Che la scrittora ami la musica è noto, che mi stiano a cuore i giovani, pure, ma ho sentito il bisogno di raccogliere la storia del cantautore Manuel Pia perché mi ha colpito la capacità di non mollare e risollevarsi a tutti i costi, specie quando la chitarra, che per lui equivale a un indivisibile terzo braccio, era diventata inesorabilmente muta.
Allora questa storia, mi è parsa un esempio di forza, di chi crede che anche dallo sgambetto peggiore della vita, ci si può e ci si deve risollevare, ripiantando i piedi per terra. Nel caso di Manuel, imbracciando la chitarra come un fucile buono per sparare al mondo bombe energetiche di note.

Chi è Manuel Pia?
Un giovane uomo di 38 anni, nato in Sardegna, terra fiera e orgogliosamente bella, e che ama la musica da sempre, e che di musica vive.
Quali sono stati i tuoi maestri?
Potrei citarti gli stranieri, invece sono cresciuto già dai tempi del biberon con Guccini, De Andrè, Pino Daniele, quest’ultimo specialmente per la mia formazione da chitarrista. Oggi, nell’era dei talent, non emergono più figure di tale calibro, visto che lo spazio autoriale è praticamente inesistente.
Tu sei un musicista vero, di quelli formati al conservatorio…
Non è stata una vita facile: abitavo fuori Cagliari e dall’età di 14 anni ho viaggiato mettendomi in strada all’alba e rincasando alle dieci di sera! Frequentavo il liceo artistico e il Conservatorio e di sacrifici ne ho inanellati a catena! Pensa che all’inizio dovetti ripiegare sullo studio del corno, perché i posti per la chitarra erano stati esauriti dalla corsia preferenziale di chi aveva avuto la possibilità di lezioni private che io non potevo garantirmi. Quando mi hanno concesso il passaggio agognato alla amatissima chitarra, ho iniziato a volare. Dopo approdo a Verona, pagandomi gli studi con la musica, all’Accademia di musica moderna di Fiesole, dove mi sono laureato in chitarra moderna, poi alla ‘M.M.I.’ Modern Music Institute, ho conseguito un master con Frank Gambale direttore della sede, oggi realtà accreditata a livello europeo.
Tra gli addetti ai lavori sei un nome illustre, con chi hai lavorato?
Ho suonato con Omar Petrini, con, e su tutti, Steven Vai, un colosso mondiale come chitarrista. A seguito di uno stage con lui, ed eravamo in tanti, mi prese dal mucchio dichiarando che possedevo vero talento e mi portò sul palco per diverse serate. Queste sono soddisfazioni che ripagano da tanto sale che la vita ti mette in bocca.

Come si cammina nel difficile mondo della musica?
Una corsa ad ostacoli, dove sono di più le porte in faccia che quelle aperte! Nello spettacolo non basta che si apri solo la porta rossa dell’arte, ma anche quella opaca del favoritismo, fatto salvo rare eccezioni, è amaro da dire, ma accade questo. Ad ‘Area Sanremo’, ho avuto la possibilità di fare da supporter in qualità di strumentista a nomi importanti, come Beppe Carletti dei Nomadi e Marco Masini. Omar Pedrini alle mie audizioni si alzò in piedi applaudendomi e dicendo ‘questo ragazzo deve salire sul palco dell’Ariston!’ Per un attimo toccai il cielo con un dito, per poi ricadere sconfortato quando compresi che non era bastato solo il suo voto favorevole. Mi arrivò una lettera formale in cui si diceva che ero stato ineccepibile, ma il mio look non era adatto per Sanremo! Pedrini mi ripagò della delusione facendomi suonare con lui nella sua tournée sarda.
Cominci a trovare i tuoi spazi e poi la vita ti dà uno sgambetto atroce…
Dopo aver pubblicato il mio primo singolo ‘Luce notturna’, paradossalmente è arrivato il buio di un brutto incidente stradale che mi tiene fermo per diversi anni. Sfortuna nella sfortuna, il mio braccio è bloccato da un tutore e non posso proprio usare le dita! La mano sinistra, mio strumento di lavoro, era inibita! Per non perdere la duttilità del suonare, inserivo tra le fasce elastiche la chitarra per restare in esercizio, anche se questo mi procurava un dolore enorme! Ma non potevo vedere svanire tutto quello che mi era costato anni ed anni di sacrifici. Eppure, mai ho pensato, neanche nei giorni più cupi, di chiudere con la musica ed arrendermi.
E poi nasce una seconda vita artistica: mi racconti la tua collaborazione con l’attrice Dalila Di Lazzaro?
L’ho incontrata ad una festa e le ho chiesto di scrivere una canzone insieme. Avevo letto i suoi libri ed ero rimasto colpito dalla sua intensa personalità. Ho scritto ‘Dalila’ a lei ispirata, e poi da una nostra collaborazione sono scaturite una serie di canzoni ancora inedite, che spero diventino un cd. Di Dalila mi ha colpito lo spessore di un’anima che è difficile leggere quando si è dotati di una straordinaria bellezza. Abbiamo composto tra le altre, una canzone ‘Aspettami’ che ha già ascoltato un noto musicista facendoci plausi incredibili, e ‘Bayla’, che potrebbe diventare un tormentone estivo, tanto immediato è il suo ascolto. In rete c’è del materiale strumentale, ed alcune mie canzoni, ma io non sono molto propenso, come fanno invece molti giovani youtuber, a lasciare mie incisioni, dopo l’amara esperienza di plagio da parte di un noto cantautore.

Il grande Maurizio Costanzo ha apprezzato un tuo pezzo intitolato Libertà.
Questa canzone ha una storia di amore e sofferenza: un mio amico era finito in carcere, ed io la scrissi pensando a lui ed immedesimandomi nello sconfinato desiderio di libertà, di chi vive rinchiuso tra quattro mura. Dopo infinite pratiche burocratiche, riuscii a tenere un concerto, fatto mai accaduto, nel carcere ‘Buoncammino’ di Cagliari dove era detenuto. Costanzo venne a sapere di questa storia e mandò in onda in radio nella sua trasmissione su radio rai1 ‘L’uomo della notte’ la mia canzone ‘Libertà’, mi volle parlare al telefono complimentandosi con parole assai lusinghiere.
Cosa ti auguri per il futuro?
Nella mia regione, ho ricavato un mio spazio e trovato le mie soddisfazioni. Ho realizzato diversi singoli come quello per l’alluvione Cleopatra che ha devastato la Sardegna qualche anno fa ‘Cielu’ in lingua sarda, il cui ricavato è andato in beneficenza, poi ‘L’uomo di carbone’ in cui denuncio la triste condizione dei minatori del Sulcis, che mi fece ricevere una telefonata entusiasta da Gianni Morandi. Affermò che le mie canzoni avevano bisogno di un grande pubblico, tanto erano belle, e mi augurava di trovare un team disposto a spendersi per me. Allora per rispondere alla tua domanda, spero di trovare una figura referenziale, un produttore che pensi sia giunto il momento di fare conoscere Manuel Pia e le sue canzoni al grande pubblico. Vorrei diventare importante nel mercato discografico per dare a mia volta spazio alla meritocrazia, trasformando i sogni artistici di chi ha talento in realtà musicali.
L’intervista è terminata e la scrittora augura a Manuel Pia che la sua chitarra e la sua voce salgano come meritano sul palcoscenico della notorietà.