La corrispondenza tra arte e business, quell’esatto punto di incontro che fa storcere il naso ai puristi, ha portato fortuna a un audace manager e appassionato d’arte. Ha costruito una carriera, una galleria d’arte che si chiama Univocal Gallery a Palazzolo sull’Oglio a Brescia, e un percorso per Air Daryal, l’artista di Brescia tra le più quotate in Italia. Ma per Vanni Rinaldi, art manager di 30 anni, si è trattato di un’affermazione in ascesa laboriosa, partendo da molto lontano.
Figlio di imprenditori bergamaschi che gestivano la gloriosa azienda di famiglia Fratelli Rinaldi che produce attrezzi agricoli da 200anni, Vanni sin da piccolo è stato attorniato da bellezza. Con i risparmi sudati dalla gestione del business, i genitori avevano investito in opere di artisti contemporanei. “In quegli anni – ci racconta – ho ereditato la passione per il collezionismo e mi sono interessato all’aspetto della conoscenza e divulgazione. Mi ha fatto male vedere acquisti mal consigliati da parte di galleristi che facevano leva sulla disinformazione”.
E come hai deciso di intraprendere il percorso di art manager?
Quello che mi ha mosso è stata la passione per l’arte. E soprattutto il desiderio di aiutare tante persone che vogliono puntare su pezzi d’arte in modo consapevole. Dall’altra parte mi sono messo nei panni degli artisti emergenti: più si sviluppa un collezionismo responsabile e fondato su corrette informazioni, più c’è la possibilità per gli artisti stessi di farsi largo nel mercato.
Nei tuoi video sul seguitissimo canale Instagram spesso parli di arte antica e di quanto la sua eredità sia ancora forte oggi. Che differenza c’è tra gli artisti di adesso e quelli di un tempo?
Credo nell’arte e nel mercato che la sostiene. Un vero artista di oggi può avere il talento ma se non ha i mezzi di confrontarsi con il pubblico è un creativo a metà. Io intervengo in questo campo, le mie competenze nel marketing che mi hanno spinto 10 anni fa ad aprire la galleria di artisti storicizzati servono proprio a sostenere produzioni valide e acquisti in linea con le aspettative dei clienti.
Come sei riuscito a differenziarti dagli altri?
La politica che mi muoveva era di garantire ai collezionisti lo stesso valore per cui avevano iniziato ad acquistare le opere e mi concentrai sull’aspetto finanziario. Poi ho acquisito le competenze necessarie per essere io stesso a scoprire talenti e costruire percorsi artistici validi.
Oggi che ti dicono i tuoi genitori?
Sono contenti con me, e io sono riconoscente con loro. La cosa buffa è che grazie al successo della mia attività sono adesso loro a chiedermi consigli e anche sostegno. Erano appassionati ma anche mossi dalla necessità della diversificazione degli investimenti. Ho imparato tanto da queste esigenze che vedevo in casa. E anche loro adesso diffidano dagli acquisti dettati solo dall’entusiasmo dei trend.
Poi nel tuo percorso è arrivata Air Daryal.
Ero stufo di lavorare con artisti legati ad altri. E ho sentito la necessità di trovare un’artista mia, che fosse corrispondente anche al mio gusto. Anche qui è stata una questione di feeling, per abbracciare un progetto deve restituirmi belle sensazioni. Air Daryal parte dalle lezioni inconfutabili di Caravaggio, Raffaello, Canaletto. Io ero estasiato nel vedere una pittrice rielaborare i concetti di prospettiva e utilizzo delle luci e ombre. Era competente nella storia e molto radicata nella contemporaneità. Ho pensato fosse quella giusta per iniziare il mio cambiamento professionale.
Da consulente finanziario legato all’arte sei diventato curatore…
Sì, abbiamo fatto contratto con la sua produzione nel 2014 e subito ha vinto un premio scelta su mille opere a Verona. Poi le ho creato un sito internet, dal quale sono arrivati molto clienti e complice l’esposizione su Facebook e Instagram durante il Covid, le vendite sono decollate. Il grande boom è arrivato quando le sue opere sono apparse nel film di Mick Jagger “La tela dell’inganno” di Giuseppe Capotondi.
Come si amministra un boom mediatico e di mercato improvviso?
Abbiamo percorso la strada delle fiere, abbiamo dedicato ad Air 9 solo show tra Genova, Bergamo, Padova, Verona e per fortuna abbiamo sempre venduto. Per noi si trattava anche di un’opportunità di incontrare i clienti, raccontare la nostra storia, distribuire cataloghi.
Perché secondo te in questo momento funziona l’arte di Air Daryal?
