Tatuaggi e impasti, panorami e descrizioni accurate. Uno storyteller entusiasta del cibo mancava. Con “La Cucina di Tommy” il sexy chef Thomas Colussa, 39 anni, di cui buona parte passati ai fornelli, ha inaugurato un nuovo corso per la comunicazione dell’enogastronomia. “Oggi sono in postazione da king sul tramonto e terrazzino alle Cinque Terre”, racconta in uno dei suoi video su Instagram dove mescola rock, body art e ricette, le sue tre grandi passioni.
È anche utile al mondo dei cuochi e degli appassionati, sia ben chiaro. “La Scottona non è una razza ma la femmina del bovino” dice sottolineando in un altro post il rock sanguigno di Elvis.
Thomas, come ti presenteresti al pubblico di The Way Magazine che ancora non ti conosce?
Sono uno chef friulano doc dall’esperienza internazionale. Appassionato, eclettico e determinato nel creare piatti memorabili per gusto, presentazione e tecniche di cottura. Ho iniziato ad appassionarmi a 5 anni, nei ristoranti di mamma.
Poi cosa hai fatto?
Sono diventato un globetrotter della ristorazione che ha voluto girare il mondo, da Udine nel ristorante l’Orsone di Joe Bastianich, a Ragusa, da Phuket a Ibiza, da Atene a Leicester nel pluripremiato ristorante Sapori di Andrea Scarpati, da Milano al Monferrato fino a blasonati hotel di Madonna di Campiglio.
Le tue passioni in cucina, oggi?
La pasticceria e la panificazione. Ma anche l’esperienza attuale di personal chef in Liguria a tempo pieno mi sta piacendo molto. Faccio la spesa in accordo con questa piccola ma esigente comunità, uso ingredienti di prim’ordine, mi diverte la creazione “controllata” in accordo con le esigenze altrui.
Che caratteristiche ha la tua cucina dopo tanta gavetta?
La mia aspirazione è l’equilibrio. Sia nella scelta che nell’utilizzo di ingredienti. Credo mi provenga dal mio passato di atleta, facevo parte di una squadra di sciatori nel Friuli, sono cresciuto con l’attenzione all’alimentazione con nutrizionisti e diete, allenamenti, alcune regole imprescindibili.
La tua regione, il Friuli, non ha una cucina molto mediatica. Come mai?
Perché la comunicazione scarseggia e non siamo ancora stati bravi a farci conoscere nel mondo. Si tratta di una cucina povera rustica contadina, molto interessante. Penso al Frico, con patate cipolle e formaggio, una pasta che viene usata in vari modi è il Cjarson, come primo anche servito con carne, come dolce si mangia con le prugne. Abbiamo poi il musetto, insaccato tipico simile al cotechino che si cucina con le rape sotto il mosto dell’uva. E poi l’eterna diatriba tra Veneto e Friuli tra la paternità del dolce più conosciuto all’estero, il Tiramisù.
Quali sono le esperienze della tua carriera che ancora ti insegnano qualcosa oggi?
La prima volta in un ristorante in Friuli, a 20 km a nord di Udine. L’esperienza più formativa dal punto di vista gestionale è stata lavorare per Joe Bastianich con uno chef madrileno capo della cucina. Non è stata determinante la tecnica ma l’impostazione. Ci sono stato a quattro mesi dall’apertura, sono andato in Thailandia, e poi ci sono tornato. La vera formazione l’ho poi avuta con lo chef di Torre del Greco Andrea Scarpati, come secondo chef al Sapori di Leicester, nelle Midlands britanniche che è stato Miglior ristorante italiano d’Inghilterra, sia nel 2015 che nel 2016.
Un cuoco italiano all’estero è un classico. Ma come deve essere?
Devi essere caratterialmente molto forte, in Inghilterra per esempio c’era una platea multietnica con indiani che richiedevano gusti forti. Devi farli contenti ma anche rimanere fermo sulle basi. La Lasagna non si stravolge, per intenderci. E Andrea Scarpati è stato molto bravo e un esempio per me, non per altro è entrato nella Guida Michelin perché usava prodotti italiani senza cadere nel tranello del miscuglio. Si è fatto capire dai locals che è la cosa più importante.
Sappiamo che sei alla vigilia di un grande lancio mediatico, ma il 2020 non aiuta certo con le restrizioni…
Devo riconoscere che a me personalmente il lockdown ha dato solidità, con i social sto lavorando per dare un’impronta differente alla cucina e alla mia immagine. Credo che il filone inaugurato del sexy chef piaccia. La ristorazione è stantia, specie in Italia, il Covid ha dato una severa botta, ma chi ha lavorato bene ne sta venendo fuori. In cucina ad alti livelli spesso le regole sono seriose e rigide, io sto dando un’impronta molto fresca, differente. Ho pensato: tutti se ne stanno a casa a cucinare e impastare, e io parlo, racconto. Mi sono esposto in prima persona e funziona.
Oltre ai social come vorrai raggiungere più pubblico?
Ovviamente la freschezza in video sarà accompagnata da un ritorno alla cucina pubblica. Ero arrivato a diventare executive chef in due hotel a Madonna di Campiglio e voglio ripartire da lì. Coniugherò cucina e conoscenza di vini, chiacchiere divulgative e comunicazione leggera su me stesso. La cucina è il mio habitat, ma gli ambienti impostati non sono per me. Quest’anno sono saltate le regole per tutti e non è sempre un male. Anzi, sono sicuro che questo nuovo mondo sarà per tutti più stimolante.