Wrongonyou è Marco Zitelli, artista nato nel 1990 a Roma ma da sempre con lo sguardo e l’orecchio rivolti oltreoceano. Nella title track del suo nuovo disco (esce il 18 ottobre per Carosello), “Milano Parla Piano” canta: “Milano parla piano/almeno questa notte/siamo noi due soli/e ci prendiamo a botte. Milano parla piano/siamo costretti allʼombra/come le case in centro/sotto la torre Velasca”.
Nella piccola e non folta tradizione canora italiana che celebra la capitale del Nord (da Memo Remigi a Lucio Dalla), Wrongonyou ci sta bene. La sua è una richiesta alla città che lo ospita da un anno di calare in frenesia almeno per una sera: “Non ho ascoltato canzoni che avessero Milano al centro della narrazione, meglio lasciare spontaneamente che arrivasse questa. Per il mio primo disco in italiano, questo pezzo scritto con Zibba una domenica mattina d’inverno, sembrava perfeto. In modo quasi biografico, parlo di come vivo Milano e quello che mi trasmette il vivere in città, ma anche dal punto di vista di una coppia che ha una relazione abbastanza travagliata“.
La canzone prodotta da Fausto Cogliati, storico produttore degli Articolo 31, approda in suoni più pop ma mantiene una scrittura molto personale fedele a Wrongonyou: “Devo dire che sono davvero entusiasta del risultato finale. Inoltre ho avuto il vero piacere di poter ospitare Luca Colombo a suonare alcune chitarre in questo brano. Ho allargato gli ascolti, parto da John Frusciante e i Bon Iver di Justin Vernon e mi sono andato a ripescare quello che mi piaceva del cantautorato italiano degli anni 60″.
“KILLER” è uno dei brani più identificativi di Wrongonyou: con oltre due milioni di stream su Spotify, scelto da Virginia Raffaele per una sua esibizione durante il programma in prima serata su Rai 2 “Facciamo che io ero”.
Per identificare il suo nuovo corso, Marco sceglie “Più di prima“, una ballad elettronica che per lui è la migliore del disco: “Una delle ultime scritte, con tutta la coscienza di quanto è duro il mondo musicale e di quanto ho accusato certi meccanismi in balia delle onde, senza perdere mai la speranza e il coraggio di affrontare il mare”.
Altri picchi del disco sono “Perso Ormai” con un po’ di autotune che la rende contemporanea e al passo con quello che si sente dalle parti di Marco Mengoni, senza perdere di vista la complessità, anche ritmica che è il timbro di un disco molto pensato e curato.
“Ora” è stata scritta dal solo cantautore sul tram mentre andava in studio di registrazione: “Sono molto orgoglioso di averla finita in cinque minuti, è la canzone introspettiva del disco dove ci si fanno molte domande, senza trovare troppe risposte ma prendendo anche consapevolezza che il mondo in cui ci troviamo, non per forza quello musicale, non è quello che ci aspettavamo e quindi ora è il momento di contare sulle proprie forze e capire quali saranno i prossimi passi da fare”.
Delle potenzialità del giovane artista si erano accorti tutti. Fare un disco bello e complicato, maturo e coraggioso, ovviamente, è altra cosa. Vi assicuriamo che l’impresa è riuscita: “È stata una sfida non facile da superare, una sfida con me stesso. Mi sono approcciato ascoltando parecchia musica che sinora non avevo ascoltato con così tanta attenzione, includendo tutto il cantautorato dagli anni 60 ad oggi, passando anche per cantautori della mia generazione con i quali mi sono poi ritrovato a collaborare e confrontarmi. Musicalmente ho mantenuto tutto quello che è il mondo Wrongonyou ma aggiungendo nuove cose, come per esempio corni francesi, loop di voci pitchate, batterie programmate e altre cose. È stata lunga ma sono contento del risultato finale, anche perché il disco ha canzoni alle quali sono già parecchio affezionato”.
