Esiste un fotogiornalismo prezioso che ci aiuta a decodificare modi e manie dei tempi. E poi esiste il documentare fotograficamente la party season inglese che è tutto un altro discorso, tanto è caro ai reporter britannici il settore delle “society pages”, quelle che un tempo erano le pagine dei rotocalchi e dei quotidiani più letti e scandagliati. Il fotografo britannica Dafydd Jones ha lavorato da social photographer fin dai primi anni ’80, per pubblicazioni come Tatler, Vanity Fair, The New York Observer, The Sunday Telegraph, The Times e l’Independent. Non proprio paparazzo, perché il più delle volte Jones era invitato e non incalzante intrusivo come da romana tradizione.
Infatti egli stesso si definisce “irriverente ma socievole” fotografo della vita sociale inglese. Ora che a Londra si celebra il suo lavoro con una mostra alla The Photographer’s Gallery e con un libro, è il momento giusto per scoprire quello che ha raccontato, spesso con immagini drammatiche e involontariamente scabrose in bianco e nero, in 40 anni di carriera.
Il party più cool lo ricorda a Londra per Keith Haring, era il 1986 e siamo all’apice del culto dell’arte come forma di esclusiva scena di talenti eccentrici: “L’apertura di una sua mostra alla Robert Fraser Gallery fu un misto di aristocratici e rockstars con musica hip-hop. Dopo ci fu un gigantesco party al Titanic nightclub in Berkeley Square”.
Scene di questo tipo anche con i reali inglesi che partecipano ad aperture, premi ricevuti per aver documentato party di debuttanti e matrimoni dell’alta società. “Ho avuto accesso a quello che sembrava un mondo segreto. Era un argomento di cui era stato scritto e romanzato ma credo che nessun fotografo lo avesse mai affrontato prima. C’è stato un cambiamento in corso d0opera. Qualcuno lo ha descritto come un “ultimo hurrah” dell’alta società. “
Il cambiamento dall’epoca della Thatcher ai giorni nostri è sicuramente imputabile a una maggiore democratizzazione delle occasioni sociali. Prima, racconta il fotografo, almeno a Londra, era molto difficile avere accesso a feste che sembravano imperscrutabili. Poi sono arrivati gli sponsor che avevano bisogno di visibilità. E quindi di fotografi. E quindi di starlet che permettessero ai giornali di far copertura su quel determinato evento. “Ma il cambio epocale si è avuto anche grazie ai free drink alle serate d’arte che prima non esistevano”, dice ironizzando il protagonista della mostra londinese “The Last Hurrah”.
Il che ha portato a un conseguente ritorno di limitazioni d’accesso: nei privè, oggi, dove si respira troppa libertà, non è consentito a nessuno entrare.
E così si scopre che anche in tempi pre-Instagram i ricchi e famosi si divertivano davvero con la giusta dose di esibizionismo. Come dimostra la foto d’apertura, “I baciatori” che incuranti degli obiettivi facevano bella mostra di sé all’Hammersmith Palais nel 1981.