Le dimore dei musicisti hanno sempre un’allure particolare; sarà la magia degli strumenti musicali che incantano con le loro melodie, sarà il potere dell’immaginazione e delle note che raggiungono il cuore e spesso ne toccano le corde più profonde! Siamo stati in Lombardia, alle porte di Milano a casa di un pianista d’eccezione, Andrea Perugini: una villa dei primi decenni del Ventesimo secolo, circondata dal verde del curatissimo giardino.
Abbiamo chiesto all’artista di parlarci del suo amore per la musica e della sua casa: “Il mio primo incontro con la musica avvenne quando ero molto piccolo, nelle Marche, ci si andava in villeggiatura. Le mie zie suonavano chitarra e mandolino; cantavamo insieme, così, come per gioco, scoprivo il mondo dei suoni, attraverso il canto. Anche il suono dell’organo in chiesa mi rapiva: vedere l’organista all’opera mi sembrava una magia, avrei voluto io poter compiere lo stesso. A 12 anni ho iniziato a studiare seriamente il pianoforte, ho avuto la fortuna di incontrare una insegnante bravissima a cui devo tutto. Il mondo degli studi musicali era tutto per me. Le emozioni più belle e più forti le ho sperimentate nei miei primi saggi in pubblico, a Sesto San Giovanni. Ho completato gli studi di pianoforte -10 anni di corso – a vent’anni, quindi ho proseguito gli studi di composizione mentre già insegnavo la teoria musicale, il solfeggio, l’armonia e pianoforte. In questi primi anni di insegnamento nelle scuole di musica, ho anche iniziato a praticare la direzione del coro.
Durante i primi anni di insegnamento nelle scuole di musica ho iniziato a studiare l’organo. Nel 2003, sono stato chiamato a sostituire il maestro Luigi Toja assumendo la direzione del coro “Cappella musicale Pueri cantores” di Rho. Con il coro ho tenuto moltissimi concerti eseguendo polifonia vocale a cappella, musica per coro e orchestra, brani per coro e organo, repertorio corale per voci e pianoforte, suonando e dirigendo contemporaneamente”. La casa di Andrea risuona di musica; come egli stesso ci fa notare, ci sono tre pianoforti – due a coda (BÖsendorfer e Yamaha) e un verticale (Bechstein), un clavicembalo Wittmayer a coda lunga, un organo elettronico da studio. Nel suo studio si trova una vastissima collezione di spartiti per pianoforte, organo, musica da camera, opere, trattati teorici! Ma ciò che rapisce l’attenzione è lo stile univoco degli arredi, tutti in bilico tra i ruggenti anni Venti del Novecento e gli anni Sessanta. Il salotto, alla fine del corridoio di accesso alle stanze, è un tripudio di eleganza, tra sedute di velluto e silhouette di danzatrici che fanno parte di una piccola, deliziosa collezione dell’artista, sistemata sulla mensola del geometrico camino in marmo pregiato.
Altre silhouette sono stati posti in bella vista nella sala da pranzo. E poi, dipinti e ricercati abat-jour e i mobili in radica tutti in stile Déco che conferiscono agli ambienti quell’atmosfera rilassante che spesso le case dei musicisti riescono ad infondere. I pavimenti in graniglia sono il Fil Rouge degli ambienti, raccordati in una sequenza divisa tra zona giorno a sinistra della scalinata d’accesso e a destra dove sono le stanze della zona notte. Tutto è stato lasciato immutato in questo ultimo secolo, evitando di variarne la funzione originaria. La sala da pranzo ha un esprit votato agli anni anteguerra, caratterizzata da credenze basse in radica come il tavolo e le sedie. Un tono decisamente più classico è riservato alla stanza da letto padronale; le nuance del rosa del copriletto e della testiera richiamano le medesime tonalità delle poltrone del salotto. Dalla finestra, lo sguardo è rivolto al parco retrostante, in cui tra il verde del prato e al riparo da occhi indiscreti, sui rami degli alberi vive indisturbata una famiglia di scoiattoli.
Testo a cura di Teobaldo Fortunato