Il cantautore parla così dei suoi cambi di vita: “Oltre al cambio di lingua in questo disco c’è anche il cambio di città, ovvero sono passato dal vivere dalla campagna romana al pieno centro città milanese, quindi la mia scrittura è stata parecchio influenzata da questo cambio di paesaggi e di energie che mi hanno circondato in questo anno. Musicalmente mi ci sento molto, penso di essere in evoluzione, mi sono ritrovato molti accordi di chitarre e altro tra le mani, atmosfere sono tenute come quelle del primissimo EP Killer. Ho usato sonorità vocali che per l’inglese non vanno bene, sono stato molto presente in questo disco. Canto a modo mio, ho lasciato spazio ai produttori con un guinzaglio a strozzo per la musica. Quando andavano troppo sul pop, li tiravo”.
Milano è stato un incontro con le novità, “come imparare a mangiare l’arancia a 23 anni“, dice sorridendo.
“Mi sbaglio da un po’” è stata la primissima canzone scritta per il progetto, nel settembre 2018: “Me la volevo portare dietro perché era in inglese, le melodie sono cambiate ma il senso è rimasto uguale ,il finale gospel era in inglese ed era un pezzo di un’altra canzone che avevo scritto. Una canzone di passaggio, che riflette il momento in cui ho cambiato casa ed era perfetta metterci un pizzico di inglese”.
In realtà Wrongonyou ci racconta che non ha proprio lasciato Roma, ma la sua casa di campagna: “Abitavo nella campagna romana, 15 km dal centro, ero ai castelli, e per questo è stato netto il cambiamento. Avevo un bosco, un lago a 10 minuti di macchina, mentre a Milano vivo proprio al centro città. Quando ho iniziato a venire soffrivo il contrasto poi adesso mi piace molto vivere in città, mi ha ispirato a fare questo disco, anche nato dalle conoscenze nuove nel music business. E poi c’è un mondo attorno alla città, vado a pesca, cammino. Milano la trovo molto stimolante, mi ha aiutato a seguire bene gli obiettivi. Ai castelli la pigrizia era sempre dietro l’angolo, qui si lavora molto e forse a questi ritmi durerò 5 anni e poi me ne vado”.
Sul suo esordio in inglese ha una nuova visione: “Ho scritto 30 pezzi in inglesi anche molto gratificanti che però non sentivo totalmente miei, mi ero ripreomesso di fare pezzi per la radio, e a quel punto credo di aver perso la naturalezza. L’inglese era un filtro che uccideva l’immediatezza delle canzoni, mentre ora ho deciso di fare molto di pancia”.
Il processo, racconta, è iniziato in maniera insolita: “All’inizio ho fatto cover dell’italiano, il primo pezzo in italiano è stato “Solo io” che non è sul disco, perché non ero io, la sto riscrivendo, infatti”.
Milano Parla Piano messa al centro della traklist spezza il disco: “Per me è giusto parlare di cose belle e anche di parlare di cose più cupe, secondo me il disco è denso di emozioni, non volevo che fosse tutto bello, nella musica e nell’amore. Stavolta ho vissuto con meno ansia la produzione, a chi mi dice che ero meglio prima io rispondo che deve aspettare di ascoltare tutto per poter giudicare”.
Il 20 novembre da Bolgona, parte l’ “Atlante Tour” dal nome di un pezzo nel disco. “L’ho scritto con Dardust, con cui ho collaborato per la seconda volta. Siamo entrambi più maturi e con le idee chiare in testa. Volevamo fare un pezzo Urban e ci siamo riusciti. In più scrivere un testo ricco di contenuti insieme ad Alessandro Raina è stata la ciliegina sulla torta”. Il brano parla di una persona che, se anche ad una festa si può sentire sola, trova la sua metà e la sua forza, “addirittura da farla sentire un gigante come Atlante, in grado di reggere il mondo sulle sue spalle”.