Poniamoci un interrogativo sulla creatività oggi: piu marketing o più contenuti? Al centro del discorso c’è l’industria creativa. E se d’industria creativa si tratta è la creatività che deve tornare ad essere al centro del palcoscenico.
Per farlo servono molti contenuti e meno marketing. In poche parole servirebbe meno arroganza nel pensare di poter controllare le abitudini di tutti e più investimento di energie nel cercare di essere contemporanei a modo proprio con la propria identità.
Alcuni esempi virtuosi ci sono, come Gucci (foto d’apertura di questo servizio), Birkenstock, Stone Island, David Remnick.
Come rendere efficaci concetti astratti quali creatività, avanguardia, anticipazione di tendenze?
Partendo dal paradigma di tornare agli albori, riportando al centro la visione creativa e successivamente cercando di replicarne il modello coi suoi valori all’interno dei processi azindali, comunicazione compresa.
I bravi manager dovrebbero riuscire a costruire business solidi attorno a tutta questa creatività. La scelta fondamentale è tenere fede alle proprie promesse con fermezza e coerenza. Mantenendo una costante protezione delle scelte creative, a prescindere dai feedback iniziali, facendolo giorno dopo giorno, quotidianamente.
Un esempio fra tutti? A seguito della prima sfilata di Alessandro Michele il Financial Times scrisse che il nuovo modello di business Gucci non funzionava, avendo realizzato introiti a -9% sul trimestre.
Una percezione che secondo la vecchia logica avrebbe dovuto bloccare l’ad Marco Bizzarri nella forte spinta creativa che aveva deciso di imprimere. Stessa dinamica molto critica con Hedi Slimane in Saint Laurent, smentita in 6 mesi e stessa cosa che prevedo accadrà con Slimane in Celine.
L’aver protetto questa creatività ha garantito un’ottima pianificazione del futuro generando un vero circolo virtuoso. Soprattutto nel sistema moda, ciò significa, riuscire a prendere le decisioni importanti con un limitato numero di informazioni, sapendo osservare i numeri, pochi, quelli giusti.
Metodo che applicato ad altri settori industriali i cui processi produttivi/creativi sono estremamente più lenti, può ottenere effetti estremamente performanti.
E se il futuro saranno contenuti e creatività, quest’ultima non si puè valutare soltanto con i KPI( Key Performance Indicator, unità che misura le performance di mercato) ma serve qualcosa di più intangibile.
Ciò implica necessariamente che alcuni manager non debbano per forza comprende tutto e controllarlo al 100% ma credere nell’intangibile, fidandosi del creativo una volta costruito un rapporto di meritata fiducia.
Il grande dilemma di tutte le medio-grandi aziende gira attorno alla retorica del modello “Silicon Valley” delle StartUp veloci nel reagire perché piccole ed appena nate.
Ma se si riescono ad attivare 200, 2000, 20000 teste pensanti allora l’effetto è dirompente. Per farlo bisogna avere una struttura ben organizzata e soprattutto veloce nel prendere le decisioni. L’opposto rispetto a ciò che fanno le medie-grandi aziende nel proporre un modello più conservativo e prudente; con più direttori creativi, uno per le collezioni donna e uno per quelle uomo, una società di comunicazione esterna che magari lavora per più brand contemporaneamente ed un dipartimento marketing che pianifica e decide i prodotti che andranno in vendita.
Sistema che solo in parte, tutela dal rischio. Ma il tema è primo questo. Oggi chi non rischia è fegato.
Troppe grandi aziende sono attente a mantenere il proprio consolidato, usando una strategia Pop Up in cui sperimentare nuovi prodotti,testandoli su scala ridotta per paura che non funzionino.
Da qui l’effetto “Mirroring” di alcune delle ultime note assunzioni nel settore moda che, per estetica e concetti si avvicinano a Michele o a Slimane, unici direttori creativi ed artistici a capo della totalità dei processi creativi e delle loro decisioni. Warning: ma poi, se il vero cambiamento non viene agito all’interno di tutto il network aziendale, anche il più grande ed originale dei messaggi avrà un effetto estremamente diluito.
Serve quindi un approccio creativo applicato al modello di business. E se mai capitaste in un’azienda in cui qualcosa non funziona, siate proattivi. Alzate la mano e dite: voglio cambiarlo. E prima o poi vi troverete nel posto giusto al momento giusto. Perché l’importante per le aziende e per noi stessi non è cavalcare l’onda come sa fare bene chiunque. L’impoartante è essere stati sempre lì ad aspettarla e vederla arrivare come in un “Mercoledì da Leoni”.