Vincenzo Incenzo, autore di indimenticati brani musicali per Renato Zero, Lucio Dalla, Antonello Venditti, Sergio Endrigo, Michele Zarrillo, Franco Califano, oggi dice: Voglio lasciare una traccia svincolata dal tempo.
E lo fa mentre pubblica “Comizi d’Amore” il suo primo album live in acustico.
“Comizi d’amore” celebra la grande produzione dell’artista, toccando sia il percorso autoriale(che lo ha visto firmare canzoni per Renato Zero, Lucio Dalla, Antonello Venditti, Sergio Endrigo, Michele Zarrillo, Franco Califano, Patty Pravo, Ornella Vanoni, PFM, Tosca e tanti altri) che quello cantautorale. Allo stesso tempo, il disco è il diario sonoro degli ultimi concerti che Vincenzo Incenzo ha tenuto in Italia, sia da solo con pianoforte e voce che con Jurij Ricotti (chitarre), Gianfranco Mauto (tastiere), Minji Kim (soprano) e con gli interventi agli archi di Enrico Renzi e Gennaro Della Monica.
Vincenzo Incenzo è presente come autore in 11 edizioni del Festival di Sanremo: tra i brani si ricordano “Cinque Giorni” (Michele Zarrillo), “Che sarà di me” (Massimo Di Cataldo), “L’elefante e la farfalla” (Michele Zarrillo), “L’acrobata” (Michele Zarrillo), “Il passo silenzioso della neve” (Valentina Giovagnini), “Un altro amore no” (Lorella Cuccarini), “L’alfabeto degli amanti” (Michele Zarrillo) e “Nel perdono” (Al Bano). Vanta inoltre una collaborazione con Papa Francesco per il brano “La Madre”, cantato da Mijares. Nel 2018 è uscito “Credo”, il suo primo album da cantautore, prodotto da Renato Zero. Segue nel 2020 l’album romantico e politico (disponibile in italiano e in spagnolo) “Ego”, nato da una profonda riflessione dell’artista e che racconta tutta la sua rabbia, il suo spaesamento sociale e il suo bisogno d’amore. Le forti tematiche sociali della mistificazione dei media, del patto sociale infranto, del disorientamento dei giovani e degli ideali perduti vengono affrontati anche in “Zoo”, il terzo album in studio uscito nel 2022.
L’album contiene la title track “Comizi d’amore”, l’inedito-manifesto pensato per pianoforte ed archi, una dedica appassionata e struggente d’amore e di impegno civile. Il titolo dell’inedito e del disco si rifà all’omonimo documentario di Pier Paolo Pasolini(a cui nell’album è dedicato il brano “Pierpaolo”, scritto da Vincenzo Incenzo per Franco Califano).
Ascoltando l’album mi sono chiesto, come mai ad un certo punto un cantautore, un autore decide di riproporre brani che aveva scritto per altri artisti come ad esempio Cinque giorni o L’elefante e la farfalla che sono contenute nell’album. Allora ho pensato alla risposta e cioè che quando sono state pubblicate queste canzoni, molti, per ragioni anagrafiche e di esperienze allora vissute, non hanno colto il significato di quei testi. Riproporre queste canzoni, a distanza di anni, dà a loro la possibilità di comprenderle.
“Guarda, è una ottima risposta! Io non voglio dire che in questo esperimento ci sia anche una componente didattica perché io da anni faccio corsi di scrittura per i ragazzi e mi piace farlo ma il riproporre all’attenzione delle nuove generazioni metodi, strategia e modelli di scrittura è un aspetto a cui tenevo moltissimo. Fare una fotografia della parte della musica in cui io sono “responsabile” mi sembrava doveroso per me, per fare una sorta di punto e a capo, soprattutto per lasciare una testimonianza ad ampio spettro alle nuove generazioni. A rafforzare questa mia intenzione è l’aver svincolato i brani da qualsiasi forma di arrangiamento perchè, solo con il piano o con altri pochissimi strumenti in alcuni brani dell’album, la canzone ritorna al momento nel quale è stata scritta e quindi se ne possono leggere in filigrana tutti i codici e tutti i passaggi e mi sembrava doveroso farlo perché queste canzoni ci stanno salutando e non so quali altre possibilità avranno in futuro di essere ascoltate. Quindi, questo esperimento, nasce con una volontà doppia di fare un mio resoconto che è poi quello che faccio nei concerti con una scaletta che alterna l’essere autore e cantautore. Mi chiedono: “Ma tu non hai scelto cosa fare?” Ed rispondo che invece ho scelto di fare proprio questo passaggio liquido tra un canale e l’altro e ci metto anche il teatro dentro. Poi l’altra volontà è di offrire alle nuove generazioni un quadro, il più possibile esaustivo, di tanti modelli di scrittura perché sono canzoni molto diverse tra loro, scritte per artisti diversi e lasciare quello che si spera sempre di lasciare, cioè una piccola traccia.”
