Lo spirito del viaggiatore vero, colui che abbraccia la novità, osserva e interiorizza le diversità, muove da sempre gli scritti di Massimo Baraldi. Lo scrittore di origine ligure ha da poco pubblicato il nuovo libro “Il giro del mondo in 80 bambini – 40 bambine e altrettanti bambini” , un volume che sta riscuotendo interesse non solo per le storie, narrate e illustrate (da Ida Mainenti) ma anche per la finalità. Ci sono raccolti scritti e testimonianze di 40 bambine e altrettanti bambini di ogni angolo del pianeta, con storie che abbracciano tutto il mondo, tutte le culture, tutte le religioni. Per bambini di ogni età.
“Il libro – ci racconta Baraldi – è stato pubblicato poco più di un anno fa e, seppur all’interno di un circuito limitato, mi sta dando delle belle soddisfazioni”.
Cosa c’è della tua infanzia in questo libro?
Imperia è stata una città difficile, l’adolescenza è stata un periodo conflittuale, ho perso mio padre in quegli anni. Mi sono riconciliato oggi con la città e ci torno con piacere, soprattutto perché il mare mi incanta. Sono cresciuto al mare, ho vissuto all’Isola d’Elba. Cerco sempre il mare, non necessariamente il Mediterraneo. Sylt l’isola tedesca amata dai ricchi, ha sulla punta meridionale l’incontro di due mari. Quando l’ho visitata la prima volta al vento, mi sono sentito come se non avessi mai visto il mare prima. Mi sono sentito felice.
Ti sei fatto un’idea del successo del tuo libro?
Si tratta di un’opera per ragazzi caratterizzata da uno spirito globale e inclusivo in cui 40 coppie di bimbi di età tra i 6 e gli 8 anni, in rappresentanza di altrettanti Paesi, raccontano la propria idea di sole, luna e nuvole: elementi familiari a chiunque indipendentemente dal livello culturale, dalla fascia sociale di appartenenza e dall’area geografica di provenienza.
Come hai scelto la provenienza dei protagonisti?
Alcuni dei piccoli ambasciatori vivono in grandi città e altri in zone rurali, alcuni sono nomadi e altri ancora autistici. I contributi sono espressi in forma di micro-racconto, da me liberamente elaborato nel rispetto dei contributi ricevuti, e i bambini rappresentati unicamente dal nome, il genere e il nome della località di riferimento. Ho voluto inserire le coordinate geografiche e altitudine rispetto al livello del mare.
Che viaggio è raccontato?
Il viaggio comincia in Irlanda, termina in Groenlandia e prevede un totale di 40 tappe, più una, in Siria, in altrettanti Paesi – ordinati in base al fuso orario. A rappresentare l’Italia è Catania, che ho scelto perché l’idea del libro è nata traversando lo Stretto: Sicilia e Calabria, già vicinissime, in quel momento erano unite da un ponte di nuvole. Al progetto hanno contribuito esponenti di rilievo del mondo religioso come Padre Ihor Boyko, rettore del Seminario Greco-Cattolico dello Spirito Santo a Leopoli in Ucraina, ma anche scuole di Groenlandia, Togo, Perù, Giappone, Isola di Pasqua, per citarne alcune. Ho anche attinto da realtà come l’Istituto Italiano di Cultura di Seoul e l’Istituto Culturale della Repubblica Islamica dell’Iran a Roma.
Cosa ti inorgoglisce di più di questa ultima pubblicazione?
Il libro, arricchito dalle illustrazioni di Ida Mainenti, è uscito un anno fa nella Giornata Mondiale della Gentilezza, per la salernitana Multimedia Edizioni (di Casa della Poesia di Baronissi). A oggi è stato accolto con entusiasmo in molte scuole di ogni ordine e grado, dove si è rivelato un utile strumento didattico in grado di ispirare progetti legati all’educazione ambientale e al dialogo inter-culturale.
Accanto al viaggio degli altri, dalle pagine si evince anche una grande propensione al viaggio che tu hai sempre avuto. Che vita è la tua?
La vita va vissuta esponendosi, in modo da poter regalare agli altri cose migliori. Ho sempre affrontato il viaggio con un pizzico di incoscienza, come i bambini e ricordo tutto quello che mi è capitato. La grande sorpresa è stata quella di essere accolto nella maggior parte dei casi. Gli interlocutori mi hanno sempre considerato amico. Da personaggi celebri come Philipe Daverio, che mi ha tenuto a casa per molte ore e ha tracciato un bilancio della sua vita, a persone comuni.
