Non ama molto i social e soprattutto non li ritiene fondamentali per l’ascesa del suo personaggio. Ha sempre lavorato con la fatica della socialità reale, cercando di convincere le persone e bussando alle porte, portando il pubblico dalla sua parte. Ale Zuber, 41 anni, dj e soprattutto promoter della notte, oggi è anche uno scrittore. Buttati A Pesce: Come Affrontare Le Difficoltà Della Vita Credendo In Te Stesso e Diventando L’Artefice Del Tuo Successo (Bruno Editore) è stato bestseller di Amazo nelle prime giornate di vendita in questo dicembre. Un libro a cuore aperto, scritto bene e con la giusta dose di aneddotica avvincente, dall’anima metropolitana e dal cuore intimista. Zuber racconta tutto e mentre lo fa, ci immaginiamo anche la frenesia della Milano un attimo prima dell’exploit di Expo 2015, quando la notte era la patria di tendenze nuove e tanta mescolanza. “E pensare che non volevo nemmeno fare il dj all’inizio – ci dice presentandoci “Buttati a pesce” – Poi quando mi volevo avvicinare al mondo della notte, ho fatto il promoter. Ho smesso per diventare regista di moda per due anni. Da lì ho diretto i palchi di Miss Italia, Miss Universo…insomma, tante storie in una sola”.
Quando poi ha preso in mano le redini delle console, anche la tv si è interessato a lui. Ma Ale Zuber ha sempre rifiutato le richieste dei reality, nonostante le scelte simili abbiano fatto bene alla popolarità anche di amici suoi come Tommy V. “Buttati A Pesce: Come Affrontare Le Difficoltà Della Vita Credendo In Te Stesso e Diventando L’Artefice Del Tuo Successo” racconta di come un dj per caso diventa una star internazionale. “All’improvviso a Ibiza avevo la mia faccia ingigantita ovunque. Non avevo tempo per godermi quello che stato raccolgiendo. Poi è arrivato il Covid”.

Di colpo, come per tutti, nel 2020 la vita di Zuber cambia. Ma del resto già anni prima era cambiata in un altro senso. “Una sera per caso nel 2009 sono passato al Santa Tecla in centro a Milano. E mi sono chiesto: ma perché questo locale è sempre vuoto? Ho parlato con la proprietaria, pensai: sono fermo da due anni dal mondo dei club, voglio rimettermi in gioco. Credo che da quel momento sia nata la mia fama di rianimatore di club in disgrazia“. E infatti in un anno il Santa Tecla diventò fortissimo, con due party Punks for Prada e ClubHouse 80 che hanno fatto scuola. Sono diventate serate cult, “anche perché come tutti sanno Milano è stato sempre un laboratorio di sperimentazione. Al culmine della Techno io ho ideato le serate divertimento, nel mezzo dello scoppio della House ho introdotto il Reggaeton. Tutte scelte coraggiose che hanno pagato”.
Dopo tre anni nel 2012 la svolta per Ale Zuber, dopo aver comprato il locale Eleven nei pressi di Corso Como. Si è messo ai piatti, e allo stesso tempo la sua “cura” di risollevamento di posti in cui nessuno andava ha fatto altri successi.
“Vecchia scuola – ci racconta e si legge anche nel libro – significa fare pubbliche relazioni parlando con le persone, chiamare, tentare di rinnovare i locali. Anche diversificare. Io, al posto di fare solo specializzazioni con le one night, mi sono messo in gioco ai piatti e ho messo musica di diverse provenienze. Avevo ragione, le persone non rideranno mai di me se faccio il mischione, perché non sono conosciuto come un dj. Nessuno ci credeva, ho portato dei locali gay friendly a diventare un posto misto tra pubblico commerciale e gay. Quello è stato per esempio un matrimonio perfetto, come è successo al G Lounge, con un marchio Rich Bitch“.