L’elefante e la farfalla, che ha un testo meraviglioso, è ricco di metafore è un viaggio all’interno della propria parte più profonda.
“Ho sempre pensato che chi scrive deve rompere la continuità. Noi siamo andati a Sanremo con una brano, L’Elefante e la farfalla, che era completamente fuori dal contesto di quel periodo. Portai a Sanremo Giovani una giovane artista, Valentina Giovagnini che purtroppo ora non c’è più, in quel brano che è “Il passo silenzioso della neve” abbiamo mischiato l’elettronica con le cornamuse. L’idea è stata sempre quella di non fare ciò che si stava facendo in quel preciso periodo ma non per andare sempre in modo ostinato e contrario ma solo per essere liberi e se stessi, scrivendo ciò che uno sentiva. Oggi trovo che le canzoni siano un po’ compilative nel senso che si devono andare a riempire delle caselle con quel beat, con quelle frasi, con quell’arrangiamento, con quel suono, la voce con l’autotune e diventa un compito che livella tutto, tra loro un po’ si assomigliano. Questo lo trovo un po’ preoccupante pur riconoscendo all’interno di queste nuove generazioni tanto talento. Prima c’era un po’ più di libertà anche andare con canzoni svincolate da qualsiasi anagrafe e moda del momento anche perché c’erano persone illuminate come, ad esempio, Pippo Baudo che accettava la sfida con le canzoni.”
Comizi d’amore che dà il titolo all’album cosa ci racconta?
“In questo momento è la canzone a cui voglio più bene perché è nata con una riflessione profonda che è un atteggiamento nel quale mi sto mettendo spesso oggi quando vado a scrivere ed è il concetto di lasciare una traccia svincolata dal concetto tempo. Mi piace pensare che questo disco, suonato solo con il pianoforte, possa essere ascoltato anche tra cinquant’anni con la stessa freschezza proprio perché non ubbidisce a regole del momento. Spesso mi pongo in una dimensione diversa, ora userò una parola molto forte, mi pongo come fossi già morto e quindi da un’altra dimensione guardo Vincenzo cosa sta facendo e lì scattano altri parametri, scatta un’altra tenerezza ed un altro modo di vedere la vita, anche più coraggioso. Lo dico anche nella canzone “Non mi spaventa più niente” perchè non devo combattere più con nessuno, non devo combattere più con le classifiche, sono una persona che ha un atteggiamento positivo nella vita e vado incontro alle persone in maniera molto coraggiosa senza aver paura del pudore, senza vergogna di ostentare i propri sentimenti e questo mi da una forza nuova nella scrittura. Volevo raccontare poi il desiderio di comunicare in un mondo che non ascolta, la canzone è tutta volta a questa idea di voler fermare qualcuno per strada come un pazzo, perché oggi se qualcuno dice cose di un certo tipo è fuori contesto, se tu oggi dici ad una persona ti voglio bene ormai vieni quasi equivocato. Quindi è il racconto di un tentativo di comunicare in un mondo sordo, completamente accecato dall’attimo che segue e quindi non c’è stratificazione di nulla, tutto passa e tutto si dimentica e invece c’è la volontà di qualcuno di andarsi a sfracellare perché sa già che è un tentativo disperato. Penso sia come mettere un seme in un terreno che magari, più avanti, diventerà una pianta o un albero.”
Abbiamo paura di ascoltare perché non ascoltare soddisfa il nostro bisogno di sicurezza invece un ascolto profondo e sincero ci aiuterebbe a lasciare la nostra area di comfort e farlo a volte ci spaventa. Preferiamo proiettarci verso un futuro che ancora non c’è o ricordiamo ciò che è passato, perdendo l’attimo presente.
