L’artista Alexia Solazzo ci racconta “E dopo tanta notte strizzami le occhiaie”, il libro postumo del grande Andrea G. Pinketts.
Ho cliccato su Google “Andrea G. Pinketts”.
Mi è apparso “Nascita: 12 agosto 1961, Milano. Decesso: 20 dicembre 2018, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano”.
Insomma, sono più di cinque mesi che il re del noir italiano se n’è andato, lasciando la sua reggia con il trono vuoto, a “Le troittoir” il locale milanese alla Darsena, da sempre suo quartier generale. Mentre rifletto che in quel bar, che mi ha visto infinite volte chiacchierare con Andrea, non riuscirò più a rimettere piede, considero pure che ha partorito da poco un figlio, che non sarà cullato dal legittimo padre.
È uscito infatti per Mondadori, e questa è la meraviglia dell’arte, il suo ultimo romanzo “E dopo tanta notte strizzami le occhiaie”, con stupende illustrazioni di Alexia Solazzo, artista brava quanto bella, che si può definire l’ultima musa ispiratrice di Pinketts.
Una curiosità: ad ogni uscita dei suoi romanzi, Andrea faceva il giro delle librerie strategiche di Milano, annuendo soddisfatto se si vedeva in vetrina, e tuonando, se la propria opera non era al giusto posto d’onore. Una volta, ero scrittora esordiente, lo accompagnai e mi disse “ricorda, un buon libraio è fondamentale per il tuo romanzo: devi farti sempre vivo con loro.”
Adesso, immagino tante nuvole itineranti che ti fanno da libreria, mio caro Andrea, mentre controlli ogni pezzo di cielo, affinché esponga con cura il tuo romanzo. “E che sia ben in vista, mi raccomando!” Poi, metti il dito tra le pagine di “E dopo tanta notte strizzami le occhiaie”, e con mano tremante, accendi il fedele sigaro. E se amate leggere, leggetelo: è vero scrivere!
L’intervista a Alexia Solazzo.
So che non è semplice raccontare il plot dei romanzi di Pinketts: vuoi provarci?
“E dopo tanta notte strizzami le occhiaie” è una raccolta di racconti diversissimi tra loro e incredibilmente forti, che colpiscono come un pugno nello stomaco. Così come i miei dipinti, indissolubilmente legati ai racconti: ognuno nel proprio ambito rivelano in modo letterario e visivo i mostri e le paure che albergano dentro noi, e che dobbiamo affrontare quotidianamente. Si trattano il femminicidio, l’autofobia, la cronofobia, la fobofobia, e i terribili mostri leggendari come il Leviatano o la spaventevole Orda di Pere che incombe sui pazienti della clinica “SCOPA Y SCHIATTA”, specializzata nel suicidio assistito di persone afflitte da sex addiction. Una carrellata di personaggi incredibili e con nomi spassosissimi, che potevano essere partoriti solo dalla penna di Andrea.
Cosa immagini avrebbe fatto Andrea, a libro appena giunto in libreria?
Avrebbe fatto una presentazione al “Trottoir” come era solito, e con tutti gli amici di sempre.
Tu hai illustrato il romanzo, e ne sei stata parte attiva nella sua genesi. Non credi sarebbe stato doveroso la citazione autoriale del tuo nome?
Esatto: sono stata parte attiva della genesi del libro. Io non ho illustrato il romanzo, l’ho creato insieme ad Andrea. Si tratta di un’opera d’arte dove i dipinti e i racconti nascono nello stesso istante dalla nostra totale, viscerale, animale, intellettuale ed epidermica collaborazione. Cito Pinketts “Abbiamo creato uno di fronte all’altro nella saletta Andrea G. Pinketts del Trottoir rigorosamente blindata. Un ‘delirio a due’ di criminologia applicata all’arte di arrangiarsi e non accontentarsi”. Andrea era il primo a vedere le mie opere come io la prima a leggere i suoi capolavori. A dipinto terminato lo accompagnavo di fronte alla tela mentre teneva gli occhi chiusi. Quando li riapriva e osservava, fissavo il suo volto. O esplodeva in una fragorosa risata dicendomi “Bellissimo”, oppure commentava perplesso “manca qualcosa”. E così funzionava con i racconti: mentre leggevo, lui scrutava il mio volto. Ovviamente erano sempre tutti grandiosi! Lo sapeva bene, eppure amava condividere i momenti e soprattutto sentirsi dire “quanto sei grande Andrea!”
Sei una talentosa pittrice e ne sono la prova le splendide immagini a corredo dell’opera: c’è una tavola che ti è più cara?
Tutte. Le abbiamo fatte insieme! E lui non sa disegnare altro a parte il mitico Joe Gallo! Forse quello più discusso è stato “Mamma Paura”, che ho lasciato per ultimo. Insisteva nel vedere la paura come una grossa montagna di gelato che si scioglie e ti cade addosso, mentre resti paralizzato e, invece di scappare, ti lasci travolgere. Alla fine sono riuscita a realizzarla così come l’aveva immaginata.
Io definirei il tuo rapporto con Andrea un’amicizia sentimentale: sei d’accordo?
Io e Andrea eravamo “Uno”. Ci “univamo”. Eravamo un universo.
Mi racconti un aneddoto che riguarda la vostra frequentazione?
Io sono sempre stata ossessionata dalla fine delle cose. E’ sempre stata una delle mie fobie, e Andrea mi capiva benissimo. Non c’era persona al mondo in grado di capirmi di più. E una sera gli dissi “Andrea, tutte le più grandi storie d’amore hanno una fine tragica…”. Rispose “infatti io non ti ho detto che siamo come Romeo e Giulietta ma come Giulietto e Romea!”
Qual è l’eredità morale che Pinketts ti fa lasciato?
Andrea mi ha insegnato a vivere con ironia, sempre e comunque, donandomi una chiave di lettura del mondo e di me stessa. Mi ha insegnato l’importanza a livello umano, dei rapporti con le persone: dedicava tempo alla gente, e dava a chiunque la stessa importanza. Anzi, faceva sentire importanti tutti. Si ricordava particolari incredibili della vita di ognuno, e sapeva ascoltare. Era un incantatore: sorpresa, improvvisazione, stupore, fascino.
Ma perché era?
Resta un gentleman alla Dean Martin, un ragazzaccio di 50 anni alla Franco Califano, un mascalzone alla “Charlie anche i cani vanno in paradiso” di Don Bluth.
Dove e come lo immagini?
Lo immagino nel suo nuovo bar, seduto allo stesso tavolo di Fernanda Pivano, Alda Merini, Tecla Dozio, Franco Califano, Ade Capone e con la sua cagnolina Venturella sulle gambe, animato da conversazioni illuminanti, e da cui prenderà ispirazione per i prossimi romanzi.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Per ora non so rispondere a questa domanda. So solo che la vita senza Andrea è per me come un foglio bianco che sai rimarrà bianco.
L’intervista è terminata, e la scrittora augura, che in qualche modo, arrivi un messaggio approvante dall’immenso Pinketts. Comunque vada: te lo dovevo.