Dalila Di Lazzaro non solo è una figura chiave della cinematografia italiana. L’attrice udinese ha anche contribuito a formare quel senso estetico che normalmete ci attribuiscono all’estero grazie alla sua eleganza e disinvolta capacità seduttiva che l’ha portata in giro per il mondo da quando la sua carriera è decollata negli anni 70. Pochi ricordano che fu Andy Warhol a volerla nel film Il mostro è in tavola… barone Frankenstein, che in America addirittura uscì col titolo Andy Warhol’s Frankenstein.
Dopo una battuta d’arresto in seguito a eventi privati drammatici negli anni 90, Dalila è tornata al suo pubblico 10 anni fa come scrittrice. Ed è di questo che parliamo oggi, nonostante il successo in tv non l’abbia abbandonata (ha recitato nuovamente nelle fiction 1992 e Rodolfo Valentino negli ultimi anni). Le parliamo alla vigilia dell’uscita di La vita è così, il suo nuovo libro scritto con la nostra firma Cinzia Alibrandi. Si tratta di un racconto che attraverso riflessioni, aforismi, pensieri offre ispirazioni per superare definitivamente situazioni di perdita, di sconfitta, di crisi. Dalila è ormai confidente e sicura penna amica che racconta della perdita della pace del cuore ma attraverso la lettura indica una possibilità al suo sterminato e affezionato pubblico. Chi avrebbe mai pensato, all’apice della fama degli anni 80, tutta basata su estetica e bellezza, che un giorno l’attrice che stregava con lo sguardo sarebbe diventata credibile autrice di best-seller?
Prima della sua attesa ospitata in tv nel pomeriggio domenicale di Canale 5, e prima della presentazione dal vivo al Mondadori Store di piazza Duomo a Milano (8 giungo, 18,30), Dalila si è fermata a parlare con noi di The Way Magazine.
Da dove nasce la necessità di pubblicare un nuovo libro?
Beh, direi che con tutto quello che c’è al mondo l’esigenza non è vitale ma riconosco una richiesta forte da parte del pubblico. Da tempo mi chiedevano un nuovo libro e mi hanno spinto. Io sono sempre meticolosa, vorrei sempre fare qualcosa di più personale, questo è un fiorellino, lo ammetto. Ho raccontato un pezzo del mio vissuto di questi anni. Un ripensamento su tutta la mia vita affettiva lo ho avuto quando è morto il mio adorato cane, un labrador.
Un dolore che solo chi ce l’ha può comprendere, vero?
Entrare e vedere la cuccia vuota e sentire la mancanza di un affetto di quel tipo è indescrivibile. Loro, gli animali, sono sempre riconoscenti e ti capiscono. Credo che questo mio cane fosse un lord, ho avuto sette cani e lui era particolarmente diverso dagli altri. L’abbiano mandato alla Bocconi, dicevo scherzosamente, perché è molto educato ma non gli avevo insegnato niente e la gente mi perseguitava per strada: ma come mai è così bravo?. Non faceva nemmeno le feci per strada.
I nostri adorati pet avranno un paradiso?
Per tutte le creature c’è vita, vuol dire anima, le papere e la gallina qualsiasi creatura anche le bestie più feroci hanno un’anima. Venivo a casa e piangevo dopo 15 anni assieme al mio cane, non riuscivo a metabolizzare tutto questo, ho avuto un colloquio con un pensatore-teologo che mi hanno presentato, professore con una personalità molto aperta e spiritosa. Attraverso lui mi sono aperta e questo scambio, ho tirato fuori il dolore e tante cose nella mia vita. La genesi di questo libro, La Vita è Così, è avvenuta anche in un momento in cui vedo la mancanza di reagire, specie in Italia, la paura che ti mettono ti fa sentire nero tutto intorno. Io mi sento incastrata dentro il mondo che non è più meraviglioso come gli anni. È dura per tutti, dal falegname al medico, non trovi le persone di una volta. Non parliamo poi delle banche, della scarsa tutela di cui godono i consumari.
Questa nostalgia come la comunica nelle pagine di un libro autobiografico?
Parlando di mio padre e di mio nonno, uomini che avevano compreso la vita dopo aver visto troppi morti in guerra. Capisco attraverso la loro esperienza di vita leale quanto fosse meraviglioso vivere nel momento precedente a questa civiltà dell’egoismo e indifferenza. Oggi percepisco spesso un ego smisurato, una sete di onnipotenza e incapacità di ascolto che forse dai social media è amplificata. A volte mi trovo a voler vendere tutto e scappare in un paesino fuori dalla grande città, illusa di trovare l’amore, l’affetto, l’attenzione e il saluto della gente.
