16 Settembre 2024

Chef Pierluigi Di Maio, l’ambasciatore del Cilento

La passione nata osservando la nonna. Il perfezionamento agli stellati. E il ritorno sul suo litorale, dove fonde con sapienza, sapori di mare e terra.

16 Settembre 2024

Chef Pierluigi Di Maio, l’ambasciatore del Cilento

La passione nata osservando la nonna. Il perfezionamento agli stellati. E il ritorno sul suo litorale, dove fonde con sapienza, sapori di mare e terra.

16 Settembre 2024

Chef Pierluigi Di Maio, l’ambasciatore del Cilento

La passione nata osservando la nonna. Il perfezionamento agli stellati. E il ritorno sul suo litorale, dove fonde con sapienza, sapori di mare e terra.

Partire dal posto dove è nata la dieta mediterranea, offre sicuramente una marcia in più. Ma possiamo dire che Pierluigi Di Maio, giovane chef sul trampolino di lancio grazie all’operato presso l’Hotel La Pinea ad Acciaroli, Salerno, si è fatto da solo. Fin dai 10 anni “Mia nonna mi insegnava le ricette della tradizione cilentana ma soprattutto mi aiutava a comprendere che il cibo può essere un modo per raccontare la tradizione, il presente e il futuro di un territorio“. La storia di Pierluigi parte dalla passione per la cucina in ambito familiare e decolla in un ambiente sempre più internazionale. “La passione era talmente forte che in segreto e di nascosto, di notte replicavo da solo quello che imparavo da mia nonna di giorno”.

C’era ovviamente una ripercussione in tutta questa storia affascinante. Pierluigi da piccolo pesava molto più del suo peso forma e ha dovuto impegnarsi per diventare il bello chef che oggi vediamo in questo shooting per The Way Magazine. Ma la stoffa, quella autentica per la cucina d’autore, l’ha sempre mostrata. Ora a 27 anni guida i menù dei diversi locali in una sola location di prestigio, dopo aver fatto esperienze in varie strutture, passando per l’alta cucina al fianco di chef stellati. Da qualche anno col ritorno in Cilento alla Pineta Hotel Beach & Spa (4 stelle lusso sul litorale di Acciaroli), Pierluigi si sente pienamente soddisfatto. “Qui ho piena disponibilità della proprietà e per la continua ricerca di prodotti di qualità. Qui è il posto unico dove cerchiamo di fondere mare, terra e aria del Cilento in un abbraccio autentico”.
La stagione dura sino al 3 novembre 2024, per poi ricominciare a marzo 2025: nel frattempo Pierluigi Di Maio ci ha raccontato più della sua attività.

Pierluigi Di Maio, dicci un pregio fondamentale per la buona organizzazione in cucina.

Mai litigare con la sala. Questo l’ho imparato a 14 anni, con la prima esperienza a Paestum nel primo ristorante dove ho prestato servizio. Quando sono tornato da professionista ad Acciaroli 7 anni fa ho fatto tesoro di quello che avevo imparato da piccolo. Un bravo cuoco deve saper interpretare anche le esigenze del cliente e di chi si cura del servire piatti.

La tua esperienza più formativa?

La grande palestra l’ho fatta in Trentino, a Brunico, presso l’unico 3 stelle dell’Alto Adige, Norbert Niederkofler. Erano tutti molto rigorosi, in un paese piccolo dove eravamo visti come i migliori, parte di un’istituzione di cui andare fieri. Lì mi sono reso conto di essere nel posto giusto, per organizzazione, per assimilazione di esperienze altrui.

Che insegnamento potresti dare a chi vuole seguire le tue orme?

Non sentirsi mai arrivato. In Trentino si respirava cucina ovunque, anche nel tempo libero. Questo è un mestiere che si ruba osservando. Le ricette, il modo di presentarle: ci vuole spirito di osservazione. E tanta velocità.

Cosa hai fatto a La Pineta ad Acciaroli appena arrivato?

L’organizzazione della cucina è stata stravolta da me, complice una grande disponibilità da parte della proprietà, che è una condizione fondamentale. La cucina sul mare è sempre aperta dalle otto alle undici di sera, in modo che ci sia sempre qualcosa da offrire a chi è in vacanza. E posso dire che con la brigata che mi sono costruito, siamo veloci e funziona tutto. C’è anche la grande libertà di poter concedermi fantasia nei piatti, il che è un completamento essenziale.

Che cucina proponi attualmente?

Menù di carne e pesce anche se io preferisco la qualità del pesce. Esaltarne il gusto è più semplice e naturale quando la qualità è buona. Questo ovviamente senza rovinare il gusto autentico, come nel mio spaghetto a vongole che è semplice ma con l’aggiunta del finocchietto selvatico cilentano. Mi sembra sia coerente, incontra il gusto della clientela e parla del nostro territorio.

Il Cilento aiuta in questo caso…

Certo, so di essere fortunato a poter avere a disposizione cacciagione locale, formaggi caprini, poter realizzare piatti unici coi legumi, verdure. Per la zuppa di ceci, che qui è un must, uso olio locale e crostone di pane fatto da noi come un tempo.

Una qualità che ti riconosci, seppur così giovane?

