Federico Buffa è principalmente conosciuto come giornalista, e telecronista sportivo italiano. Nato a Milano nel 1959, è identificato e ammirato da molti amanti del basket come il miglior cronista del genere. Viene anche indicato da molti critici televisivi come un bravissimo narratore ed è per questo che la sua attività valica i confini del giornalismo sportivo, sempre con un eloquio avvolgente ed evocativo.
Da vero storyteller, Buffa è anche testimonial dell’azienda salernitana Santaniello,specializzata in abbigliamento maschile dalla raffinata tradizione sartoriale, racconta di sé, delle passioni che lo hanno reso celebre e dello stretto legame che c’è tra sport e moda.
Buffa passa con disinvoltura dal raccontarci delle sue passioni sportive, come l’NBA che l’ha reso famoso, al calcio delle Storie Mondiali, fino alla recente produzione di Sky Sport HD Federico Buffa racconta Muhammad Ali.
Di recente è stato anche in tour nei teatri col suo spettacolo Le Olimpiadi del ’36 e il nuovo lavoro già in cartellone per la stagione a venire: A night in Kinshasa dedicato allo storico match Muhammad Ali vs. George Foreman, un incontro di boxe che ha cambiato la storia.
Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua carriera ma anche la sua idea di bellezza ed eleganza, visto che ora è anche un personaggio di moda.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Incontrare il pubblico dal vivo, ascoltare e raccontare storie, viaggiare e, soprattutto, non avere vincoli e responsabilità.
Il tuo concetto di bellezza ed eleganza?
Eleganza non è vistosità. È qualcosa che si nota subito, spesso senza capirne il perché. Truffaut parlava di bellezza come equilibrio e armonia. Per me è meglio un uomo o una donna così così, ma vestiti bene. Perché la componente di scelta è più importante della componente di natura. Mi ripeto sempre: be the best you can be. Condivido l’estetica giapponese dove contano le proporzioni, con un leggero passaggio del tempo che toglie l’effetto “nuovo di zecca”.
Un capo necessario nell’armadio?
La giacca destrutturata, invenzione stilistica con cui Armani a partire dagli anni ‘80 ha sdoganato un’eleganza rilassata e personale. Con la giacca importante mi sento sicuro. Armani è un precursore. Negli anni ’90 abbiamo cominciato a mettere le t-shirt sotto la giacca, come indicava lui.
Cosa rifiuti della moda del passato e cosa conservi?
Il calzino corto dovrebbe essere vietato. Ci sono capi con splendidi tessuti anni ’80 che non sono più indossabili per il taglio, ma mi piace l’idea di averli ancora da qualche parte. Oggi manca quel tipo di ricerca, l’attenzione alla scelta del tessuto è diminuita a favore del sempre più diffuso sintetico.
Stilisti preferiti?
Margiela e Yves Saint Laurent.
Icone di stile?
David Bowie aveva un gusto molto interessante. E poi Virna Lisi. Tra gli sportivi mi piace lo stile di Dwyane Wade dei Chicago Bulls.
Cosa pensi della moda attuale?
I grandi colossi sono molto criticati nell’establishment della moda, ma non dimentichiamo che hanno reso la moda accessibile a tutti. Io non seguo le mode, preferisco un bel tessuto a un taglio attuale. Il rapporto tattile con l’indumento è molto importante e la scelta dei capi è condizionata soprattutto dalla mia condizione corporea.
Nei tuoi momenti di cambiamento anche il look si evolve?
Tutto cambia. Il cambiamento è fondamentale, siamo esseri in divenire. Si tratta di fasi naturali, se hai il privilegio di poterlo fare – che nel mio caso specifico deriva dal non avere responsabilità: il cambiamento ti consente di metterti in situazioni sempre più stimolanti.