C’è qualcosa di sentimentale e nostalgico quando Sylvain Bellenger ci sorride all’ascolto dell’ennesima domanda retorica apparente: “Un direttore francese per il museo di Capodimonte….”. Si fa una risata di circostanza e ci sottolinea: “Ma qui gli stranieri sono sempre stati accolti con entusiasmo, Napoli è la capitale dell’accoglienza”.
E con tutto il rispetto umano, qui non si sta parlando di rifugiati o immigrati della disperazione. Parliamo di un direttore di museo di fama globale che da Chicago è arrivato nella capitale del sud Italia nel 2015, quando il ministro Franceschini annunciò il risultato del concorso per direttori aperto a tutto il mondo. L’altro straniero in campania è il tedesco Gabriel Zuchtriegel e sta avendo ottimi risultati a Paestum. Così come il dottor Bellenger che propio a Napoli in questo museo che ora dirige, nel 1980 in visita privata decise di fare dell’arte un mestiere, una ragione di vita.
Capodimonte, reggia che domina la città partenopea costruita negli anni 30 del 1700, è adibita a museo dagli anni 50 del Novecento. Beneficia oggi del rinnovato interesse globale dell’Italia da parte di visitatori stranieri (musei nostrani visitati dai 38 milioni del 2013 ai 50 milioni del 2017) ma è sicuramente una perla immensa (47mila opere disponibili, prevalentemente pittura 700-800) che può dare di più rispetto ai 232mila ingressi l’anno (+21% annuo). Che comunque hanno contribuito a far salire i visitatori dei musei in Campania a 9 milioni nel 2017, che significa seconda classificata in Italia dopo il Lazio.
IL PARCO – Ora non si bivacca più e le aiuole sono curate al Real Bosco di Capodimonte, 134 ettari in città di puro verde. Come dice Bellenger, “degrado attira degrado e se le persone vedono che c’è rispetto, rispettano di più”. Progettato dall’architetto Ferdinando Sanfelice nel 1734, il real bosco era nato come riserva di caccia di Carlo III re borbonico. Poi Ferdinando II lo trasformò in giardino all’inglese e quello che si vede oggi è un polmone verde che trasuda queste due genesi. Il botanico tedesco Friedrich Dehnhardt lo curò e ridisegnò intorno al 1840, impiantando specie esotiche e portando avanti singolari esperimenti.
LE OPERE – La collezione Farnese, principalmente portata qui a opera di papa Paolo III, si concentra sulla bellezza classica ritratta dai maestri del 500 (Raffaello, Tiziano, Michelangelo, El Greco). Nella galleria delle cose rare dei Farnese, spicca il cofanetto di fine 500.
Al secondo piano il settore dedicato a Napoli e alle dominazioni dei regnanti in città dal 1200 all’unità d’Italia: svevi, angioini, aragonesi, viceré spagnoli e austriaci, Borbone. Qui si trovano le pregevoli tele di Tiziano, Caravaggio, Luca Giordano.
Gli appartamenti reali, rimaneggiati tra 700 e 800, custodiscono una galleria di porcellane, un famoso pavimento a mosaico rinvenuto nella famigerata villa di Tiberio a Capri (primo secolo d.C.). Interamente trasportato qui il salottino in porcellana della reggia di Portici realizzato per la regina Maria Amalia di Sassonia realizzato negli anni del 1750.
Impossibile elencarvi tutti i tesori artistici custoditi tra queste stanze ma è da tener a mente che qui è l’unico posto dove si ammirano le pubblicità di fin de siecle dei Magazzini Mele, un’istituzione partenopea del commercio di stile ed eleganza che tra fine 800 e inizio 900 creò lo slogan “Massimo Buon Mercato”, con vari artisti impegnati a rappresentarne le affissioni.
Tra i contemporanei, sono qui i Vesuvius di Andy Warhol, le gallerie fotografiche del grande Mimmo Jodice, Michelangelo Pistoletto, Sol LeWitt.
