Il simpatico alieno Mork, l’aviere Adrian Cronauer, l’iconico professor Keating, il folle professore medievale, il padre che si traveste da tata per non perdere i propri figli, un docente che indirizza verso la retta via un genio ribelle, un marito che dal paradiso cerca di ritrovare la propria moglie finita all’inferno, il particolare dottore clown che tende a migliorare la qualità della vita del paziente, l’androide che desiderava essere un umano e si potrebbe continuare all’infinito. Questi sono solamente alcuni dei personaggi in cui si è totalmente immedesimato, nella sua lunga e brillante carriera, l’attore Robin Williams (Chicago, 21 luglio 1951 – Paradise Cay, 11 agosto 2014).
Difficile definirlo con un aggettivo, difficile anche inquadrare il suo cinema in un genere ben preciso. Di base la commedia ed il drammatico la facevano da padrone. Più specificamente non era tanto per la trama in sé, già delineata dallo sceneggiatore di turno, ma soprattutto per la sua recitazione, per il suo modo di porsi davanti ad una cinepresa.
Nato a Chicago il 21 luglio del 1951 da una famiglia agiata, Robin Williams visse in seguito in California, a San Francisco dove si iscrisse alla facoltà di Scienze Politiche, per poi interrompere gli studi per trasferirsi a New York con l’intenzione di studiare recitazione presso la Juliard School. Ed è qui che il suo stile inizia più che a formarsi, a migliorarsi. Si fece notare nei teatri come mimo. Qualche anno dopo il pubblico americano ebbe la fortuna di conoscerlo e di apprezzare, seppur come anticipazione, le sue doti naturali non solo recitative ma anche di grande improvvisatore, raggiungendo la vera notorietà.
Era il 1977 quando prese parte ad un episodio della leggendaria serie tv ‘Happy Days’, proprio con il personaggio di Mork, facendo un famoso duetto comico con Henry Winkler, ovvero Arthur Fonzarelli. L’anno seguente e fino al 1982, recitò da protagonista in un’altra sit-com diventata un cult: ‘Mork e Mindy’, giunta da noi il 7 luglio del 1979. Dopo le prime due stagioni nei panni del simpatico alieno, intorno al 1980, fece il suo esordio sul grande schermo con la trasposizione cinematografica del fumetto ‘Popeye’, da noi conosciuto come ‘Braccio di ferro’. Nonostante le grandi attese la pellicola in sé non riscosse un grande successo di pubblico e di critica. Comunque riuscì ad ottenere ruoli in altri lungometraggi di alterne fortune, fino al 1987: l’anno della svolta.
Con ‘Good Morning Viet-Nam’ l’attore dell’Illinois fa centro, diventando la nuova stella di Hollywood. Inaugurando, così, una serie di interminabili successi cinematografici, mostrando proprio a partire da quella pellicola tutta la sua versatilità d’interprete, capace di passare dalla fase comica a quella drammatica non solo in momenti diversi dello stesso film, ma anche nella stessa scena.
Si potrebbe anche sostenere che Robin Williams, nella sua carriera, sia stato l’attore dei lungometraggi ispirati a fatti o più semplicemente a personaggi realmente esisti come l’aviere e speaker radiofonico Adrian Crounauer, proprio in ‘Good Morning, Viet-Nam’, l’anticonformista professor Keating in ‘L’attimo Fuggente’, il medico del sorriso ‘Patch Adams’, come anche nella pellicola drammatica recitata insieme a Robert De Niro ‘Risvegli’.
Nella maggior parte delle volte i suoi personaggi, sia che fossero ispirati da fatti veri o sia che fossero completamente inventati, rappresentavano l’anti-conformismo verso certe convinzioni, contro ad un sentir comune della società od a certe regole; soprattutto rappresentando l’uomo medio che affronta i pregiudizi e gli ostacoli della vita.
Tra i tanti personaggi, Robin Williams, è ricordato in modo particolare per il professor Keating in ‘La setta dei poeti estinti’, meglio conosciuto come ‘L’attimo Fuggente’. Ruolo che nel 1989, giusto trent’anni or sono, gli diede la consacrazione facendogli ottenere una seconda nomination all’Oscar.