“Sono d’accordo, noi abbiamo la convinzione di essere eterni, che domani possiamo recuperare quello che perdiamo oggi ed io a questa cosa non credo perché ogni attimo è irripetibile. Noi abbiamo uno strumento straordinario come le canzoni e certe volte dico: “Ma quante occasioni perse da alcuni artisti importanti per lasciare dei messaggi al di là di quello che poi si esaurisce nel corso di un’estate, hanno megafoni ed uditori che io non ho ed è un peccato”. In altre epoche, pensiamo a Dalla, De Gregori e De Andrè, hanno fatto società ed hanno suggerito comportamenti, hanno anticipato pensieri aprendo piccole e grandi rivoluzioni. Le canzoni sono state delle sentinelle in epoche passate, oggi hanno perso questo ruolo ed è davvero un peccato mortale perché non so se esistono forme così dirette ed immediate di comunicazione. Abbiamo perso uno strumento importante di comunicazione e condivisione in un’epoca nella quale pensiamo di condividere tutto ed invece perdiamo questa opportunità.”
L’ascolto di questo album ti dà una visione globale della parte sociale e della sfera più intima. È come se, prendendo spunto dalla copertina dell’album, tu avessi messo il megafono al cuore.
“Sono d’accordissimo. Renato Zero ha prodotto il mio primo album “Credo”, spingendomi con forza a tornare a fare quello che facevo a 18 anni perchè per venticinque anni poi sono stato piacevolmente travolto dal ruolo di autore, ed una volta ha ascoltato una canzone prettamente d’amore e mi disse: “Ma tu anche quando parli d’amore sei anche sociale, la canzone d’amore e basta non ti appartiene”. Ed in questo c’è un po’ una verità, vedi L’elefante e la farfalla alla fine sono metafore di altro anche di inadeguatezza sociale. C’è sempre stato questo sfondo che mi piaceva tanto come nella produzione di qualche decennio fa di Venditti che parlava di Sara ma dietro c’era la città, la scuola, la famiglia ed i problemi sociali. Io ho sempre pensato che l’amore acquisti più forza se collocato all’interno della dimensione nella quale questo amore si sta esprimendo. Allo stesso tempo se si guarda la politica ed il sociale e si mette un cuore dentro possono assumere un altro connotato. Credo nel non confine nei due campi e nelle canzoni ho sempre cercato di mantenere questo doppio binario e il titolo di Pasolini mi sembrava perfetto in questo senso. Con tutta l’ingenuità di voler fare un comizio d’amore, come un pazzo che si mette in un parco pubblico e comincia a parlare come se fosse un profeta. Io lo penso in una dimensione temporale allargata, forse non adesso ma più avanti bisognerà farsi trovare di nuovo pronti perché si sentirà il bisogno di farsi toccare di nuovo il cuore. L’uomo è nato per questo, non può resistere a lungo lontano da emozioni e sentimenti.”
Quindi secondo te cos’è l’amore? Perché io penso che l’amore sia un vuoto che assorbe tutte le emozioni e le vibrazioni che l’altro ci trasmette è come se tra due persone ci fosse uno scambio di emozioni, sensazioni e vibrazioni che vanno a riempire questo vuoto che c’è in ognuno di noi.
“Penso che l’amore sia una forma di resurrezione laica, terrena. Siamo in una sorta di apnea in cui viviamo e facciamo tutto con tranquillità fino a quando non arriva qualcuno che viene ad illuminare tutto e ci dà una seconda vita. È come un rinascere ogni volta, è come un qualcosa che ti rifocalizza che ridà valore alle cose intorno a te e che ti fa innamorare anche degli oggetti banali che ti circondano, della strada sulla quale cammini. Credo sia una lente d’ingrandimento sul mondo che rende tutto più grande. Diventa un elastico che allarga tutto, che ti fa vedere dove gli altri non vedono, che ti fa ascoltare dove gli altri non ascoltano ed è qualcosa che ti arriva da qualcun altro. L’aspetto doloroso è che tutti potenzialmente possiamo essere dei fari per qualcun altro e molto spesso rimaniamo spenti con un potenziale elevatissimo, torniamo ad esempio a L’Elefante e la farfalla, e non trovano la possibilità di esprimerlo. Io penso sia una grande fortuna quando capita e come dici tu, quanto questo vuoto si riempie è il momento della rinascita. Si rinasce una volta sola o anche tre e mi viene da pensare al significato che i latini davano alla parola autore perché si diventa autori nella vita di qualcun altro, autore è colui che allarga il mondo e che lo amplifica. Per me è questo, è qualcuno che viene a fare una rieducazione a ristabilire un ordine di priorità, a fare luce dentro te stesso, a tirare fuori cose che tu tenevi chiuse e nascoste per paura, pudore o inadeguatezza. Quando questo accade per me è sempre un miracolo. Da zero a tutto chi te lo dà? Soltanto una persona che arriva nella tua vita e viene ad illuminarla.”