Il suo nome è Andrzej Brylski, noi lo chiameremo semplicemente Andrea, il ritrattista, l’artista. Una casa, la sua, dove il tempo è quello sospeso e magico dell’arte: passato e presente convivono o meglio si integrano, si confondono in un coacervo di intensa ed interessante vita vissuta che trasuda di opere d’arte. Ogni oggetto rimanda ad una storia, una trance de vie in cui si avverte la forza del vissuto e la quotidianità tout court. Gli arredi posizionati, collocati all’interno della casa, la cura, le scelte cromatiche tenui o più decise parlano di lui; si esprimono nel linguaggio dei segni, arcani o contemporanei, sublimi o forti che accomunano le persone speciali, quelle che non hanno bisogno di mille parole per dire, per raccontare storie di ieri o di oggi.
Chiediamo ad Andrea, facciamo parlare l’artista della sua esperienza; non un bilancio semmai gli chiediamo di indicarci i percorsi più agevoli per descrivere la sua arte: “Ho ritratto tanti intellettuali della mia terra natia, la Polonia: come l’attrice Beata Tyszkiewicz, ad esempio, nota per il film “La Bambola” del 1968, tratto dal celebre romanzo di Boleslaw Prus”. La sua dimora riflette quel mondo d’una parte d’Europa che impariamo a conoscere. Chi rappresentano i numerosi ritratti alle pareti di casa tua? “Qualche volto appartiene ai miei antenati, altri ritraggono amici d’un tempo, altri ancora sono le nuove presenze, gli amici recenti che si sono aggiunti nel corso degli anni. Infine, vi è quello di una giovane donna della prima metà del XIX secolo”. Noi aggiungiamo non senza un pizzico di civetteria, guardando intensamente il dipinto – tra l’altro di ottima fattura – che restituisce un’espressione algida, altera, ma non inquietante.
A quale epoca vanno ascritti gli eleganti arredi che vediamo nella tua casa? “Le porcellane, il letto a barca in chiara betulla di Carelia e una nobile commode, ereditati da mio nonno sono inquadrabili nella prima metà dell’Ottocento”. Accanto, nell’unico ambiente del palazzo antico in cui l’artista vive, è collocato l’elegante divano su cui siamo seduti a conversare, rivestito ancora con il tessuto originario. Andrea, le poltrone ed il divano in che periodo possono essere inquadrate? “Queste poltrone in piuma di mogano è possibile ascriverle al periodo denominato in Germania, in Austria ed in alcuni paesi dell’Est Europeo, Biedermeier – ovvero lo stile della borghesia – come il sontuoso secretaire di fattura polacca o forse teutonica del Secondo Impero su cui sono poggiate le porcellane di famiglia, russe, francesi, tedesche dell’Ottocento”.
Ma, oltre tutto questo ci sono ovunque memorabilia, schizzi di volti appena accennati e strumenti da lavoro: gli immancabili pennelli, le matite, le candide tele, le vernici, i pigmenti, i gessetti, gli oli che carpiscono sguardi attenti, trasognati, sereni, felici; colgono, fermano espressioni. Andrea ci parla del suo passato: “Sono originario di Zgierz, una media città della Polonia centrale, non lontano da Lodz, la mia città d’elezione dove mi sono formato studiando all’Accademia delle Belle Arti; più tardi, sono entrato nel mondo del cinema, quello impegnato degli anni ’70, quale costumista e poi direttore degli interni per film come “Il ritorno della Lupa” o “Lebbrosa” del 1976 per la regia di Jerzy Hoffman, tratto dal celebre romanzo rosa di Helena Mniszek”.
Torniamo alla piccola dimora del pictor, dove un kilim d’antan della metà del XVIII secolo è posto quale sfondo per una tenera Madonna di Czestochowa della medesima epoca. Delicate stoffe ecclesiastiche, ricamate d’oro su un ordito color avorio, fungono da preziose, quanto insolite ante per introdurre al living. Da Andrzej Brylski, come in molte case d’artisti, il profano ed il sacro convivono, in perfetto equilibrio, disancorati da ogni possibile paradigma. Né tendenze del momento, né mode: ogni singolo oggetto cela una storia, un luogo, un percorso remoto; non semplici curiosità, bibelots, piuttosto elementi che conferiscono al vissuto quell’esprit creativo e brioso, necessario ad affrontare la quotidianità. Le leggerissime tende poste a velare le tre finestre che danno sul cortile interno, sono agitate dal vento. Anche i fiori sui davanzali sembrano usciti dalle sue mani e dalla tavolozza cromatica, adagiata in qualche angolo della stanza. Sono illuminati dalla luce del mattino, nelle lunghe giornate d’estate, prima che le abbondanti piogge d’autunno ne rubino foglie e colori.
Testo a cura di Teobaldo Fortunato. Foto Piotr Maciejewski per The Way Magazine