Il Carnevale di Venezia è una festa cittadina che si svolge con cadenza annuale nel capoluogo veneto. Si tratta di uno dei più conosciuti e apprezzati carnevali al mondo. Ciò che rende speciale l’edizione veneziana è che si tratta di un evento civile, non paesano, in cui è la municipalità stessa a organizzare grandissimi eventi e riunioni di popolo, che coinvolgono anche la classe dirigente. Non c’è tanto il sovvertimento dei ruoli, così come avviene in altri carnevali originali (per esempio c’è una festa romana in cui, per un giorno all’anno, i servi vengono serviti dai padroni). Per il 2021 non sono previste le solite feste e di folla a Venezia per il martedì grasso, che quest’anno cade il 16 febbraio, ci sarà solo il ricordo. Ma è giusto sapere cosa ci mancherà quest’anno.

Le sue origini sono antichissime: la prima testimonianza risale ad un documento del DogeVitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta. Con abitudini, tradizioni e usi differenti nel corso dei secoli, è sempre stata una celebrazione molto sentita e partecipata fino al 1797 quando, con la Caduta della Repubblica di Venezia e l’occupazione francese di Napoleone e con quella successiva austriaca, nel centro storico la lunghissima tradizione fu interrotta per timore di ribellioni. Solo nel 1979 ci fu la ripresa delle celebrazioni.
Il laboratorio artigianale Ca’ Macana a Venezia si occupa della creazione e vendita di maschere di carnevale veneziane in cartapesta dal 1986. In più di trent’anni di attività, il laboratorio ha contribuito a rivitalizzare e far conoscere nel mondo la tradizione antica delle maschere di Venezia. Grazie alla fedeltà, alle tecniche originali di produzione e all’offerta di prodotti sempre nuovi, Cà Macana è oggi una delle realtà più importanti e antiche riconosciute nel settore delle maschere di carnevale veneziane.

Le maschere sono sempre state le grandi protagoniste del Carnevale declinate come costumi, come travestimenti, come abito tradizionale. Tre sono le principali macrocategorie:
- le maschere che hanno origini nel teatro, nella Commedia dell’Arte. Le più famose sono Arlecchino, Pantalone, Pulcinella, Balanzone, il Capitano, Colombina e pochi altri che si declinano nelle tradizioni regionali. Queste maschere venivano molto usate a Venezia nel dare alla luce una sorta di show business ante litteram: molto prima che esistessero dei teatri veri e propri, i teatri stabili, Venezia esistevano impresari che organizzavano spettacoli per mercanti e pellegrini di passaggio;
- le maschere del Carnevale vero e proprio. Hanno origini antichissime, se ne parla in acluni documenti già nel 1100. Tra queste, una delle più celebri è Mataccino, la maschera del matto, folle, stravagante, vestito come una sorta di pagliaccio. Una maschera colorata e chiassosa. Segue la Gnaga, una maschera che rappresenta un uomo con la barba vestito da donna e occhi con un taglio da gatto. L’utilizzo di queste maschere era regolato e normato da leggi cittadine;
- le maschere di uso quotidiano. È la categoria più importante e al suo interno rientra la celebre Bauta. Erano un accessorio della vita quotidiana, venivano usate per non farsi riconoscere e rappresentavano una parte integrante del vestito tradizionale veneziano. La Moretta veniva utilizzata solo dalle donne ed era un elemento cardine durante i corteggiamenti, si poteva giocare con il svelare o meno la propria identità: La Moretta permetteva di portare una particolare attenzione al timbro della voce, considerato lo specchio dell’interiorità. Anche in questo caso, gli usi e costumi dell’utilizzo delle maschere erano normati da leggi dedicate.

La Bauta è la più celebre delle maschere di uso quotidiano, nonché la più importante: veniva usata come simbolo di chi si vuole integrare nella Venezia del Seicento e grazie ad essa la libertà individuale veniva espressa al massimo della sua potenzialità. Le persone dietro le maschere, infatti, diventavano “Signora maschera”, a prescindere da essere uomo oppure donna, e dalla classe sociale di appartenenza. Grazie alla Bauta, ci si poteva rivolgere anche a classi diverse dalla propria e la maschera, così utilizzata, aveva quindi anche la funzione di equalizzatore sociale. Questo è uno dei motivi per cui Venezia era chiamata la Serenissima Repubblica: le maschere davano idea di una società più libera.
La Bauta è caratterizzata da una forma triangolare che permette di respirare, mangiare, bere e parlare indossando la maschera e, grazie alla sua estrema funzionalità, la sua forma è rimasta immutata nel tempo. È sorretta da un cappello ed è molto comoda, tanto che veniva indossata per tutto il giorno. Era una maschera adatta sia agli uomini che alle donne e particolarmente versatile nei momenti di convivialità, motivo per cui sono molte le rappresentazioni pittoriche che riprendono scene di banchetti con i nobili invitati che indossano la Bauta.
La maschera della Bauta è parte di un mini-costume che comprendeva anche il cappello, un cappuccio e una mantellina di stoffa neri. In particolare, la lunghezza di quest’ultima e la decorazione, indicavano lo status di ricchezza e benessere del portatore.
Ca’ Macana vanta numerose collaborazioni di rilievo in ambito cinematografico tra le quali Le ali dell’amore (1997) diretto da Iain Softley con Helena Bonham Carter, Eyes Wide Shut (1999) diretto da Stanley Kubrick con Tom Cruise e Nicole Kidman, Casanova (2005), diretto da Lasse Hallstrom con Heath Ledger, e 50 sfumature di nero (2017) diretto da James Foley con Dakota Johnson e Jamie Dornan, oltre a fornire maschere per opere teatrali per il Teatro La Fenice di Venezia e l’Opera di Vienna.
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