Lo chef deve saper osare, cambiare in meglio, lavorare in accordo con la brigata. Personalmente me la coltivo, mi piace avere dialogo e spiegare. Così come vado in sala a parlare coi clienti. E poi credo di essermi conquistato la fiducia dei proprietari, sono fortunato, ho potuto trovare una casa accogliente che è in accordo con la mia direzione. E questo agevola la fidelizzazione dei clienti, che in larga parte tornano.

Che cucina ti piace oltre la campana?

La cucina giapponese mi piace e a volte ne traggo ispirazione. Uso qualche fondo, una salsa particolare, spesso preferisco salare i piatti con la salsa di soia che offre anche la tostatura nel sapore. Il mio sogno è andare in Giappone e scoprire la loro cultura gastronomica. Credo che ogni buon cuoco debba andare e capire il rapporto dei giapponesi con l’arte della cucina.

Tu personalmente che cosa preferisci preparare?

C’è stato un momento in cui cucinavo anche per me, ma ora succede di rado. Voglio condivisione. Faccio assaggiare le mie affumicature, come per il puré di patate, un piatto dove molti pensano ci sia la provola. Mi piace giocare con le consistenze, in autunno inserisco qualcosa di stagionale nel menù del ristorante ma non troppo perché la gente si sente ancora in vacanza. Se fosse per me, starei in cucina tutto l’inverno. Come ambiente è molto più adatto rispetto alle temperature roventi delle ultime estati. Riconosco però che ci si esprime meglio con la cucina d’estate perché abbiamo, specie al Sud, più prodotti, sia dalla pesca che dai campi.

Sei uno chef che si lega molto alla terra?

Sì, esattamente, mi deriva dall’osservazione dell’azienda agricola di famiglia. Capisco di coltivazioni, di tempi di cottura anche per merito di questo background.

Che ne pensi delle tendenze in cucina?

A volte sono sopravvalutate. Per la mia Genovese, che ora ha invaso i social media, ho sempre usato la cipolla rossa di Tropea o la ramata bianca. Per gli abbinamenti, le mie teorie sono superiori ai trend del momento, devo pensarla così. Sono un fan della lunga cottura, mi piace il rito della preparazione che ti fa compagnia. Questo aspetto sicuramente è una conseguenza di tante domeniche passate con i miei a sentire i sughi in preparazione dalle sei del mattino.

Una cosa sorprendente del tuo lavoro?

Cuocere il polpo: l’ho imparato in Trentino, lì mi sono reso conto davvero di che significa cuocerlo nella sua acqua perché quando cotto a livello minimo esalta il sapore senza stressarlo. Altro aspetto imprevisto è quanto mi sia piaciuto abbracciare questo mestiere. Mia madre da adolescente mi metteva in guardia, avrei lavorato quando gli altri si divertono.

E invece?

Invece mi piace, sono contento di cucinare. Associo il cibo alla condivisione, la cucina è sempre stata felicità a casa mia. E continua a esserlo nella mia professione.

C’è una cosa che non fai mai nei tuoi piatti?

Usare le frattaglie, il quinto quarto. Non si può essere sicuri della salute dell’animale di cui si usa il fegato, il cuore o la milza. La vedo una proposta molto forte, non c’è garanzia.

Cosa hai imparato finora in questo ambiente?

Se non provo non posso giudicare. Ho imparato a non avere pregiudizi. Di recente ho assaggiato una tagliata di manzo con tartare di anguria e mi è piaciuta. Il tonno scottato con la pesca: un’eresia per molti, invece ho scoperto un abbinamento interessante.

Puoi suggerire ai lettori un qualcosa di tipico della tua cucina, magari da replicare?

Di Acciaioli consiglio piatti col gambero, alici, il riccio di mare. Sono prodotti ittici di grande gusto e qualità. So che molti vengono da me per la pasta alla Nerano. Uso lo spaghettone Rummo, trafilato al bronzo, la zucchina locale fritta in aglio e olio e basilico. Il tutto con la mantecatura del provolone del Monaco della costiera amalfitana. In cucina mi piacciono anche gli agrumi, che preferisco ai fiori eduli. E spesso creo piatti con pesci di fiume. La trota, ho imparato a cucinarla in Trentino perché lì il pesce è di questo tipo. Da noi uso l’anguilla, il pesce gatto e le aragostine di fiume, che sono molto dolci.

Chef Pierluigi Di Maio, attento narratore della sua passione per la cucina un boccone dopo l’altro, durante l’intervista a The Way Magazine. Lo chef aderisce al progetto Cilento Coast. Per seguire le sue novità qui.

Cosa fai nel tempo libero?

Mi piace la moto, quando parto mi concentro sulla strada e mi rilasso molto con la mia Africa Twin. Andare con curiosità nei ristoranti è una delle mie cose preferite, non per giudicare ma per imparare. Recentemente sono stato da Cracco a Milano e in Toscana. Mi piace l’idea di rivisitare la cucina della sagra di paese e quindi vado molto in giro in questi eventi, appena ho qualche ora libera. Ho preferito sempre l’autenticità che la discoteca o altro. E poi faccio sport, corro nel verde, ricordando di quando andavo da piccolo a caccia di funghi e asparagi con mio padre.

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Christian D'Antonio

Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it. Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia. Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
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