Appare chiaro, e la storia della moda ce ne dà ragione, che la cravatta è il maggior segno distintivo dell’eleganza maschile. All’inizio del XIX secolo, l’inglese George Bryan Brummel introdusse una moda assolutamente innovativa. Dandy leggendario e primo esempio di stilista, soprannominato “beau”, odiava qualsiasi esagerazione nella moda. L’abbigliamento di un gentleman non doveva mai essere ridicolo o vistoso, e per tanto il suo look consisteva in frac blu, panciotto e calzoni beige, stivali neri e fazzoletto da collo annodato.
Considerando ora quest’ultimo dettaglio, Brummel aveva sempre a disposizione un gran numero di fazzoletti bianchi e la “strana” abitudine di cambiarsi la camicia tutti i giorni; quando un nodo gli riusciva male prendeva un nuovo fazzoletto e ripeteva l’operazione finché non risultasse soddisfacente. Brummel disponeva di molti fazzoletti e purtroppo per lui anche di un conto sempre aperto e salato con la lavanderia. Ma perché ho scomodato il dandy per eccellenza?
Perché è in uscita un manuale molto particolare sull’arte di farsi il nodo della cravatta: “Annodarsi la cravatta. Per creare e differenziarsi”. Esatto, l’arte di fare il nodo della cravatta, un lavoro raffinato, colto e scrupoloso che ha impegnato per circa 36 anni e ancora lo impegna Mario Paolo Caiazzo, una persona, come si definisce lui, interessata ai nodi di cravatta che si mantiene al di fuori dei confini della passione e del fanatismo per i nodi. Ci rendiamo immediatamente conto che non siamo difronte ad un semplice gesto quotidiano, c’è di più, molto di più.
Innanzitutto ti chiedo, quando è nata la tua passione per la cravatta?
Ancora la passione è molto debole, mentre l’interesse è forte. Il tutto è nato quando avevo 18 anni per colpa di mio babbo, napoletano verace che davanti allo specchio mi insegnò a fare il nodo alla cravatta, non il più semplice ma lo «scappino». Ricordo ancora, doppio petto blu, pantaloni grigi, camicia blu e scarpe nere. Era un capodanno e con i miei amici decidemmo di vestirci eleganti per fare bella figura con tutte le ragazze invitate alla festa; comunque, tornando al nodo scappino, mi piacque da subito per la sua simmetria. Con il passare del tempo iniziai ad approfondire la conoscenza dei nodi fino a quando nel 2015, durante un viaggio verso Udine, l’amico Alberto Salvadori mi propose di fare un tutorial sui nodi alle cravatte. Per quell’occasione scrissi un manualetto e feci una dimostrazione pratica ai miei compagni di viaggio. Mi divertii moltissimo tanto che da quel momento iniziai a realizzare dei tutorial in giro per l’Italia. Brand molto rinomati mi accolsero a braccia aperte e di volta in volta aggiornavo per le varie occasioni il mio manuale tascabile sui nodi delle cravatte.
Cosa significa per te avere una cravatta tra le dita?
Significa arte e scienza. Quest’ultima spiega il perché ogni nodo è unico. E’ una precisa successione di passaggi che inizia da destra o da sinistra e che passa per il centro determinandone la sua forma e dimensione. Il Nicky, nodo a 5 passaggi, ha una dimensione minore del Windsor che è a 8 passaggi. La forma del nodo è data dal numero di volte che passa per il centro e a seconda di come sono miscelati i passaggi (destra, sinistra e centro) determinano la simmetria del nodo e l’estetica. Si immagini un nodo a 7 passaggi con la successione (dx,c,dx,c,sx,dx,c). Il risultato è asimmetrico e anti estetico! Quindi la scienza mi spiega il nodo ed io, quando metto in pratica una particolare sequenza di passaggi, creo una scultura personale destinata a durare un solo giorno. Farmi il nodo alla cravatta mi offre una meravigliosa chance: quella di creare qualcosa di unico e differenziarmi.
Che cosa vediamo nel nodo di una cravatta ?
Dipende molto dalla consapevolezza di chi si annoda la cravatta, perché avere un nodo alla gola non è un piacere ricercato dagli individui, tantomeno dall’Homo Elegans. Tuttavia nel mondo onirico della cravatta le cose stanno diversamente. Un nodo ben fatto e abbinato rappresenta un piacere e un’emozione. Le scelte che ogni mattina operiamo nel guardaroba, indipendentemente dalla professione svolta, rappresentano la misura di come viviamo il rapporto con la giacca e la cravatta. In molteplici casi la viviamo come una divisa obbligatoria e quindi il nodo della cravatta diventa un atto vessatorio, una sorta di cappio al collo, una specie di prigione non voluta. E’ il risultato di un’incompetenza, in molti casi inconscia, sulla materia «nodi alla cravatta» che molto spesso si estende a tutto il mondo dell’abbigliamento classico maschile. Ogni giorno s’incontrano persone che hanno nodi posizionati su colletti di camicia inappropriati, nodi voluminosi o molto piccoli completamente disallineati con la propria corporatura oppure nodi allentati su colletti sbottonati. Sono la parte peggiore dello stile che un uomo possa avere e desiderare. E’ come se ci trovassimo in un bellissimo teatro ad ascoltare la Primavera di Vivaldi suonata con strumenti completamente scordati! Quindi il tipo di nodo che facciamo diventa un messaggio chiaro di chi siamo, di cosa vogliamo, di come ci vediamo e di come vogliamo che gli altri ci vedano. Quando prendete in mano una cravatta sappiate che la sua anima, nel momento in cui fate il nodo, diventa lo specchio fedele di voi stessi.