Come descrive la vita di oggi?
Per me è una dura lotta continua, ci son dei momenti che l’uomo sembra essere più crudele della sua storia. Non mi rallegrano nemmeno i giovani, c’è’ superficialità e non sono equipaggiati, non c’è profondità, con questi telefonini sono tutti uguali, vivono di apparenza, come fai a cambiare una mentalità ormai formata sul web e fargli capire che sono nella strada sbagliata?
Lei in passato si è distinta anche per lotte sociali. Cosa le è rimasto?
Adesso mi arrabbio. Si parla di adozioni per i miei amici gay, che adoro ovviamente, ma quando io lottavo per le donne single sono stata derisa eppure avevo un seguito enorme di tante persone nella mia stessa situazione. Quasi fosse una bestemmia. Oggi sento che la mia voce nel mio Paese non è stata ascoltata. Avevo esigenza di dare amore e consegnare il mio affetto e togliere dalla strada un bimbo. Non me l’hanno permesso.
Impossibile non rievocare i tempi unici in cui la sua carriera era all’apice. Gli anni 70, 80, che ricordi ha?
Spumeggianti, non ho rimorsi l’unica pecca è che lasciavo che le cose venissero a me, dove mi giravo arrivava, non sono stata per niente ambiziosa o esibizionista. Pensi che oggi mi diverto con un bicchiere di birra con gli amici, rifuggo la mondanità. All’epoca ero giovane ed ero ubriaca di celebrità ma mi rendevo conto che tornare a casa nella mia solitudine era un avvertimento. E infatti io oggi traggo una grande gioia dallo stare da sola, perché mi amo follemente. Cerco la solitudine, tutti i grandi personaggi desiderano stare bene con se stessi per un’esigenza di togliersi dalla massa adorante e ritrovare l’essenza della vita fatta di piccole cose.
Rimpianti?
Io sono una donna perbene, per stare a questo mondo forse non va bene. Mi ha fregato un’assicurazione, mi hanno salvata da un intervento i medici americani perché quelli italiani non avevano capito. Ce ne sono di cose che non vanno. Non le chiamerei rimpianti, io mi sono divertita tanto ed ero Alice nel mondo delle meraviglie, sono stata molto in America. Oggi mi piacebbe fare viaggi ma dove c’è il sole, il silenzio ma non dove c’è chiasso.
Qualcosa che la stimola oggi?
Ho collaborato con la musica e la creatività di un bravo cantautore, Manuel Pia, sardo, talentuoso, uno che non sarebbe uscito da un talent. Perché non si fa un talento per la scrittura e la finiamo di celebrare l’imitazione delle canzoni? Lo trovo grave, non si ascolta chi crea qualcosa di nuovo. Io con Pia ho scritto nove canzoni e cercherò di pubblicarle, nel libro parlo anche di questo e racconto di una in particolare, “BAYLA” che mi ha ispirata per creare nel libro un’immaginaria ed intensa storia d’amore.
C’è qualcuno che le piace musicalmente?
Bisogna distinguersi dagli altri e c’è Jack Savoretti che lo fa, sono andata a vederlo. Lui è stato capito quando si è allontanato dall’Italia, qui non lo valorizzavano, quando è uscito ha avuto successo. Chi non esce dall’Italia resta intrappolato.
Che effetto le fa scrivere un libro a cura di un’altra donna, la nostra Cinzia Alibrandi?
Ho ho un grave problema, per cominciare, non posso mettere gli occhiali e quando li metto ho delle emicranie pazzesche e quindi non posso scrivere direttamente io. Detto ciò è difficile trovare la sensibilità in qualcuno che sappia raccontare quello che provo. E devo dire che è stato piacevole scrivere con una donna, amo collaborare con le donne, hanno un’apertura. Con Cinizia ci siamo subito dette che c’era bisogno di una pennellata in 3 mesi di lavoro e con lei i particolari, gli aneddoti, le storie sono emerse a perfezione. Ci sono stati dei momenti molto simpatici, usava delle congetture alla siciliana, era molto comico perché io la frenavo dicendo: No, non direi così, è troppo siciliano!
Si sente un’autrice apprezzata?
Sento che il pubblico che mi ama mi spinge al racconto e questo stimolo mi offre l’unica ebrezza di questi anni, si è stabilito un legame così forte con i miei lettori e lettrici che non posso descrivere. Per me è una gioia ogni volta che mi metto alla prova, perché anche in questo sono stata antesignana, il primo libro che ho fatto uscire vendette più di Bruno Vespa e all’inizio non lo volevano nemmeno perché non andavano le autobiografie. Invece adesso che sono tra i best-seller mi sento come se avessi vinto l’Oscar.