Alla Deep Scrolling Experience alla Triennale di Milano si sono incontrati esponenti di psicologia, filosofia ed arte in una round table di confronto sulle dipendenze tecnologiche.
“Siamo qui per far capire che la cultura è ecologica, la cultura è la nostra grande terapia, l’arte è la nostra grande terapia”. Così lo scorso immersi nella forza espressiva di opere come “Addolorata concezione” e “Babydrone” dell’artista contemporaneo Federico Clapis, Riccardo Marco Scognamiglio, fondatore e direttore scientifico dell’Istituto di Psicosomatica Integrata, direttore della Scuola di Psicoterapia Analitica di Gruppo Nuova Clinica e Nuovi Setting responsabile della sede milanese dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo ha aperto la Deep Scrolling Experience, il Concept Day di confronto tra arte e scienza, ospitato da Triennale Milano.
“Abbiamo voluto oggi questo incontro quasi utopico, per ritrovare nell’arte un senso della psicoterapia, rinnovando il senso infinito del nostro essere e della nostra complessità. L’arte è capace di dire qualche cosa della verità dei corpi. La Psicologia Psicosomatica nasce in una logica in cui la mente è incarnata nel corpo ed il corpo è implicato nella relazione. Lo psicologo è amante della complessità. L’artista è amante di una sorta di semplificazione intellettuale paradossale, perché le sue opere continuano ad invitare alla complessità”. Durante laboratori esperienziali e dibattiti, si sono esplorate le nuove dimensioni virtuali dell’esperienza, dove costruire la narrazione della propria vita può essere complesso e le strutture più fragili rischiano spesso di non riuscire ad integrare in essa la narrativa parallela dei video-game, delle serie tv e delle dinamiche online. Esiste un’età per dare lo smartphone ai propri figli? Quale è l’approccio che un genitore deve avere oggi rispetto all’utilizzo dei device?
“Non esiste un’età corretta per tutti, è necessario comprendere quanto ciascun individuo sia pronto, indipendentemente dall’età. Non posso comprendere qualcuno se non conosco nulla del suo mondo”. Così Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo (Di.Te) e vicedirettore della Scuola di Psicoterapia Analitica di Gruppo Nuova Clinica e Nuovi Setting, porta uno spaccato di come la distanza tecnologica tra genitore e figli sia diventata in tanti casi una vera e propria distanza relazionale. La tecnologia non va demonizzata, ma compresa per poterle dare un senso nella vita offline.
Gli intervenuti hanno potuto ascoltare la testimonianza, camuffata da Super Mario al fine di tutelare la privacy del soggetto, di un paziente che ha sofferto di dipendenza da videogame e ha condiviso tramite videoregistrazione molteplici spunti, attraverso la moderazione di Andrea Zoccarato, Presidente dell’Associazione Italiana di Psicologia Psicosomatica e Alessia Leoni, Vicepresidente dell’Associazione Adagio.
“Il punto è che noi spesso utilizziamo i videogiochi come intrattenimento, ma possono essere molto altro, sono anche una forma d’arte” ha argomentato Andrea Colamedici, filosofo ed ideatore con Maura Gancitano di Tlon, Scuola di Filosofia, Casa Editrice e Libreria Teatro. In quest’ottica la tecnologia può rappresentare la chiave per entrare in contatto con i propri figli, per ricreare una relazione con loro. “Se in una famiglia c’è dialogo, la tecnologia può rientrare nella narrazione, diversamente diventa essa stessa la narrazione” conclude Maura Gancitano.
L’Associazione italiana di Psicologia Psicosomatica patrocinerà nei prossimi mesi quattro incontri che si terranno presso Spaces – Isola di via Pola 11 alle 20:45, aperti ai soci e volti a discutere specifiche manifestazioni della vita online e della relazione con la tecnologia.
Saranno coinvolti i professionisti dell’Istituto di psicosomatica Integrata, adeguatamente formati sulle dipendenze tecnologiche.