“Il museo di Capodimonte ha cambiato missione istituzionale con la riforma Franceschini – ci dice Sylvain Bellenger – perché ha visto aggiungersi alla missione culturale-artistica del museo un bosco di 184 ettari con 17 edifici borbonici sotto la stessa direzione. Per non parlare dei capolavori della botanica che sono nel bosco, io ci vedo il Tiziano del bosco, sono delle opere d’arte naturali portate qui con navi attraverso il porto che è l’approdo del mondo su questa città. Per questo ritengo che il bosco sia lo specchio dell’identità della città di Napoli perché ha accolto tutti gli alberi del mondo per 200 o 300 anni”.
Ci sono effettivamente esemplari di piante arrivati qui dalla Cina, dall’America del Sud, dall’Africa, dall’Australia. “Il museo dell’immigrazione delle piante – dice a effetto Bellenger, appassionato direttore sia delle stanze che degli ettari di terra – ha delle particolarità che sono protette dall’Unesco ed è il più grande bosco urbano d’Italia. Io reputo questo un grande lusso, quasi al centro della terza città d’Italia. Il giardino per me è un luogo d’arte in sé, perché è stato creato da artisti del verde, da grandi botanici. Un luogo di scienza, piacere, svago e cultura. Spero anche che ci sia civiltà, visto che la nostra politica di rispetto e coinvolgimento per la tenuta del bosco ha già cambiato la percezione dei cittadini. Non vedo più gettare le carte, i cittadini non aspettano dallo stato, dal direttore o da San Gennaro la soluzione ai problemi ma la trovano loro. Che è non sporcare il verde pubblico”.
INIZIATIVE – Armeria, ovvero la collezione di armi del Museo di Capodimonte, una delle più notevoli d’Europa, ripaerta da poche settimane, Costituita dalle armi che appartenevano alla famiglia Farnese tra la fine del XV e il XVII secolo, fu ricevuta in eredità da Carlo di Borbone, che vi aggiunse nel Settecento la sua raccolta di armi da fuoco, alcuni doni diplomatici ed altre armi prodotte dalla Real Fabbrica di Napoli. Nell’Ottocento Ferdinando IV arricchì la collezione con alcuni pregiati manufatti cinquecenteschi, recuperati durante il suo esilio a Palermo. L’armeria di Capodimonte è una storia completa delle armi europee d’epoca moderna.
L’Opera si racconta, un ciclo espositivo di mostre-focus: in mostra fino al 1 luglio 2018 la Sacra conversazione di Konrad Witz in dialogo con due manoscritti della metà del XV secolo provenienti dalla sezione “Manoscritti e Rari” della Biblioteca nazionale di Napoli e la sezione dell’Ottocento privato, aperta ogni domenica dalle ore 10 alle 14.
un ciclo espositivo di mostre-focus con cui il Museo e Real Bosco di Capodimonte dà voce a dipinti, sculture e oggetti d’arte presentate al pubblico in confronto con altre opere o documenti coevi capaci di spiegarne il contesto in uno spazio dedicato: la sala 6. In mostra fino al 1 luglio 2018 la Sacra conversazione di Konrad Witz in dialogo con due manoscritti della metà del XV secolo provenienti dalla sezione “Manoscritti e Rari” della Biblioteca nazionale di Napoli: Horae Beatae Mariae Virginis Secundum usum rothomagensis, Heures à l’usage de Rouen, 214 fogli di cui 40 in grandi miniature, e Horae Beatae Mariae Virginis, Livre d’Heures, 181 fogli di cui 8 in grandi miniature. La mostra è realizzata in collaborazione con la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele di Napoli e l’associazione Amici di Capodimonte onlus e realizzata con il supporto dell’azienda Tecno srl.
Inoltre per tutto il mese di maggio la campagna social del Mibact #domenicalmuseo invita i visitatori a cercare oggetti di design raffigurati nelle opere d’arte, a scattare delle foto e a condividerle con l’hastang #artdesign sui canali social del Mibact e su quelli del Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Il museo è in collina. Quindi dal centralissimo Teatro San Carlo di Napoli parte lo Shuttle Capodimonte con possibilità di biglietto integrato tragitto+ingresso. Tempo di percorrenza stimato: 22 minuti.
CANALI SOCIAL DI CAPODIMONTE: twitter.com/capodimonte_mus; www.instagram.com/museoboscocapodimonte; www.facebook.com/museodicapodimonte.