“Con i miei vecchi amici un film sul tempo che passa”. Sono queste le parole che il regista Martin Scorsese ha usato per autodefinire, in conferenza stampa, il suo ultimo lavoro. Un interessante e coraggioso affresco storico. Queste espressioni, invece, rappresentano il miglior modo per definire, da parte nostra, ‘The Irishman’, la sua nuova perla cinematografica. Interessante perché ricostruisce con una sceneggiatura ben dettagliata uno dei periodi più oscuri della storia americana, ed anche più misteriosi; coraggioso proprio perché in questo film si tenta di scavare a fondo, cercando di far comprendere il più possibile alcuni aspetti, alcuni intrecci non ancora del tutto chiari della storia statunitense. ‘The Irishman’ è la vera storia del killer Frank Sheeran, interpretato da un sontuoso Robert De Niro, ringiovanito digitalmente per l’occasione. Con lui appare ringiovanito anche Joe Pesci, nel ruolo del Boss scopritore e mentore di Sheeran.
“Non volevo attori giovani per interpretare i ruoli di De Niro e Joe Pesci, volevo lavorare con i miei amici. Per cui quando mi è stato detto che esisteva una tecnica digitale sperimentale di ringiovanimento ho voluto provare. Ho chiesto come avrebbero fatto, mi preoccupava l’idea di mettere un casco o uno schermo verde dietro ai miei protagonisti perché non pensavo che Bob e Joe avrebbero potuto recitare così, ma invece non ce n’è stato bisogno. Abbiamo girato con una normale macchina da presa e tutto è stato aggiunto in post-produzione” ha continuato il regista italo-americano.
La particolarità del lungometraggio è che sembra fare finalmente chiarezza sulla misteriosa fine del capo del sindacato dei camionisti, il Teamsters, James Riddle Hoffa, il cui volto è quello di un Al Pacino in stato di grazia. Il tutto si riferisce ad avvenimenti tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Nel cast non mancano anche Harvey Keitel e Bobby Cannavale. La sceneggiatura, scritta da Steven Zaillan, è tratta dal libro intitolato: ‘L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa’ di Charles Brandt.
Per alcuni ci potrebbe essere un richiamo, seppur velato, al capolavoro di Sergio Leone ‘C’era una volta in America’, altri invece, ed anche un po’ frettolosamente, lo avrebbero accostato ad ‘Il Padrino’ di Francis Ford Coppola, per analogia. Difatti entrambi i film sono tratti da romanzi di altissimo spessore. Nel caso de ‘Il Padrino’ il libro è stato scritto da Mario Puzo.
Eppure ‘The Irishman’ si discosta totalmente dai lungometraggi appena citati per il semplice fatto di essere, nella sua essenza, una storia vera, tratta da fatti veri, con personaggi realmente esistiti. Mentre gli altri due sono vicende inventate e mitizzate dai rispettivi autori.
Martin Scorsese non ha epicizzato nulla, non ha enfatizzato o quanto meno romanzato nessun fatto, almeno per quello che sembra, per il semplice motivo di voler ripercorrere un periodo ben preciso. Il suo intento, almeno per ciò che è sembrato, è quella di narrare una serie di eventi per il quale, il passare del tempo, determinerebbe la dimenticanza. Non per cattiveria, ma perché le generazioni future sono prese, maggiormente, dagli eventi che scorrono nella loro vita.
Nonostante la drammaticità, nonostante la durezza asettica voluta dal regista, non sono mancate, e non potevano mancare, dei momenti particolarmente divertenti come quello in cui sia Robert De Niro e Joe Pesci recitano in perfetto italiano.
In conferenza stampa, Martin Scorsese, ha spiegato come in realtà si è avvicinato al progetto: “Io e Bob volevamo dare un film insieme, l’ultimo era stato ‘Casinò’ del 1995. Negli anni abbiamo cercato un personaggio che ce lo consentisse. Avevamo diversi progetti ma alla fine è stato De Niro che una volta acquistato e letto il libro mi ha chiesto di dargli un’occhiata. Nel raccontarmi la storia di Frank, Bob si è emozionato e ho capito che aveva molto da dire su di lui. Entrambi avevamo molto a cuore alcuni temi che potevano essere sviluppati bene in questa storia: il tempo che passa, l’invecchiare, l’amore, il tradimento e la morte. Certo c’è un senso di melanconia che pervade il film”.
Sull’apertura a Netflix dice: “A Hollywood non avremmo trovato mai abbastanza soldi. Netflix ci ha detto ‘vi diamo i soldi e tutto il tempo che vi serve e tutta la libertà creativa necessaria’. Io ero in ritardo su tutto e loro mi hanno detto puoi prenderti altri sei mesi. A chi mi chiede cosa penso della questione dello streaming rispondo: per vedere un film sul grande schermo devi avere il film. Io ho avuto la fortuna nella mia carriera di poter fare film grazie a star come De Niro, Di Caprio, ma per questo progetto solo Netflix ci ha dato il budget, se l’accorso prevedeva che il film si sarebbe visto in streaming mentre era ancora in sala allora mi sembrava un buon accordo. Il film sarà in sala per quattro settimane prima di andare online il 27 novembre. Alcuni miei film come ‘Re per una notte’ in sala ci sono stati solamente due settimane”.
Sulla polemica sui film Marvel invece afferma: “I film dai fumetti vanno benissimo ma non credo che i nostri giovani debbano pensare che questo sia cinema”.
Testo a cura di Vincenzo Pepe – Inviato The Way Magazine a Roma