d’Inghilterra.
Vivienne, schietta, diretta, con opinioni cristalline.
Se la incontravi, al ”good morning Madame”, rispondeva con un: “I’m not Madame, I’m Vivienne”.
Vera icona, consapevole di esserlo, legittimata a prendersi sul serio e con la sagacità di un genio.
Per me si tratta proprio di genio creativo, emanava energia.
La sentivi incontrandola nel back stage degli show di Milano o Parigi in cui la tesione calava e ci si rilassava. La avvertivi in fase di merchandising e buying in cui la tensione era decisamente alta.
La percepivi durante i confronti nei meeting ufficiali, in cui talvolta usciva quella sana “rudeness”, di chi non le manda a dire.
Per definirla in un’unica parola che racchiuda tutto, direi: indipendente, cioè esente da subordinazione e in questo caso, come lo è la persona così lo è l’azienda.
Affiancata da pochi e fedelissimi consiglieri, sempre al comando del suo marchio, senza mai cedere alle lusinghe dei grandi gruppi e della grande distribuzione nell’avido miraggio di costruire “l’impero del sole”.
Piccoli, costanti, sani e saggi passi, uno dopo l’altro dal 1981 ad oggi.
Nell’anno 2021-2022 ,con 96 milioni di dollari, Vivienne Westwood è stata la designer che ha guadagnato di più. Con un vantaggio di oltre 60 milioni di dollari sulla sua concorrente più vicina e un patrimonio netto stimato in 275 milioni di dollari.
Deve la sua fortuna ad intelligenti investimenti azionari, di proprietà e vari accordi lucrativi di collaborazione.
Tutto ciò porta la firma di un brillante e lungimirante uomo di finanza con un gran fiuto per i talenti e gli affari: Carlo D’Amario, suo pigmalione e da sempre suo partner finanziario.
Il vero driver che, dietro le quinte, guida l’azienda dall’inizio, colui che riconosce immediatamente il talento di Vivienne e su esso vede un progetto che presenteranno al mondo intero nel marzo del 1981 a Londra con la prima collezione: Pirate.
Per me Carlo D’amario oltre a tutto questo rappresenta anche un maestro di umiltà.
Nelle nostre chiacchierate non scorda mai di ricordare che i primi soldi per iniziare con Vivienne Westwood li ebbe in prestito da Elio Fiorucci.
E allora come oggi il brand inglese è un brand Made in Italy fatto con passione e dedizione da italiani.
E da appassionato, passionale e un po’ romantico, cara Vivienne, vorrei salutarti con le parole che usasti nel back stage dopo lo show di Parigi nel marzo 2017.
Un fermo immagine e il vivido ricordo di una donna di 75 anni, fiera, spensierata e leggera, che sfila per se stessa (e tutti noi ) su tacco 12, il trucco fatto con i pastelli che usano i bimbi per colorare e le ciocche fucsia tra i capelli biondi.
E così sia :
“Act and hit the stage, be yourself, and you will last FOREVER”