Leave A Light On è uno dei maggiori successi di questo inverno e Tom Walker, ragazzo di Manchester nato nel 1991, proprio quando la città dove è cresciuto dava i natali al movimento di MadChester, è il nuovo idolo soul pop del panorama britannico.
Suonerà a Milano il 19 aprile (Santeria Social Club) ed è attualmente in vetta a Shazam e Spotify in quasi tutto il mondo. Anche nell’ostica America, dove ha suonato alla Nbc. Qui da noi è passato a Che Tempo Che Fa su Rai Uno e l’abbiamo incontrato il giorno dopo il suo debutto in Italia.
Come ci si sente a essere riconosciuto immediatamente per la propria canzone in tutto il mondo?
È l’effetto della popolarità sul web, è una cosa incredibile, nasce all’improvviso. Detto questo anche se fossi rimasto con la mia chitarra acustica a Manchester non avrei avuto problemi, la musica è tutto per me.
Che tipo di background hai?
Ho fatto tutti i tipi di lavoro, ma il mio piano B era fare lo chef. L’ho fatto quando ero più giovane, non molto esperto, ma ero ok. Quando degli amici mi hanno portato in Liguria non molto tempo fa ho subito voluto assaggiare il pesto e tutte le vostre ricette, adoro la lasagna.
Raccontaci del tuo passaggio a Glastonbury, il più grande festival del Regno Unito la scorsa estate.
Ero da spettatore, avevo deciso di andare in tenda per diversi giorni e così è stato, ero con 14 persone. Avevo comprato pure i biglietti. Poi è arrivata la possibilità di esibirmi e non l’ho fatta scappare. È stato un momento magico, esibirsi in un cartellone così eccezionale, un sogno. È davvero un’esperienza da fare nella vita.
Ci tornerai?
Magari quando sarò una grande star ci andrò in hotel, ma tradirei comunque lo spirito del festival. Mi è piaciuto viverlo così. Avere Adele prima di me è stato enorme e non pensavo che molte persone sarebbero venute a vedere me, quindi è stata una sorpresa fantastica.
Come sarà il tuo show l’anno prossimo?
Farò un disco tutto mio e non vedo l’ora di costruirci uno show grande attorno, con le luci e tutto. Da due anni faccio musica in proprio e ora mi muovo con un batterista, bassista e un pianista. Avremo anche delle coriste, veri musicisti sul palco che è la cosa più importante per me.
E l’album?
Conterrà tutte canzoni mie, perché sono terribile a ricordarmi le parole degli altri e quindi non faccio mai le cover. Negli ultimi mesi ho scritto molto e alla fine cambio sempre idea sul numero di pezzi che voglio includere. Lo voglio chiamare What Time Is To Be Alive, una riflessione sulla razza umana.
Le tue influenze musicali quali sono?
Mio padre mi ha portato a vedere gli AC/DC, li ho visti dal vivo a Parigi da bambino. Mi piacevano molto i Police, per anni ho ascoltato solo loro, ma non li ho mai incontrati. Diciamo che grazie alle influenze di mio padre ho avuto ascolti molto rock, Foo Fighters, Muse. Poi ho ampliato, anche perché essendo i miei genitori scozzesi non sono cresciuto con il senso di comunità di Manchester, anche se mi piace molto. È molto identificata con la musica quella città, incredibile. Forse perché Londra è molto dispersiva e quindi Manchester ha una scena artistica molto orgogliosa.
Ed Sheeran?
È spettacolare, è stata un’influenza per me e so che molti mi paragonano a lui, ma lui ha un songwriting particolare, ha fuso il mood urban con il pop e quando avevo 20 anni lo ascoltavo molto. È bello essere accostato alla popstar più famosa del momento. I paragoni credo siano più sulla parte autoriale che sulla voce, perché non cantiamo alla stessa maniera.
La prima cosa che si chiede a chi è cresciuto a Manchester…
È il calcio lo so. A me piace molto, però non al punto di dover scegliere tra le due squadre.