Bussare alle porte non consocendo nessuno in Spagna ha portato altri traguardi al dj che si è “sempre buttato a pesce. Ho provato a contattare il Pineta a Formentera. Pensavo di essere forte, quella era un’isola italiana pià che spagnola e loro non avendo alternative, visto che erano caduti in disgrazia, mi hanno chiamato a luglio nel 2012 in piena stagione. Con i miei 8 più stretti collaboratori, ho fatto la squadra e in una settimana abbiamo fatto il botto, stando nella strada portando le persone ad amare il posto“.
La musica ha una grande incidenza nella risalita dei club, anche in questo periodo di ricostruzione. In questo aspetto, il libro di Ale è un vademecum per chi ne vuole capire di più. “Per l’isola io mi sono trasformato nel dj della festa, perché ci volevano serate per divertirci, cantare, cose che ormai nessuno faceva perché si prendevano tutti sul serio con i generi, gli steccati, i grandi divi della console. Io invece mettevo in sequenza canzoni che non avresti mai sentito altrove”.

Proprio il continuo viaggio l’ha avvicinato alla musica afroamericana della quale si è innamorato e della quale ne è diventato un vero ambasciatore. Masticando il rap e l’hiphop dei ghetti newyorkesi e il reggaeton delle isole caraibiche, Ale è riuscito a portare quell’energia e quella rabbia in Europa, specialmente in Italia e in Spagna, contando nel
suo calendario pre-covid più di 200 date l’anno e condividendo palchi con artisti del calibro di Nicky Jam, Busta Rhymes, Tyga, Anuel, Ozuna e Daddy Yankee. Il segreto del suo successo è contenuto nel libro che ha appena pubblicato.
L’audacia paga, ma anche la fortuna arriva a volte quando la ruota gira nel verso giusto. Su un volo Ale Zuber incontra un amico di vecchia data che era responsabile del Privilege nel 2015, il locale pià grande del mondo a Ibiza che aveva cambiato dj. E senza grandi preavvisi in 10 giorni, Ale lo rilancia, lavorando sulla strada con flyer, liste, inviti, incontri con le persone giuste. In Spagna in quel momento l’elettronica era al clou. “Ma come si faceva ad andare contro i mostri mondiali? Ho pensato di introdurre l’Hip Hop e Reggaeton nemmeno nei bar si facevano feste con quel genere. Ed è stato un exploit che è durato fino al 2018″.
Ad oggi, la prima notte al Privilege, forse, è stata la sua più grande emozione. Ed è anche il simbolo del perché il suo piacevole libro è un inno al coraggio degli imprenditori del divertimento. “All’una il club era vuoto, pensai: ok abbiamo lavorato per nulla ma ci abbiamo messo tutta l’energia che avevamo. Alle due arrivò qualche macchina, migliaia di persone poi erano in coda sulla strada dopo le due. La curiosità per la festa e la proposta di una musica nuova avevano premiato il nostro lavoro”.
Da quel giorno Ale è diventato icona della musica reggaeton e musica latina. Da lì è iniziata la salita. A Ibiza prima del Covid Zuber è stato l’artefice del successo del club Hï Ibiza . Le stagioni per anni si alternavano cos’: da maggio a ottobre in Spagna, a dicembre la programmazione nuova e a gennaio il flusso si muoveva verso Messico, tutti i dj di tutto il mondo seguivano il movimento per far PR tra lo Yucatan e Cancun. Ultra di Miami dettava le regole dei festival a marzo, Mykonos e Ibiza aprivano poi in tarda primavera. Oggi le cose possono essere un po’ più incerte, ma Zuber è legato a suoi valori che vanno oltre i trend del post-pandemia.
“Il futuro è sempre più la contaminazione, ho preso la nicchia e l’ho messa nel flusso mainstream e ha funzionato. Perché questa è la prima regola del commercio: puoi essere bravo ed eccellente ma per valicare i settori devi diventare commerciale per farti ascoltare da tutti, dalla massaia all’impiegato”.


