Quando ho detto ad un amico che mi sarei incontrata al bar sotto casa per intervistare un ex narcotrafficante, ha esclamato ‘ma sei pazza?!’ Invece, dopo che un avvocato penalista mi ha segnalato questa storia, da scrittora ho avuto il desiderio di raccontarla, perché chi è portatore di un vissuto straordinario, e Rino Bonifacio assolutamente lo è, merita una penna che lo incida sul foglio.
Varco la soglia del bar e Rino si alza immediatamente e mi fa accomodare ad un altro tavolino, lasciando deciso da solo l’amico con cui è venuto. Inutile nascondere sia un bell’uomo, con la sicurezza di un aspetto che ha portato con sé in tanti mari, e tante donne ha imbarcato e poi mollato nella nave della sua vita. Mi colpisce un’ombra di timidezza che scoprirò ben presto un suo essere sornione e guardingo. E come potrebbe essere diversamente? Lui, ha imparato a nove anni ad essere vecchio, e me lo dice da subito.
Chi è Rino Bonifacio?
Un uomo di 48 anni, uscito dal carcere da un anno dopo 20 di reclusione in tante galere italiane, che a 9 anni ha visto la sua vita prendere un corso predestinato. Nasco a Gragnano, alle porte di Napoli, i miei si trasferiscono a Milano in cerca di un futuro migliore. Approdiamo a Rozzano, un quartiere difficile a sud di Milano, dove povertà e sopravvivenza sono il nodo alla gola che ti stringe quotidianamente. Inizio con una bravata, e sono il più piccolo del gruppo, e lo sparo del poliziotto che ci insegue e uccide uno di noi, mi tuona ancora nelle orecchie. Fu allora che decisi che no, quella vita non la volevo. E ben presto nel quartiere io divento un simbolo e da qui il soprannome ‘l’ Élite’.
Tu sei stato il primo narcotrafficante a portare l’Ecstasy in Italian nel 1988, oltre alla cocaina dalla Colombia nascosta in blocchi di granito.
Quando portai l’ecstasy, non era una droga, ma un ansiolitico che aiutava il tono dell’umore.
Fu da noi che venne corretta e modificata in un cocktail letale. Condannato, ho fatto 5 anni tra Padova, San Vittore e Verona.
È vero che era tutto predisposto per incontrare Papa Francesco?
Sì, e la cancelleria vaticana aveva predisposto la data e preparato il biglietto con il numero della mia seduta. Poi la notizia è trapelata e pubblicata sul ‘Tempo’ a caratteri cubitali ‘Il “CHAPO” ITALIANO INCONTRA IL PAPA’, confrontandomi a Joaquin Guzmán detto ‘El Chapo’, signore della droga messicana. Rinuncio alla visita a cui tenevo tantissimo. Non so dire se sono religioso, ma in carcere tutti vanno a messa. È un modo per toglierti dalla cella e fare finta di essere normale. Poi, la grandezza di questo Papa, è agli occhi di tutti.
Cosa significa per te fare una bella vita? Questa ricerca del lusso sfrenato, delle case più lussuose, dei party più esclusivi, cosa rappresentava?
La fuga da un mondo sempre in lotta per ottenere il necessario. Poi ero giovane e quella è l’età dei falsi miti, dove tutto sembra avere un senso e un valore, solo se dominato dal lusso, dalla potenza che ti deriva dall’entrata nei posti più esclusivi. Si finisce per sentirsi onnipotenti con addosso la firma più glamour, i piedi calzati da scarpe cucite a mano, la fuoriserie e l’immancabile Rolex d’oro massiccio al polso. Ma ti assicuro che a questa bella vita corrisponde lo squallore della ‘bella gente’ che la anima. Fin quando ero ricco e potente, farsi la foto con ‘l’Elite’ faceva figo: mi invitavano ovunque, si sentivano orgogliosi e come protetti dal frequentarmi. Dopo le condanne sono spariti tutti. Davvero avevo seminato sul nulla.
Tu hai da un anno scontato 15 anni in regime di massima sicurezza: Piacenza, Pavia, Voghera, Opera, Spoleto, San Gimignano. E nell’ultimo periodo hai avuto la libertà vigilata per buona condotta. Qual è il dolore più grande di questa lunga reclusione?