Dall’insieme dei tuoi testi, emerge la positività dei pensieri. Come si fa a restare positivi in questa epoca?
Ho un senso di sincera gratitudine verso il mondo e sento la necessità di preservarne la bellezza. Mi interessa diffondere la cultura della parità di genere e di rispetto delle differenze, promuovere il concetto di inclusione e di superamento delle distanze. Mi sento anche realizzato quando riesco a mettere in relazione identità diverse per mezzo di esperienze comuni. Così si valorizza la diversità delle culture, senza stereotipi e pregiudizi.
Il posto dove sei lascia un segno su di te?
Non mi lego tanto ai luoghi, non provo nostalgia alla partenza. Mi lego più alle persone che incontro nei luoghi.
Un incontro determinante per te?
Ho incontrato Jack Hirshman, poeta della Beat Generation, a Como nel 2003, e l’ho coinvolto successivamente in un reading a Chiari, in provincia di Brescia, alla Rassegna della Microeditoria. È nata un’amicizia, è diventato il mio padrino e quando veniva in Italia passava da Baronissi, in provincia di Salerno, alla Casa della Poesia, che è il mio piccolo editore.
Un libro può cambiare le persone?
Ne sono convinto. Risvegliare l’umanità attraverso le parole, questa è la vera sfida di chi scrive. Grazie al sostegno della BCC – Banca Campania Centro di Battipaglia, il mio libro è arrivato al Carcere di Eboli con un evento aperto ai detenuti e ai loro famigliari, ma anche al Centro La Tenda di Salerno, dove viene utilizzato dagli insegnanti che si occupano del doposcuola per i bambini stranieri.
E cosa hanno rappresentato le letture per te?
Sono i libri che mi hanno portato a viaggiare. Il mio primo lavoro l’ho trovato a Crotone mi sono imbarcato per sei mesi, lavoravo su un rimorchiatore gigante come assistenza alle piattaforme petrolifere. Ero insofferente a Imperia, ma la mia decisione ha comportato all’epoca molte resistenze famigliari. Ora mia madre è orgogliosa di me.
Ti senti realizzato o sei ancora in viaggio?
Sono un po’ incosciente, mi butto nelle cose, sono anche avventuroso. Ho voluto studiare il russo all’epoca della Perestrojka. A Mosca sono stato nel 1991, arrivai da vero sprovveduto, proprio nel momento in cui ha aperto il primo McDonald’s. Ricordo la meraviglia per il primo disco rock di Paul McCartney pubblicato dalla Melodia, “Snova In USSR”. Ma sono stato testimone di un periodo turbolento. Erano le letture dei poeti russi ad avermi spinto lì.
Su cosa fai più affidamento quando viaggi?
Ho avuto la fortuna di trovare sempre persone che mi hanno aiutato. In Brasile sono arrivato da perfetto sconosciuto da solo nel 1994 per il carnevale a Rio, nel mezzo di un grande cataclisma. Per me è stato spiazzante, vedere tante persone problematiche, poveri, la violenza. Però è stata una grande esperienza di vita e ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno seguito e protetto. Nello specifico bambini, che mi scortavano nelle zone più pericolose. Erano già adulti.
Nell’altro tuo libro di successo, “Tre giorni nella vita” hai chiesto a vari personaggi di fare un bilancio delle esperienze. Cosa ti ha sorpreso?
Quarantuno personaggi provano a condividere con me tre giorni della propria vita: uno bello, uno brutto e uno così-così. Le idee e le suggestioni le trovo nella vita, nelle mie passioni e in quello che ho scelto. Ascoltare quelle degli altri è un privilegio. Luciana Savignano, Letizia Battaglia, Nino Benvenuti, Donatella Cervi, mi hanno tutti sorpreso perché dalle loro scelte si capisce cosa hanno privilegiato.
Come si fa a fare le scelte giuste nella vita?
La voglia di scrivere mi è venuta ascoltando Bob Dylan, il senso musicale delle parole mi affascina. Questo è un esempio. Personalmente scelgo sempre delle strade che mi sorprendono, cercando di evidenziare la positività.
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