Lo storico SPAZIO CORTE MIDALI, in una primavera fiorita di odori e colori, quest’anno in occasione del Fuorisalone accende e spegne una luce tutta sua, fatta dei colori non colori del bianco e del nero, di texture materiche vibranti, di foto dove da un buco nero emerge un oggetto ingabbiato dalla luce.
La maison Midali accoglie al primo piano, le istallazioni artistiche con pannelli di alluminio di “OTTAGONA-ALUMI-NUM”, di Orsola Fontana e Marco Schiavon, che si ergono in un territorio che magicamente é adatto ad inglobarle, quasi le attendesse da sempre.
Qui la materia riveste lo spazio, l’alluminio tintinna di metallo sonante, rimbomba nella voce di chi lo commenta, risuona dei passi di chi attraversa l’impiantito, cattura l’eco delle risate di chi cammina felice, riflette gli occhi di chi guarda soddisfatto.
L’arte dialoga incisivamente con l’alluminio, lo estrae dal consueto uso quotidiano, lo intreccia con il design e lo solleva al piano nobile dell’opera d’arte.
Al secondo piano, ecco la mostra fotografica di Betta Gancia “UNA LUCE DIVERSA”: le foto sono occhi luminosi che sgorgano da un piano nero, che è fatto di nulla, di un non spazio e di un non colore, dove il movimento acchiappa una luce e le impedisce di scomparire, la eternizza in un corpo, la ferma in un flash, le restituisce la dignità della permanenza.
Nell’incessante altalena tra il nero del non essere, e la luce dell’essere, si sgomina il buio del dolore, del rifiuto, del silenzio.
Ecco che la luce si fa parola, si fa colore, si fa vita.
E come nella vita, si oscilla eternamente sballottati tra il riso e il pianto.
Così, si accendono fasci, scie, punti, volute, che danzano ondeggiando e ammiccano allo spettatore regalando forme, proponendo oggetti, suggerendo immagini, leggendo storie.
E Martino Midali in questo intrecciarsi silente accende il contatto e si pone da trait d’union: cammina lieve nella sua ‘casa dei vestiti’, appendendo fagotti bianchi e neri, maglie di chiarore e d’ombra, capi segnati dal bianco e dal nero, che come vele salutano il visitatore e lo sospingono al piano superiore, dove si é attesi da una teoria di abiti che aspettano di essere vestiti per la cerimonia e sembrano salutare cortesi, sempre fedeli al credo che l’abito diventa LUCE se é pronto ad abitare chi lo fa sentire portatore di essenza.
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