Alberto Biasi, tra i fondatori del padovano Gruppo N, è uno dei più coerenti artisti ottico cinetici europei. Nato a Padova nel 1937, nel corso della sua attività artistica ha militato in correnti collettive e si è fatto apprezzare per il percorso individuale. Con il Gruppo N (1960-65) ha partecipato a 12 esposizioni. Il gruppo padovano era composto da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi. Il grande critico d’arte Carlo Giulio Argan ebbe a dire: “Realizzano impulsi d’immagine, segni atti a determinare un comportamento ordinato e costruttivo dell’immaginazione”.
Poi Biasi ha esposto più di cento esposizioni personali e partecipato ad innumerevoli collettive, fra cui la XXXII e la XLII Biennale di Venezia, la X, XI e XIV Quadriennale di Roma, la XI Biennale di San Paulo e le più note Biennali internazionali della grafica.
ARTE CINECITA – L’arte cinetica apparve per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale e la sua popolarità aumentò negli anni ’60. Era una nuova lingua che gli artisti cercavano dopo aver sentito che Lyrical Abstraction aveva esaurito le sue possibilità. Una nuova relazione ha avuto luogo tra l’opera d’arte, l’artista e lo spettatore. Lo studio del movimento divenne cruciale per questa nuova avanguardia, che fosse movimento reale con l’uso di meccanismi, o movimento illusorio o ottico come nel caso dell’opera di Alberto Biasi.
Ogni lavoro Op Art richiede un’attenta pianificazione per farlo funzionare; usando la sua luce circostante per collaborare con l’opera d’arte in un dialogo che è fondamentale per il successo del pensiero cinetico. Tuttavia, è lo spettatore che è essenziale per dare vita al lavoro. Il suo intervento e l’interazione con un’opera cinetica sono alla base delle idee alla base di questo genere, e questo pone l’artista stesso in un ruolo secondario per il successo totale del lavoro.
Erano tempi in cui l’uso sperimentale dei materiali scorreva in profondità per giocare con la luce in modi nuovi. Materiali alternativi come plastica, metallo, carta, vetro e specchi hanno permesso la ricerca di un’estetica basata su razionalità e movimenti ciclici, e che hanno anche sfruttato la percezione oggettiva di ogni spettatore attivo di fronte all’opera d’arte.