Una fondazione, un’accademia dove si impara quello che ha seminato in vita. E tanta riconoscenza da parte di chi lo ha seguito ed è venuto dopo di lui. Gualtiero Marchesi per la cucina italiana è un vero guru ed è costantemente ricordato. La Fondazione Gualtiero Marchesi, che da anni tutela il patrimonio che il grande chef ha lasciato alla nazione, è pronta a un grande passo: l’apertura della sede alla villa Mylius a Varese.
“La fondazione – dice a The Way Magazine il CEO attuale Enrico Dandolo, genero dello chef – è nata nel 2010 e tutti i nostri discendenti diventano soci fondatori nel momento in cui raggiungono 26 anni di età”. La Fondazione ha per il momento la sede storica a Milano ma presto verrà inaugurata una sede altrettanto prestigiosa, a Varese, all’interno di un parco pubblico. Lì si potrà realizzare, grazie a spazi generosi, il sogno dello chef, scomparso nel 2017, che voleva unire l’arte culinaria alla musica, pittura e teatro.
Marchesi diceva: “La cucina non è un fine, è un mezzo. È uno dei linguaggi con cui parlare a se stessi e al mondo e, per raggiungere questa dimensione, bisogna passare dalla condizione – imprescindibile – di esecutore a quella più indefinibile e profonda di compositore”. Nel giugno 2014 è stata inaugurata a Milano, nella storica via Bonvesin de la Riva, la prima sede dell’Accademia Gualtiero Marchesi, un luogo di studio, di apprendimento e di sperimentazione dove formare i cuochi e divulgare i principi di una sana alimentazione, dove la cucina e l’arte, in tutte le sue manifestazioni, dalla musica alla scultura, alla pittura, all’architettura, al teatro contribuiscono alla definizione del buono e del bello.
E Dandolo aggiunge: “I lavori della fondazione a Varese stanno rispettando anche le normative sull’inquinamento acustico del parco di troviamo. Spero manchi poco. Amplieremo il progetto di formazione per quanto riguarda cucina e sala, quindi tutto l’ambito della ristorazione. E creeremo un collegamento con le arti, perché la cucina è forma d’arte. Già lo facciamo con cuochi professionisti qui a Milano, diamo una visione artistica alla cucina, li facciamo ragionare con l’arte visiva e la creatività. Il piatto nuovo va creato partendo da una sensibilità artistica. Nella nuova sede verranno organizzati anche festival musicali“.
Per chi ha lavorato a stretto contatto con una mente rivoluzionaria, è facile immaginare un grande senso di nostalgia. Ma Dandolo è realista: “Mi manca poco perché lo sento particolarmente presente. Mi ha lasciato talmente tante idee da realizzare che mi riempie i giorni. Alcune volte mi manca la sua carica vitale, l’incredibile forza che gli faceva saltare gli ostacoli. Ma è di insegnamento per me”.
La figura di Gualtiero Marchesi è stata davvero innovativa. Dandolo riconosce di essere “molto attento a capire quando il pensiero di Marchesi rimane superato, ma finora non è successo, segno che le sue idee erano davvero un’avanguardia indiscutibile”.
L’eredità maggiore dello chef, e forse ancora l’Italia non se ne rende conto, è aver cambiato la percezione della cucina italiana all’estero. I francesi hanno sempre reclamato il primato, ma hanno altresì riconosciuto che la generosità dei nostri prodotti culinari, così diversificati, hanno fatto la nostra forza. “Raccolgo stima immensa – ricorda Enrico Dandolo riconoscendo il profondo solco tracciato dal lavoro del genero – Gualtiero ha stimolato un rinnovamento per i ristoratori italiani, li ha spinti a credere in quello che volevano raggiungere. Ha fatto in modo che la cucina italiana diventasse una delle prime al mondo. In questo percorso Gualtiero Marchesi è stato fondamentale, anche all’estero lo riconoscono. Pensano tutti che la rivoluzione sua sia stata trasferire un’idea in un piatto oltre gli ingredienti in primo piano. Ma devo anche dire che nel suo caso vale il detto ‘nemo propheta in patria’. Per quanto citato da noi, in Italia non c’è la considerazione del valore di quello che ha rappresentato per la cucina italiana. Siamo convinti che il potenziale che ha lasciato abbia rilevanza mondiale“.
A tal proposito Alain Ducasse, il celebrato cuoco monegasco, lo chef con più stelle nel mondo, nei ricordi di Dandolo diceva: “Gualtiero, mi dispiace che sei in Italia. Ma se fossi in Francia lo sarei di più perché saremo offuscati dalla tua immagine”. E in effetti il premio più importante che Marchesi ha avuto in vita è stato proprio dal Ministero della cultura francese: “Lo nominarono cavaliere delle arti e delle lettere, e fu il riconoscimento a cui teneva di più”, ricorda il CEO.