Una coppia che potrebbe essere da esempio per tutti quelli che cambiando vita hanno paura del futuro. Medellin e Gabriele Andriulli sono due personaggi pubblici che vanno a braccetto da un po’. Il primo, di cui vi avevamo parlato qui, ha avuto cambi di percorso repentini e sempre in evoluzione. Era un impiegato, poi diventato rapper. E si è completamente stravolto il fisico con tatuaggi e allenamento.
Di allenamento vive anche Gabriele Andriulli, 42 anni, fiorentino, che di professione ora fa il campione di bodybuilding. Con la particolarità che si allena in carrozzina, visto che oltre 10 anni fa è stato vittima di un grave incidente. “A unirci è il piano e la passione per costruirsi un fisico nuovo”, dice Medellin, che è molto orgoglioso di questa amicizia. “Passiamo del tempo insieme, ci miglioriamo, siamo amici sinceri da poco tempo ma come se fossimo sempre stati assieme. E abbiamo anche l’obiettivo comune di spingere le persone ad andare oltre le apparenze”.
Chiediamo a Gabriele : Come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti e trovati casualmente tramite i social. Medellin mi ha incuriosito subito, perché la prima cosa che ho visto era una clip dove suonava il pianoforte. Questo grande contrasto che c’è fra la sua estetica e ciò che tira fuori da una tastiera richiama per forza l’ attenzione: ho esplorato un po’ la sua storia quindi e poi mi ci sono messo in contatto, ed ho scoperto che dietro di lui c’ era un mondo enorme fatto di grande sensibilità e purezza d’ animo. Non nego che mi sono rivisto in lui, tutti giudichiamo dalla prima apparenza, e purtroppo sono vittima di questo anche io, ma il mondo che poi è dentro me è tutt’ altro. Credo di poterci in qualche modo definire gemelli diversi in questo senso.
La cosa più difficile per sfatare pregiudizi e discriminazione è?
Troppe persone si fermano alle apparenze. Siamo figli ormai di un mondo che corre veloce, che a volte non ha tempo di capire e neanche di provare a farlo. Si categorizza subito tutto e si da una posizione nel mondo a tutto, quando invece ci sono valori dentro le persone che non si vedono se non vuoi conoscerli. Credo che la parte più difficile sia sdoganare certi pregiudizi, nel mio caso specifico sul fatto che io abbia un handicap: a me non piace la parola diversamente abile, dico la verità, io non faccio più tutto come prima ma in maniera diversa come vorrebbe indicare la parola, semplicemente ci son cose che non posso più fare. Ma ho dovuto attingere ad una parte di me stesso che non conoscevo, ad un livello molto più profondo, ho dovuto ingigantire tutto quel che mi riusciva ed in qualche anche eccellere in ciò che amo fare per sopperire alla parte di me mancante.
Ti ha reso migliore?
Non lo so…però mi ha fatto scoprire una cosa fondamentale. Io non sono disabile, sono normalmente diverso dagli altri, ed ognuno di noi può lavorare sulle sue migliori qualità a disposizione perché in fondo tutti noi siamo normalmente diversi.
Due passioni in comune, il pianoforte e lo sport: cosa rappresentano per voi?
La musica per me è sempre stata importante. In realtà iniziai a suonare il pianoforte seriamente a dieci anni, dopo che in prima media la mia professoressa di musica mi diceva di non essere bravo,ed io mi ero invece intestardito di poterlo fare bene. E allora decisi per il pianoforte, perché mio nonno paterno era diplomato al conservatorio ed era un pianista. Inizia a suonare sul suo piano, che conservo oggi a casa mia, un vecchio piano verticale con i tasti in avorio ancora. Oggi ho anche un altro piano a coda in salotto, ed è stata una delle prima cose che ho comprato per casa mia, questo per farvi capire quanto ami lo strumento. Lo sport invece è il mezzo con cui oggi mi esprimo maggiormente: è diventato il mio lavoro anche da quando sono diventato un atleta professionista, nel 2013 in Usa, e da allora è stata storia. Sono l’ unico vincitore italiano di due Arnold Classic professionistici, due Toronto Pro professionistici, mi sono qualificato 6 volte al Mr. Olympia e sono arrivato tre volte secondo. Diciamo che è quel che mi riesce meglio oggi forse, anche se oltre questo parlo nelle aziende e nelle scuole di motivazione e superamento dei limiti. A volte è difficile esprimersi a parole, con il corpo lo è ancor di più, e forse ho voluto mettermi alla prova in questo sport proprio per questo. Comunicare con il corpo su un palco di bodybuilding è unico e difficile, è uno sport ghettizzato ma forse il più praticato al mondo, ed io lo amo profondamente. Oggi è parte inscindibile della mia vita, ed ho aperto anche uno studio di coaching per le persone che vogliono migliorare il proprio fisico mettendo a disposizione coach, nutrizionista, medico e personal trainers.
Volete essere di esempio per il pubblico che vi segue e perché?
La cosa più difficile è mostrare l’anima. Per caso mi sono ritrovato a 32 anni seduto su una sedia a rotelle dopo un incidente in auto in cui mi si è compresso il midollo spinale, e quando succedono certe cose nella vita prima ti segnano profondamente, poi ti insegnano cosa è la vita. Ecco la parte più difficile è far vedere un anima lacerata, si sa che le ferite del corpo man mano possono guarire, di certo non posso più camminare ma sono in salute e faccio ciò che amo nella vita; per l’ anima non funziona proprio così, alcune ferite sono così profonde che non guariscono mai. Ecco quel che vorrei realmente mostrare agli altri è questo: che tutti noi abbiamo delle ferite dentro che sarà impossibile far guarire, ma che alla fine tutti quanti possiamo comunque dare il massimo per arrivare un giorno ad una consapevolezza di noi stessi. E’ una cosa su cui sto lavorando molto, capire dove effettivamente posso arrivare nonostante la mia anima lacerata: in questo momento, nonostante il mio limite fisico sono il culturista professionista italiano più titolato nella storia…è stata una cosa difficile da fare, ma l’ ho fatta. E la continuo a fare mettendoci tutto me stesso. Ho messo via le ferite che ogni tanto gemono e mi sono concentrato su tutto quel che ho nella vita reale: vedo troppe persone fermarsi per mesi, anni o per tutta la vita. Ho avuto una grande perdita in famiglia, la mia prima nipote, io l’ho vista morire,e se oggi tutti mi dicono eroe, beh io dico che l’ eroe è mio fratello, il padre di questa mia nipote. Alla fine la vita finisce, e dovremmo invece ricordarci di questo grande dono che abbiamo ogni giorno di aprire gli occhi e decidere di crescere e migliorarci. Vorrei che tutti, per quanti problemi possano avere nella vita, avessero sempre bene in testa il valore di svegliarsi ogni mattina.