Non avere visto nascere mio figlio Ciro, oggi quattordicenne. La mia compagna Linda, donna bella, buona e paziente, perché mi ha aspettato da sempre e sempre mi ha voluto, me lo portava in carcere. Quando ha iniziato a fare domande, gli spiegavamo che io lavoravo in quel posto. Ora ha capito, ma non chiede. So bene che vuole difendersi da qualcosa di troppo grande per lui.
Che valori vuoi trasmettere a Ciro da padre? Il tuo passato è molto ingombrante.
Il mio passato, è passato. Ed ho pagato il mio debito con la giustizia fino all’ultimo minuto. Chi mi ha tradito e segnalato, non può vantare come me di essere oggi pulito nei confronti di una giustizia che non c’è, perché il mondo, lo impariamo tutti sulla nostra pelle e da quello che quotidianamente accade, non gira uguale per tutti, ed esistono due pesi e due misure. Con mio figlio ho un rapporto da costruire, perché non gli sono potuto stare accanto, non ho partecipato alla sua crescita, ma lo amo intensamente, e come ogni padre temo le frequentazioni pericolose ed i cattivi esempi. Subisce il fascino dei telefilm di ‘Gomorra’ e ha voluto vedere il quartiere delle ‘Vele’ a Scampia. Io l’ ho portato, perché la realtà deve essere vista dal vero, non addomesticata dalla fiction TV.
Un aneddoto della tua vita di lusso ed eccessi? Si favoleggia di un Rolex dato per mancia.
Vero! Ero al parcheggio di un evento esclusivo e tra Limousine e Ferrari, non riuscivo a parcheggiare: mi staccai dal polso il Rolex d’oro massiccio e lo lanciai a un posteggiatore. Inutile dirti che sistemò la mia auto in un secondo! Ero amico di Maradona che mi aveva invitato in Argentina, ma non potei andare perché subito dopo finii in galera. Frequentavo Robert De Niro, che fu mio ospite ad Ibiza, dove gli presentai una modella di colore favolosa, sapendo il suo debole per le donne nere. A Miami, quella degli anni d’oro del povero Gianni Versace, ero ospite in ville che definire lussuose non rende l’idea. Eppure oggi il lusso non è quello di un tempo: è diventato di serie B, girano figure che sembrano le caricature dei mitici anni ’70/’80!
La tua vita è un romanzo e tu hai scritto un libro avvincente intitolato “Malabellavita”.
Nel libro non ho mezze misure. Faccio nomi e cognomi, e questo mi ha fatto perdere il treno di editori importanti. Anche la senatrice Stefania Pezzopane, dopo avermi scritto la prefazione, si è tirata indietro, purtroppo anche infastidita da un finto scoop che ci ritraeva a mare. In realtà non eravamo affatto soli: la foto fu scattata dal suo fidanzato e tagliarono le altre persone presenti in spiaggia! Io credo molto in questa mia autobiografia che ha tutti i numeri per diventare un film o una fiction di successo, oltre ad essere un monito per i lettori.
Mi racconti una tua giornata tipo oggi?
Difficile dirti cosa significhi ricominciare! Mi sono stati sequestrati beni per decine di milioni di euro, e mi è rimasta solo la casa dove vivo con Linda e Ciro, in zona MilanoTre, perché gravata ancora dal mutuo. Mi occupo di comprare macchine di lusso usate e rivenderle in Spagna e in Francia, dove il guadagno è cospicuo. Non ho rimpianti di quello che ho avuto e non ho più. Ancora oggi amici mi regalano abiti firmati e hanno piacere che li indossi, ma pur avendo posseduto tanti beni materiali, non sono attaccato al possesso. Oggi accetto la mia vita: non scordare che io sono diventato grande da bambino!
Sposerai mai Linda? Una donna graniticamente sempre al tuo fianco?
Per me tutto quello che è stabile, è complicato: mi ricorda la galera, e il matrimonio è una reclusione che non mi permette, magari ogni tanto, di trasgredire e sentirmi libero. Ma amo Linda e per me è la migliore delle donne. Invece riguardo a mio figlio, cerco la stabilità di un rapporto che dall’anno scorso in poi, deve crescere giorno per giorno. Ecco, non ho più nulla, ma il sorriso di Ciro, lasciatemelo.
L’intervista è finita, saluto Rino che mi offre l’aperitivo, e in strada, tra gocce di pioggia sul viso, trovo qualche lacrima. Una storia tosta, questa. Eppure il riscatto non si deve negare a nessuno. Mai.