Nel 2019 ricorre l’anniversario dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e a Milano e in Lombardia un intero anno dedicato al Maestro passa anche da NoLo. Nel quartiere emergente della metropoli meneghina, un artista non convenzionale, ma che con la bellezza classica ha molto in comune, ha colpito molti dei visitatori della “Biennolo Off” lo scorso maggio. Si chiama Mataro da Vergato, al secolo Stefano Armati, dipinge digitalmente dagli anni 90, è un artista di lungo corso che non smette di indagare e lavorare ai suoi progetti di una minuziosa dirompente bellezza.
Predilige le grandi misure e ha presentato con molto clamore e acclamazione la sua opera “Il Cenacolo Nudo”, una personale reinterpretazione dell’Ultima Cena di Leonardo. Che è tanto singolare e valida che la commissione di Leonardo 500, il programma di iniziative legate a Leonardo Da Vinci per il 2019, l’ha inserita nel calendario ufficiale. Insomma, Leonardo 500 ha una tappa anche a NoLo grazie all’ingegno (vedrete perché nell’intervista) e alla bravura di questo artista.
Mataro anzitutto dove ci troviamo?
Questo l’ho chiamato Il Tempietto perché è una cappella o chiesetta superstite di un convento di suore adiacente in via Termopili e probabilmente andato distrutto nel tempo. I frammenti di colonne, capitelli e decorazioni varie sono state collocate all’esterno a testimonianza del suo utilizzo originario. Oggi visto l’uso artistico che ne faccio lo chiamoil Tempietto in omaggio alla paganità dell’arte.
Perché hai deciso di lavorare a un “Cenacolo Nudo”?
L’idea che è alla base è quella che la verità è nuda, per me non è una provocazione. Il Cenacolo Nudo è un’opera con un decorso creativo e di ricerca sul tema e sui personaggi di oltre 15 anni e rientra in un progetto più ampio di grandi affreschi digitali. Nell’opera, concepita teatralmente, sovrappongo idealmente l’impianto del Cenacolo vinciano con quello pagano del cenacolo degli artisti. Così il mio Gesù/Artista diventa simbolo dell’arte come fede, missione e sacrificio di se stessi attraverso una coerenza creativa ed inventiva che dall’umana natura si sublima nella sacralità dell’Arte.
Come hai costruito l’enorme dipinto digitale?
Sono partito nel costruire l’opera visivamente dal punto esatto dove l’ha fissato Leonardo e cioè nel momento in cui il Cristo pronuncia le parole “uno di voi mi tradirà”. A questo fa seguito la reazione emotiva degli vari apostoli a seconda dei loro differenti caratteri. Quindi ho sostituito ognuno degli apostoli con i ritratti a figura intera presi dalla mia cerchia di amici e secondo una corrispondenza di personalità con gli apostoli di Cristo. Ad esempio l’apostolo Matteo detto il contabile ha preso le sembianze di un amico bancario e così via. Nella disposizione degli personaggi non ho seguito pedissequamente quella leonardesca ma ho creato una mia reazione emotiva”ad onda”che parte dal Cristo centrale ed arriva sulla sinistra a Giuda e a Matteo sulla destra. Le parole di Gesù ci portano drammaturgicamente ad un momento di verità ed essendo la verità nuda per antonomasia, i miei apostoli si muovono di conseguenza e reagiscono a quelle parole con estrema naturalezza come se fossero vestiti pur essendo invece completamente nudi.
Ne hai però rappresentato uno coperto…
L’unico che fa un gesto per coprirsi è Giuda, il quale non copre le proprie nudità ma la sua colpa che si palesa nel rossore che avvampa sul suo viso. Giuda é anche l’unico personaggio dell’opera creato tecnicamente in maniera analogica da studi miei precedenti con fotocamera Hasselblad 6×6 e poi colorato e trasformato al computer mentre tutti gli altri sono tutti creati successivamente con fotocamera digitale. Questo per rafforzare ulteriormente la differenza tra lui e gli altri personaggi. I miei apostoli sono tutti completamente privi di ornamenti mentre Giuda, oltre ad essere il più ricercato nell’acconciatura dei capelli e della barba, porta un vistoso orecchino d’oro, simbolo del suo essere sensibile al lusso e alla ricchezza: questo è un motivo per tradire l’idealismo e vendersi al potere, cosa non infrequente anche nel campo artistico.
Tu sei la figura centrale, vero?
La figura del Cristo/Artista é stata pensata diafana e glabra rispetto agli altri che esibiscono lunghe chiome, folte barbe e molti corpi pelosi. Egli rappresenta la diversità ideale nonché l’immagine futuribile dell’uomo neutro che, come prevede la scienza, perderà nel tempo ogni peluria animale con evidente evoluzione d’immagine.