Quanti nodi è possibile fare ?
A questa semplice domanda la risposta è tutt’altro che facile perché l’idea comune è che se ne possano fare una decina. Fortunatamente Mao e Fink, due fisici di Cambridge, hanno studiato il problema a fondo scoprendo la molteplicità di quanti intrecci e pieghe si possano fare con una cravatta. Grazie a formule matematiche, tra cui «la teoria del nodo», ci dimostrano che una cravatta lunga 145/150 cm può essere annodata in 85 modi diversi. Questo vuol dire che abbiamo 85 nodi a nostra disposizione!
A parte i classici nodi, quelli più semplici diciamo, ci puoi dire qualche nome di nodo un po’ particolare e chi se lo è inventato?
Un nodo che merita attenzione dal punto di vista storico è il nodo Pratt, inventato da Jerry Pratt e scoperto nel 1989 da Don Shelby. Fino a quella data erano noti al mondo soltanto tre nodi, il Tiro a Quattro, il Windsor o scappino e il Mezzo Windsor! La particolarità del Pratt è che per eseguire i cinque passaggi si inizia con la cravatta al contrario. Un altro nodo molto interessante è il Christensen a otto passaggi, tuttavia lo si può realizzare con delle varianti di nodi principali come il St. Andrew a sette passaggi. La struttura del Christensen è cruciforme e per realizzarlo si inizia con la cravatta al contrario. Le istruzioni di questo nodo vengono rivelate intorno al 1920 dalla fabbrica svedese di cravatte Amanda Christensen anche se la notorietà di questo nodo avviene alla fine degli anni novanta. L’ultimo nodo che considero interessante è l’Hanover, inventore ignoto. Per realizzarlo ci vogliono ben nove passaggi iniziando con la cravatta alla rovescia. E’ perfettamente simmetrico, tre passaggi a sinistra e tre a destra!
Invece quali sono quelli più difficili da fare?
Parliamo di difficolta dal punto di vista tecnico perché esistono altri fattori che rendono un nodo impegnativo. Sicuramente il Christensen con la variante a sette passaggi, il Grantchester a nove passaggi e il Prince Albert a sei passaggi.
Non è così scontato farsi il nodo della cravatta insomma, ad ogni nodo anche il suo tessuto?
Si. Fino adesso nessuna azienda ha prodotto cravatte in funzione del nodo. Quindi è lecito dire che un nodo, inteso come scultura ad uso personale dipende dalla corporatura della persona e dalla sua altezza, dal colletto della camicia, dalla lunghezza della cravatta, dal tessuto e persino dallo stato d’animo della persona e dalla sua consapevolezza!
A questo punto, per ogni nodo anche il colletto della camicia deve essere quello più adatto, giusto?
Esatto! Il colletto e il nodo sono come due innamorati. In generale i colletti stretti accolgono meglio nodi allungati come il nodo Tiro a Quattro, il Prince Albert, il Grantchester. Al contrario un colletto alla francese, molto aperto, accoglie molto bene un nodo simmetrico che si sviluppa in larghezza come il Nicky, il Pratt, il St. Andrew, il Plattsburgh o il Mezzo Windsor.
Sfatiamo un mito, pochette e cravatta devono essere uguali?
No! In linea di massima la pochette dovrebbe essere uguale alla camicia (bianca o celeste) e in questo caso parliamo di un contesto formale. In altri casi, per pochette con disegni fantasia anche se riprende lievemente il colore della camicia va bene.
Che futuro vedi per la cravatta?
Viviamo in un momento storico dove l’informazione viaggia alla velocità del pensiero e il modo di comunicare, per mezzo della tecnologia, è il like. Questo stato di cose ci allontana dal mondo classico dell’abbigliamento maschile. Fra due o tre anni molte professioni scompariranno per dare spazio a quei lavori legati all’informazione e alla comunicazione tecnologica come all’esperto in cyber security o in cloud computing. Quindi è lecito aspettarsi che, fra meno di 10 anni, la cravatta possa essere considerata fuori legge e fare il nodo un reato!
Alcuni riferimenti: paolomario@knotinitaly.it; https://www.facebook.com/nodidicravatta/