Basquiat è ormai uno dei miti dell’America artistica anni Ottanta. Ma è bene ricordarsi che c’è stato un tempo in cui i graffiti non erano street art. Anzi, nel caso di Jean-Michel Basquiat da Brooklyn, la sua valenza sovversiva e dirompente è stata capita solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1988.
Famoso nella New York della Factory di Warhol e dello Studio 54 più per la sua liaison con Madonna e per il suo lifestyle bohemien che per le sue opere, Basquiat arriva a essere celebrato dal Mudec, Museo delle Culture di Milano, con una mostra che involontariamente mette a confronto l’arte metropolitana newyorkese con la matrice profonda da cui deriva: i totem africani esposti nelle sale accanto.
La mostra, di cui vi anticipiamo immagini, è divisa cronologicamente e parte dagli esordi degli di nota, arriva a toccare la prima personale dell’artista (di padre haitiano) che avvenne a Modena, per finire con i capolavori di immenso valore sociale e storico realizzati con Andy Warhol (ma mancano quelli a sei mani comprendenti anche Francesco Clemente).

Si parte con Lo studio in strada – 1980-81: Jean‐Michel Basquiat divenne famoso anzitutto per gli enigmatici graffiti firmati SAMO, che cominciarono ad apparire nelle strade di SoHo e del Lower East Side di New York nel 1977.
Modena, 1981: La prima esposizione personale di Basquiat in Italia fu organizzata nel maggio 1981 dal gallerista
Emilio Mazzoli. Si presentò per l’ultima volta come SAMO, troppo legato poi alla scena graffitista per rappresentarlo ulteriormente.
Arriva poi l’epoca de Lo studio di Prince Street, 1981‐82: ci sono i lavori iconici dipinti nel seminterrato della galleria di Annina Nosei, a SoHo NYC.
A questa seguono i lavori de Lo studio di Crosby Street, 1982‐83: il loft al primo piano vicino alla galleria della Nosei, dove lavorava indisturbato, rincorso dai collezionisti, in compagnia di amici e perditempo accolti in un grande spazio.
Ci sono poi al Mudec le opere risalenti all’epoca dello Studio di Great Jones Street (1984-88), che inglobano quelli con Andy Warhol. Il maestro della pop-art, che è risaputo, non faceva niente per niente, gli affittò un’antica rimessa per carrozze nel quartiere di NoHo.
Da qui nascono i Collaboration Paintings del 1984/85, su idea del gallerista Bruno Bischofberger, che propose a Basquiat, Francesco Clemente e Andy Warhol di dipingere sulla stessa tela, assieme. In tutto fecero 15 quadri a sei mani. Poi Basquiat e Warhol ne fecero altri, considerati il punto più alto della pop art anni Ottanta, che vedrete al Mudec di Milano.
La mostra è curata da Jeffrey Deitch, amico e critico dell’artista (ha diretto il Moca di Los Angeles) e da Gianni Mercurio, il suo corrispettivo italiano. In esposizione 140 lavori (1980-1987) dagli stili più disparati: multimateriali, quadri, dipinti, piatti di ceramica con tutti gli artisti di ogni epoca disegnati ironicamenti dal compianto artista.