Una cena aperta al chiaro di luna. Che riferimenti storici hai preso come partenza?
Per l’ambiente ho scoperto studiando i testi che queste cene avvenivano ai piani superiori e su delle terrazze, da qui l’idea di costruire un ambiente aperto delimitato da un colonnato arcaico che apre sul notturno paesaggio fluviale retrostante e dove sovrasta da protagonista una luminosa luna piena che tutto vede. La luna/madre primigenia che ci ricorda che se Cristo é figlio di Dio, nell’arte il talento e la genialità non sono figli di nessuno ma li dispensa a caso Madre Natura.
Perché ci hai messo anni per finire l’opera?
Perché ho voluto studiare i cenacoli che erano stati fatti, poi i soggetti singoli, che sono quelli del Vangelo. Tramite il convento di suore di Asolo, ho analizzato le fonti storiche sui vari apostoli e quindi anche i caratteri, i legami famigliari, le personalità e il loro ambiente. L’idea di ampliare la visione del cenacolo, è stata quella più interessante per me, perché non è più una sola scena, ha il livello basso umano e sopra la natura. La notte è una rappresentazione, è un iper realismo.
Le dimensioni sono un altro aspetto che colpisce lo spettatore. Che proporzioni hai usato?
La fotografia digitale permette il dettaglio e la rifinitura minuziosa, volevo una dimensione reale e volevo che i corpi fossero a grandezza naturale, perché la fotografia permette. In realtà le misure ottimali sarebbero stati oltre sette metri per quasi 5 metri di altezza. La complicazione di realizzarla è stata intanto trovare soggetti, tutti amici che corrispondessero ai caratteri degli apostoli. Non sono disposti sempre in maniera classica. Partendo da Leonardo, li ho assemblati secondo un mio percorso, perché ovviamente li ho fotografati singolarmente.
Come si vedono oggi i protagonisti dei tuoi scatti?
Beh, sono orgogliosi perché sono dentro un’opera che va al di là di loro, siamo tutti dei personaggi, sembra una scena di una rappresentazione, in effetti. Mentre la realizzavo pensavo: se fai Amleto quando cala il sipario, torni a essere quello che sei. Ognuno ha posato volontariamente, per un’ora e più, e poi si è trovato in una dimensione completamente nuova. Tutti hanno capelli lunghi nell’opera, le barbe sono tutte aggiunte, sono quasi tutti ritoccati.
Il contatto con il Comune di Milano come è avvenuto?
Quando c’è stato Biennolo Off è venuta Silvia Tarassi che lavora per l’Assessore alla Cultura, credo l’interesse sia partito dal sindaco che non ha cestinato il mio invito. Lei ha visto il lavoro e ha dato mandato di inserirlo in Leonardo 500 e sono rientrato a far parte del palinsesto con molto orgoglio, devo dire. Anche perché è un lavoro che è nato da anni ed è una coincidenza bellissima che sia venuto pronto proprio nel 2019.
Un tuo desiderio, ora che è finito?
Visto che sta avendo grande successo, vorrei poterlo realizzare nella forma dei sette metri in futuro in uno spazio adeguato. La cosa che mi è fatto piacere è che il gradimento è trasversale, vengono bambini, persone semplici, uomini di cultura, istituzioni e gente comune.
Sei anche in un quartiere che fa spesso parlare ultimamente, anche per l’arte.
È un quartiere che ha vari livelli, è un quartiere popolare e non aristocratico, architettonicamente ha cose stupende e cose meno memorabili. La cosa incredibile è che ci vivono tutti, e tanti partecipano a iniziative diverse. La cosa che mi piace è che è molto vivo e alle otto non chiude nulla, c’è sempre qualcosa che succede a piazza Morbegno. C’è il cinema Beltrade che a me piace molto, c’è chi si ingegna per iniziative culturali. Aver inserito quest’opera a NoLo nel palinsesto di Leonardo 500 è una cosa molto intelligente e coraggiosa da parte del Comune. Le opere più conosciute sono all’Ippodromo e al Castello Sforzesco, qui ci hanno dato fiducia. Solo con la fiducia si può costruire e far rinascere un quartiere e l’arte e la cultura sono un grande viatico. Credo che nell’ingoranza prosperi la miseria.
Mataro Da Vergato – Il Cenacolo Nudo per Leonardo 500
Per visitare l’opera presso Il Tempietto-Studio Mataro -Via Termopili 25 scrivere a matarodavergato@gmail.com