Ha avuto un’evoluzione pittorica in ogni anno. Abbiamo dedicato a lei 4 grandi mostre museali: la prima The Shining Hardness alla fondazione Maimeri a cura di Angelo Crespi, la seconda The White Shadows presso un ex chiesa a Sarnico a cura di Luca Beatrice, la terza Write Your Era a cura di Elisabetta Roncati nel 2021 e nel 2022 l’ultima Hic Sunt Leones a cura di Cesare Orler che ha aperto la prima galleria d’arte con all’interno un esclusivo wine bar a Brescia. Siamo arrivati a vendere i grandi formati anche a quotazioni superiori ai 20000 euro
Ci sono strategie diverse da adottare per sostenere l’ascesa di un nuovo nome nel campo dell’arte?
Curando il sito, i social, avendo contatti costanti con curatori e stampa, si è sempre esposti al giudizio e si fiuta il vento. Finora non abbiamo concesso nulla dell’archivio che abbiamo costituito, lo gestiamo in esclusiva perché vogliamo preservare il mercato.
Ti senti fortunato in questa scoperta?
Ritengo Air Daryal una delle migliori artiste italiane e grazie a questo incontro sono riuscito a specializzarmi in questo. Il gallerista classico sta scomparendo e deve sopravvivere come consulente e manager. Questo, al contrario di quanto si possa pensare, è un mestiere in continua evoluzione, il gallerista deve diventare un consulente in toto per l’artista.
Siete ormai conosciuti in tutto il mondo. Come accogliete i collezionisti in Italia?
Ho una home gallery in Franciacorta dove accolgo i miei collezionisti. Si tratta di un posto che già attira curiosità per il territorio, il fatto di riceverli in un ambiente informale a tu per tu trasmette una grande sensazione di vicinanza e aiuta i collezionisti ad immaginare le opere come fossero già a casa propria.
Che consiglio ti senti di dare agli artisti emergenti?
Il mercato è vastissimo, specie dopo la pandemia e grazie al web si contano 5 milioni di artisti nel mondo che cercano di farsi notare. Io credo ancora nell’incontro, nella comprensione delle reciproche aspettative. Le operazioni che hanno avuto più successo, per quanto mi riguarda, sono quelle dove ho avuto la possibilità di conoscere la poetica, le opere, la storia personale dell’artista.
Che spirito anima la tua comunicazione sui social?
Nessuno racconta cosa significa pagare uno stand, vedere i successi e fallimenti dell’imprenditore dell’arte che si alternano. Volevo dare questo segnale di apertura, mettermi in prima persona al centro di un’informazione sincera che non si vede altrove.
Nei tuoi progetti online c’è anche la consulenza conoscitiva a distanza. Cosa ti chiedono gli artisti che si rivolgono a te?
Se mi chiedono dei suggerimenti stilistici, io rilancio sempre: hai un’urgenza? Quale è la tua storia che vuoi trasmettere? Sarei presuntuoso nell’indicare un genere o indirizzare secondo un mio gusto personale. Meglio concentrarsi sul capire il potenziale e calibrarlo in maniera equilibrata.
Sembri naturalmente predisposto ai rapporti umani. Sei sempre stato così?
Mi ha aiutato tanto il teatro, ho recitato per molti anni. Lo scendere per terra, essere umile e osservare l’altro senza pregiudizi e senza preconcetti è stato un grande insegnamento
Cosa ci vuole per entrare nella scuderia di Vanni Rinaldi o attirare la sua intenzione?
Urgenza, identità e perseveranza. Perché l’arte specialmente nell’arte concettuale deve far capire il potenziale e questo si intuisce nel tempo. Se colpisce la sua storia, deve poterla tramandare e raccontare.
Quali sono le tendenze del mercato in questo momento?
Le vendite stanno premiando molto la pop art e street art, cioè in fin dei conti la pubblicità inserita nell’arte che continua a ripetersi quindi è arrivata a un punto alto e non può per sempre restare a questi livelli.
Cosa ti aspetti dal mercato per il futuro?
La street art stessa si ribellerà perché è nata per la strada e non per essere venduta o fruita al chiuso. La figurazione di talento e l’astrazione di talento saranno sempre ben quotate. In Italia sono da tener d’occhio Luca Pignatelli, Marcello Lo Giudice e Rudolph Stinger. Sono maestri che hanno identità e che non si vendono alle mode passeggere.
Tra quelli affermati chi ti piace?
Jago è bravo, irriverente quanto basta, ha una forte onestà intellettuale e ha fatto tutto da solo.
Ti sei sempre fidato del tuo istinto?
Nelle realtà più commerciali dove c’è meno snobbismo io ho sempre trovato molte cose interessanti. Non abbiamo bisogno di concetti fumosi che non si capiscono e che generano opere estremamente costose. Per questo stimo Deodato, la prima galleria quotata in Borsa, per me è un esempio di come si arriva al popolo. Lui ha reso persone normali compratori di quadri, un successo.
Sei giovane ma stai facendo tanto. Hai mai fatto un bilancio di quanto hai percorso finora?
A 30 anni nessuno si aspettava che riuscissi a fare un business attorno a quello che mi piace. Adesso sono riconosciuto ma ho dovuto cambiare tre vite per trovare quella giusta.