Per chi non è cresciuto a Napoli dal dopoguerra in poi è difficile immaginare o perlomeno credere quanto abbia fatto parte della cultura della città la figura del “femminiello”. Diverso dai gay, benvoluto e custodito nella quotidianità dei vicoli della città, il maschietto di casa che va d’accordo con le donne, si veste e si atteggia come loro, ha avuto, spesso si dice, una funzione sociale.
Ma è anche riduttivo parlarne in funzione di una funzione. I “Femminielli” avevano, in un tessuto sociale pre-proteste per i diritti, una dimensione che non aveva nulla di rivendicativo ma che spesso era gioiosa e riconosciuta dagli abitanti come salvifica. Rispettati e contesi nelle occasioni di festa (tammurriata, tombola scustumata), i femminielli non hanno avuto il legame carnale col sesso che contraddistingue i transgender nella cultura contemporanea.
La Tarantina, l’ultimo dei femminielli, nel ventre dei Quartieri Spagnoli ha inaugurato il murales a lei dedicato da parte dell’apprezzato street artist Vittorio Valiante . Un tributo (col panariello in mano simbolo della Tombola napoletana) a una figura ormai mitica (83 anni a marzo) del femminiello pugliese ripudiato ad Avetrana e accolto a Napoli.
Già nel 2015 era stata soggetto di un film-documentario, “La Tarantina”, di Fortunato Calvino, dove aveva raccontato di essere arrivata ancora minorenne, a Napoli nel giorno della Piedigrotta, la festa più grande della città a settembre. Sin dall’inizio è stata sempre aiutata dal popolo di Napoli e quindi la sua è una vera storia di accoglienza che va oltre la tolleranza.
E non è un caso che proprio su questo La Tarantina, l’ultimo dei femminielli napoletani, per ironia della sorte di origine pugliese, ha rimarcato nel suo discorso di ringraziamento alla città. “Mi fa piacere vedermi nel murales – ha detto presenziando all’inaugurazione del tributo voluto dal Comune di Napoli sui muri del palazzetto Urban nel quartiere Montecalvario – anche perché una donna mi ha detto di essere orgogliosa di avere la mia immagine vicino alla scuola del figlio. Crescerà senza idee di discriminazioni. Per sfortuna l’ipocrisia c’è e la gente pensa sempre al sesso. Ma non non siamo quello“.
Certamente non bisogna cadere nella trappola dell’agiografia quando si parla di fenomeni popolari partenopei. Anche per i femminielli, degrado e ambiguità hanno fatto da sfondo a una storia che si è intrecciata spesso con fenomeni di esclusione sociale e malaffare. Ma è la generale sensazione di benevolenza negli strati più umili della cittadinanza a suscitare ancora oggi nostalgia per un’armonia che sembra perduta.
Indiscutibilmente il volto della Tarantina, fra gli ultimi ‘femminielli’ di Napoli, sulle mura di un centro che fa