I latini recitavano ‘in nomine omen’ ed in Luciana Savignano c’è una luce innata, di cui si è fatta e fa portatrice danzando da star di prima grandezza in teatri di fama mondiale. Nonostante la magrezza d’ordinanza, unita a una grazia innata e affinata da una vita sul palcoscenico, colpisce la corposità del suo essere: ha presenza forte e incisiva, di quelle che lasciano il segno.

Chi è Luciana Savignano?
Un essere che si è ritrovato, mi passi la frase, “in punta di piedi” nel mondo dello spettacolo. Amavo con tutta me stessa la danza, ma non avrei mai immaginato di assurgere a queste vette! Il tutto ostacolato dal mio carattere: più volte sono stata definita, una “stella solitaria”. Questa mia natura anticonformista e non piegata alle logiche di mercato, mi ha fatto ‘ballare da sola’ in un mondo complicato. Eppure rifarei tutto uguale! Sono arrivata comunque perché possedevo l’unica carta che conta, quella dotazione magica dell’essere artisti che risulta la sola regola valida.
Qual è il ricordo più bello legato alla sua carriera?
Quando per la prima volta interpretai ‘Il lago dei cigni’ di Čajkovskij e scoprii la commozione tangibile sul viso di mio padre. Per lui, uomo amante ed esperto di danza, equivaleva alla mia consacrazione artistica. Era incontenibile la sua gioia nell’ammirarmi da protagonista applauditissima nel più classico dei balletti. Io ero ormai famosa, ma fino a quel momento mi prodigavo in ruoli più moderni e spregiudicati. Altra grande soddisfazione fu sostituire al teatro ‘Alla Scala’ una grande star e farla dimenticare con la mia interpretazione nella ‘Francesca da Rimini’, considerando che imparai il ruolo in soli tre giorni! Ricordo anche ‘La bisbetica domata’ dove incarnai un’osannata Caterina, oppure la coreografia di Maurice Bejart per ‘La voce umana’ di Cocteau.
Un ballerino che le è particolarmente caro?
Paolo Bortoluzzi, a cui mi ha legato da etoile una grande militanza artistica con l’immenso Bejart. Eravamo davvero una coppia affiatatissima in scena. Dopo la sua morte, ho dedicato una serata ‘Alla Scala’ per omaggiarlo. Mi spiace che dopo non accadde più nulla: in Italia purtroppo non coltiviamo i profili dei nostri grandi artisti. Mi permetta anche di ricordare il ballerino argentino Jorge Donn, con cui ho ripetutamente danzato. Bejart creò per me lo spettacolo ‘Ce que l’amour me dit’ e lo ebbi come partner. Per me resta il numero uno. Possedeva una fisicità, una tempra, una carica di artista esondante che non ho rintracciato eguale in nessun altro.
A proposito di tempra, io la definirei “la Magnani della danza”.
Questo confronto mi procura immensa gioia! Ci accomuna la forza interpretativa che è la cifra distintiva dall’eseguire, e che stacca un’artista da una semplice ballerina. Ne sono onorata, e curiosamente, ho interpretato Anna Magnani in un pezzo coreografato da Vittorio Biagi.

Che ne pensa di una trasmissione come “Amici” che ha portato in tv la danza rendendola popolare?
Ovviamente molti si dividono nei pareri: certo, si fa spazio alla danza, ma ne traspare una visione un po’ naif! Poi mi chiedo, passata la ribalta televisiva, che ne sarà di questi ragazzi, perché riguardo alla danza classica, non mi risulta, tranne qualche rara eccezione, che possano inserirsi a dovere.
Come è cambiata la danza oggi?
Non cambia l’arte della danza, ma il mestiere. Oggi sono tutti molto bravi tecnicamente ma si fa fatica a trovare il ballerino che resti. Sono formati per durare poco e non si rintraccia quel quid che consacra etoile planetario. Il pubblico deve leggere l’emozione: solo allora si ricorderà di te. Poi adesso, anche con un piccolo nome, tutti sono affiancati da manager: io non l’ho mai avuto e ho gestito una carriera mondiale!
Da poco è uscito un suo libro. Ce ne parla?
Si intitola ‘L’eleganza interiore’ edito da Gremese. Avevo già pubblicato un libro per Rizzoli con Valeria Crippa “Savignano. Anomalia di una stella” ed ero perplessa sulla necessità di scriverne un altro perché non volevo ripetermi. Questo, scritto con Emanuele Burrafato è però diverso, e vi ho voluto raccontare maggiormente la Luciana intimista, piuttosto che quella nota al grande pubblico che mi segue affezionato da sempre.
Lei insegna danza?
A piccole dosi: sia perché ho ancora molti impegni professionali, sia perché i giovani che mi incontrano, recepiscono di più in uno stage, dove non danno per scontato l’occasione che si presenta loro, ed approfittano per carpire segreti e insegnamenti. Dico loro di essere sempre se stessi: è giusto guardare, assorbire le lineee guida dai maestri, ma poi è la personalità di ognuno che deve scattare per trasformare tutto questo nel proprio vestito d’artista da indossare. E se c’è qualcuno in cui brilla la luce magica del talento, me ne accorgo immediatamente! Io, anche agli inizi di carriera, ho affrontato i miei ruoli fino al debutto, senza guardare le interpreti precedenti. Non per presunzione, ma perché volevo entrarvi con la mia essenza ed originalità.

Lei adesso sta provando per un prossimo debutto.
Sono stata chiamata per inaugurare il teatro San Gerolamo, a piazza Beccaria: una vera bomboniera! Gli organizzatori hanno deciso per la prima volta un battesimo danzante e mi hanno chiamata. Per la coreografia di Emanuela Tagliavia, ripropongo con gli allievi del teatro Alla Scala, nel primo atto uno spettacolo dedicato alla luna, già fatto al Museo della “Scienza e della tecnica” di Milano, mentre per il secondo atto siamo ancora in fase di ideazione.

Come vive a Milano, nel quartiere dove è nata?
Ho casa proprio a pochi passi da quella dove stavo con mia madre. Amo conservare i ricordi e gli odori del mondo che mi ha vista crescere, soprattutto perché, da figlia unica, ne sono l’unica detentrice. È come se questa memoria restasse sempre viva in me, trasformandosi in energia positiva. In questo sono molto conservativa: poi mi divido anche con la casa torinese di mio marito, il chirurgo Carlo Bagliani. A dispetto di quello che pensavano in molti, la nostra unione dura da quindici anni: evidentemente questo stile di vita, questo non dare tutto per scontato, per noi è una ricetta funzionante.
Le piace l’espressione “appendere le scarpette al chiodo”?
No, non mi piace affatto! L’arte è atemporale: pensi a Lindsay Kemp, possiede il respiro dell’eterno! Il grande maestro Bejart mi ha trasmesso il credo che questo non può mai accadere se si è artisti, perché l’arte cammina in tutta la tua vita, si evolve, e se la custodisci nel cuore, mai potrà interrompersi.
L’intervista è terminata: è stato un onore, signora Luciana Savignano, portatrice vibrante di danza.
Fotoservizio di Luca Vantusso
Le splendide foto di questo servizio ci sono state concesse dal fotografo Luca Vantusso. Scattate nel 2016 durante lo spettacolo Tango di Luna, a Milano, nel Cortile delle Armi del Castello Sforzesco, documentano un momento importante della carriera di Luciana Savignano. Uno spettacolo, con il maestro Alejandro Angelica e le coreografie di Susanna Beltrami, che è diventato un cult della danza.
©Luca Vantusso di LKV Photo & Communications