Francesco Tricarico mi accoglie nel cortile di Fabbrica Eos a Milano, la galleria di Giancarlo Pedrazzini che negli ultimi anni gli ha dato visibilità anche come pittore. Lo spazio in mattoni bianchi è costellato da grandi tele del cantante di Io Sono Francesco, la filastrocca canora di grande emotività che ce lo fece conoscere nel 2000. E quel senso di semplicità e naif che si respira nella sua musica, la rivedo subito anche nei suoi dipinti.
Parti sempre dalla semplicità?
I dipinti non hanno ispirato la musica sono nati contemporaneamente, c’è solo lo stesso nome, alla mostra che è in corso e all’album che esce questa settimana. Deriva da una conversazione con il gallerista Giancarlo Pedrazzini. Credo ci sia una voglia di sintesi, una voglia di risposta alla vita, nei quadri come nella musica, anche se i quadri li faccio in maniera meno razionale più istintiva, nelle canzoni c’è la voglia di raccontare degli episodi e ricerca di semplicità. La canzone come i quadri mi aiutano a mettere in ordine le cose.
Comunichi in molte forme, l’anno scorso hai fatto teatro con uno spettacolo, Solo Per Pistola.
Punto sulla semplicità perché la comunicazione deve essere semplice, devo essere comprensivo, cerco di comunicare e vedere la reazione che può avere sul pubblico quello che faccio, mi piace scoprire se sono interessante.
Nei nuovi testi c’è sempre la tua conosciuta leggerezza, ma sotto la fantasia c’è un messaggio?
Adotto un tipo di leggerezza impegnata che cerca di raccontare cose complesse attraverso immagini fantastiche. Io ci posso vedere quello che voglio, senza avere la pretesa di istigare l’ascoltatore a spingersi in fondo, voglio offrire più piani di lettura, offrire cose senza turbare chi non vuole essere turbato
Ho sempre pensato alla tua ispirazione come fanciullesca. Mi confermi questa sensazione?
In verità noi diamo un tempo alle cose, la conseguenzialità che va dall’infanzia alla maturità, e poi alla sclerosi. C’è un mio ricordo di grande fantasia e immaginazione che coincide con la gioia di vivere che avevo da piccolo. Ho perso quella gioia e l’arte mi ha permesso di riagganciarmi alla vita che mi stava sfuggendo. Quindi, si può giocare anche da adulti.
Cosa ti auguri per il futuro? Ci pensi mai?
Mi auguro di arrivare a 90 anni come Chaplin e giocare, non perché voglia restare bambino ma perché è una cosa bella da vivere.
Come è andato l’incontro con Arisa che ha prodotto la canzone Una Cantante di Musica Leggera?
Con Arisa c’è affinità, rivedo una leggerezza profonda anche in lei, è una donna intelligente, si è creato un legame perché mi ha fatto vedere cose chiare attraverso la sua voce. Non è finita, questo incontro porterà cose nuove, potremmo scrivere cose assieme, so che andrà avanti, è una donna che cerca delle cose mi fa piacere sia nata intesa. Mi ha lasciato curiosità ed entusiasmo.
Il titolo Da Chi Non Te Lo Aspetti mi suggerisce un effetto sorpresa, è intenzionale da parte tua sorprendere il pubblico?
Da chi non te lo aspetti sono io perché mi chiedo per quale motivo il sogno a volte si realizza e a volte no. Mettere a fuoco una cosa che non è a fuoco è quello che cerco di fare con questo disco. A volte le cose ti capitano proprio quando smetti di aspettarle. Io mi devo sorprendere per primo , c’è sempre la speranza che quello che dici a te venga condiviso altrimenti resta lì, è bello quando riesci a dire qualcosa che riguarda tutti. Se sono sorpreso mi fermo a osservare o ad ascoltare.
Tu sembri molto schivo, lei è al centro del can-can mediatico di X Factor. Che effetto ti fa?
Non ho porvato a immedesimarmi in lei, ho pensato alla sua grande esposizione, certo e in verità nel pezzo che cantiamo insieme c’è ancheun riferimento a Mina Mazzini, perché lei ha mollato la vita pubblica da un pezzo mentre noi ci siamo ancora dentro. A me piace stare sul palco, specie quando sono in teatro, sto ad ammirare il pubblico, le luci, il rapporto che si crea. Arisa invece è capace di gestire pressioni, penso che lei cerchi questo gioco e sia brava a recitare, le riesce più semplice che non a me, riesce a schermarsi, ne sono sicuro, altrimenti non potrebbe fare quello che fa con così apparente naturalezza. Magari poi anche lei in futuro si stuferà e si rifuggerà in Australia.
Cosa ascolti musicalmente e cosa guardi nell’arte?
Nel disco ci sono più momenti sonori ed è un lavoro bello di Iacopo Pinna e Lorenzo Vizzini, sono riusciti a sintetizzare le mie influenze. Io ascolto Lou Reed e Bach, Mozart e Lucio Dalla. Dove c’è qualcuno che mi sorprende io ci sono e ascolto. Non è tanto la forma ma è forse la sorpresa, il fatto di metterci amore. A Milano ho la fortuna di vivere questo grande fermento culturale che sta tornando, quindi l’arte e la bellezza fa parte delle mie giornate. I miei luoghi del cuore li percorro a piedi, la basilica di Sant’Ambrogio. Trovo che la città stia ricominciando a essere effervescente, vivace, mi sembra di sentire nell’aria una voglia di ricominciare a essere l’avanguardia di idee. Vado in giro per mostre ma l’arte più bella è quella che vedo andando in giro nella quotidianità.
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Fotoservizio realizzato presso Fabbrica Eos (Milano) a cura di Christian D’Antonio per The Way Magazine.