In seguito arrivarono altri lungometraggi come: La leggenda del Re pescatore, Jumanji,Hook – Capitan Uncino, Mrs. Doubtfire, Cadillac man, Piume di struzzo, Flubber e tanti altri. In totale Robin Williams ha preso parte a ben 61 pellicole, di cui 24 pellicole solamente negli anni ‘90. L’ultima di quel decennio, datata 1999 e tratta dal racconto dello scrittore di fantascienza Isaac Asymov, dal titolo ‘L’uomo Bicentenario’, pubblicato nel 1976, lascia ancor più l’amaro in bocca per come ci ha lasciato. Il robot che intuisce, carpisce, per poi approfondire il concetto stesso di vita, fino a diventare un essere umano e giungere alla fine del percorso terreno per amore, rientra nei personaggi più emblematici di tutta la sua carriera. Senza dimenticare anche la sua attività di doppiaggio come in ‘Aladdin’ del 1992 ed Happy Feet 1 e 2, A.I. Intelligenza Artificiale e tanti altri cartoni della Disney.
Con l’inizio del nuovo millennio l’attore vira su ruoli più dark e meno legati alla figura della persona della porta accanto: One hour photo, Insomnia con Al Pacino, fungono un ulteriore salto di qualità. Dimostrando, anche se non ne aveva bisogno, di esser un completo professionista davanti alla macchina da presa. C’è da sottolineare che lo stesso attore, tra la fine degli ’80 e l’inizio del decennio successivo, era già vicino ad interpretare due ruoli oscuri: Joker, nel Batman di Tim Burton, e l’Enigmista, sempre avversario dell’uomo-pipistrello.
I ruoli più leggeri, comunque, non vengono tralasciati: la trilogia de ‘Una notte al museo’, di cui l’ultimo capitolo del 2014 è uscito postumo, ne è una piacevole conferma. L’anno prima della sua improvvisa scomparsa prende parte, seppur come ruolo secondario, al film biografico ‘The Butler – Un Maggiordomo alla Casa Bianca’ nelle vesti del Presidente Dwight Eisenower.
Proprio in quegli ultimi anni, dal 2006 in poi ed esattamente dieci anni fa, Robin Williams spaventa tutti con un malore per il quale si temette per la sua vita. Un malore provocato, quasi sicuramente, dai suoi continui eccessi. In quell’occasione fu un problema al cuore che lo fermò per diverso tempo, interrompendo la sua serie di spettacoli ‘One man show’. Senza dimenticare il problema di alcolismo che non compromise mai, e fortunatamente aggiungiamo noi, la sua brillante carriera.
Eppure dalla sua vita privata emerse anche il suo lato positivo: nel 1995 un suo amico, durante una gara di equitazione ebbe un incidente rimanendo paralizzato dalla testa in giù. Quella persona era Christopher Reeve, il compianto ‘Superman’ per quattro pellicole sul grande schermo dal 1978 al 1987, scomparso nell’ottobre del 2004. I due si conoscevano dai tempi della Juliard School. Robin Williams aiutò lo sfortunato collega a finanziare la ricerca sulle cellule staminali.
Sono trascorsi cinque anni esatti ormai dalla sua improvvisa scomparsa. Aveva 63 anni il giorno in cui decise di dire addio alla vita a causa di una malattia degenerativa. Lui che nei film cercava sempre di trovarne il senso, fino ad insegnarci a “succhiarne il midollo”; “di vedere oltre a ciò che si vede” senza dimenticare anche “di osservare le cose da angolazioni diverse”, “per non lasciarci anestetizzare ed intorpidire dall’indifferenza” e dai pregiudizi. Frasi dei due film più iconici: L’attimo Fuggente e Patch Adams; frasi non recitate ma pronunciate in maniera naturale, come il suo immenso talento che abbiamo ammirato e che, da un quinquennio, ci manca. Lui che per interpretare un professore che teneva a bada un ‘genio ribelle’, riuscì ad ottenere l’unico oscar della sua carriera dopo averlo sfiorato per ben tre volte. Il fil era ‘Will Hunting – Genio Ribelle’ in cui rimane memorabile il monologo sull’amore ed una battuta non prevista dal copione, tanto da far ridere anche il cameramen che riprendeva. S’immedesimò talmente tanto in quel ruolo non solamente perché era un talento naturale, ma semplicemente ‘il genio ribelle’ era lui: l’indimenticabile Robin Williams.
Testo a cura di Vincenzo Pepe