
Chi è Lillo Freni?
Potrei definirmi lo psicologo del dolce! Per me il cliente non è solo quello da soddisfare nella richiesta, ma cerco di interpretare il suo desiderio, costruendo un dolce come un sarto, prendo le misure della persona che ho davanti per accontentarla al meglio, forte della convinzione che il dolce verso cui ognuno si indirizza, in un certo modo lo rappresenta. Il mio più grande desiderio, è pure, da custode di un vero e proprio ‘dolce’ patrimonio, di vivificarlo e tramandarlo intatto.
Quando hai capito che questo sarebbe stato il tuo mestiere?
Quando a 4 anni mio padre mi portò nel laboratorio in via Cesare Battisti che aveva rilevato in centro città, mi mise su uno sgabello rosso e restai immobile ad osservare il suo lavoro. A 7 anni confezionai la mia prima cassata: non voglio sembrarti presuntuoso ma oggi la faccio più o meno identica ad allora! Ho imparato l’arte ma non l’ho messa da parte! Quando papà iniziò la sua carriera in proprio lasciò il ritrovo di Salvatore Irrera dove si era formato per ben sedici anni: quel posto, ancora adesso nominato e rimpianto, era il top dell’arte dolciaria sicula. Oggi lamento la mancanza di una stessa scuola di formazione in città, che paradossalmente la provincia conserva.
Come ci si crea una personalità lavorativa propria?
Ergendo vivo e a costante esempio il modello che ti ha forgiato. Papà si recava al lavoro a piedi da Contesse fino a piazza Cairoli, tanto che Irrera lo teneva a volte a dormire a casa sua per risparmiargli una fatica: ovvio che questo trattamento si dedica a un allievo speciale! Io mi sono laureato in ‘Scienze enogastronomiche’ con una tesi in ‘Storia qualità e innovazione della pasticceria tipica messinese’, poi diventata un vero e proprio libro. Sono inoltre sostenitore convinto dell’Associazione “Duciezio”, presieduta da Salvatore Farina, il cui nome deriva da ‘duci’ che in siciliano significa ‘dolce’ e ‘Ducezio’ che era il glorioso re dei Siculi. Insomma coniugo l’arte con l’imprenditoria, perché i tempi attuali lo richiedono fortemente.
Mi indichi tre nomi che hanno fatto scuola nella pasticceria messinese?
Il maestro Scandaliato a cui si deve la rivisitazione del profiterol: ha creato il ‘BIANCO E NERO’ una pietra miliare per i palati del gusto, poi Jeni, il cui negozio minuscolo sul Viale San Martino, faceva bloccare i passanti in estasi: era l’artista con la A maiuscola, il sognatore del dolce, infine il già citato Irrera che in tempi lontani dalla parola business, era il creatore di impresa, e che pasticcieri di alto bordo ha forgiato la sua scuola!
Ti occupi da anni di una fiera del dolce patrocinata dalla ‘duciezio’.
Ne vado molto orgoglioso e il prossimo giro di boa sarà l’ottavo anno! Si svolge sempre in novembre e l’anno scorso la sede è stata Messina. Ogni volta cambiamo località all’interno della Trinacria, per esibire le eccellenze sparse sul territorio. I tre maestri dolciari da me prima ricordati sono stati giustamente premiati ‘alla memoria’ nell’edizione peloritana.

Qual è il dolce che più ti rappresenta, quello per cui si viene nel tuo negozio di contesse?
Senza esitare rispondo la cassata siciliana. Risolvo subito la polemica dicendo che è diversa la preparazione rispetto al resto della Sicilia. Io tiro la glassa di pasta reale di rivestitura in modo sottile, come una leggera guaina, la loro è decisamente più massiccia e meno flessibile al palato. Il dolce si fa ugualmente a scodella ma mentre fuori da Messina rivestono la corona con pezzi di Pan di Spagna, qui io lo adopero integralmente. La ‘cassata’ ci rende noti nel mondo insieme al cannolo, anche grazie all’elemento base che è la ricotta da noi prodotto di altissima qualità.
Che ne pensi dei reality legati alla pasticceria?
Comunque sono una vetrina dolciaria e quindi sono positivi, ma riguardo a ‘Bake off Italia’, da addetto ai lavori a volte registro delle incongruenze, fatto che non accade se guardo per esempio ‘Mastro pasticcere Francia’, dove anche io, da esperto professionista imparo qualcosa. Comunque tutto serve a far capire che il dolce, consumato nelle giuste quantità, è un toccasana psicofisico e nella piramide alimentare non può che occupare un posto di prestigio.
Sei stato tra i partecipanti all’expo a milano. Cosa ricordi?
Ho partecipato per una settimana all’interno dell’evento ‘Messina città metropolitana’ ed ha costituito un’esperienza internazionale irripetibile: non puoi immaginare la gioia di portare i nostri dolci in una vetrina mondiale! Aggiungo la giusta dose di orgoglio alla richiesta dei visitatori di un selfie con me e le mie delizie da postare sui social!
L’emozione più grande nella tua carriera?
Potrei dirti la presenza all’Expo invece è quella del costante rito domenicale del cliente che entra in negozio e ne esce con la guantiera di dolci. La porterà a casa, oppure ospite a pranzo: per me è simbolo di unione familiare e qui a Messina un rito sacro che fa bene al cuore.
L’intervista è finita e la scrittora si congeda: ciao lillo, che fai più dolce anche le giornate amare!