La sua fama e prestigio sono talmente alti che il museo delle culture Mudec di Milano ha scelto proprio lui per inaugurare un nuovo spazio dedicato alla fotografia dal mondo. Steve McCurry, famoso per i suoi reportage dai luoghi difficili e per i ritratti della gente comune (su tutti, la ragazza Afghana del 1984) è arrivato a Milano accolto da vera star.
La sua mostra, Animals (appena inaugurata al Mudec di Milano e visibile fino al 31 marzo 2019) ha come oggetto gli animali e le loro ambientazioni che spesso non si sono scelti. “Gli uccelli migratori nei laghi di petrolio durante la Guerra del Golfo nel 1991 erano attratti dagli specchi d’acqua, ma fu una catastrofe immane. Si avvicinavano e morivano”. E lui ha fotografato quel momento consegnandolo per sempre alla storia.
Spesso gli animali sono legati alle catastrofi ambientali, ma McCurry riesce anche a ritrarre il rapporto tra gli animali e i loro custodi intorno al mondo. L’emozione e il dramma dietro ogni scatto in esposizione al MUDEC PHOTO, il nuovo spazio espositivo del Museo delle Culture dedicato alla fotografia d’autore a Milano, è davvero intensa.
Il potere visivo di ogni scatto rimanda a un momento conosciuto o meno della storia umana recente. Ci sono le guerre e le ricostruzioni, vero, ma anche tanta umanità.
Racconta: “Ho fatto un servivzio sui monsoni in condizioni climatiche spinte, la pioggia è molto importnate per chi coltiva ovviamente. Ma le inondazioni a volte fanno perdere tutto. E quindi queste foto ricordano che ci deve essere un equilibrio. Le emozioni riconosco che sono alte, mi appassiona molto davvero la fotografia della pioggia”.
Il Comune di Milano-Cultura, MUDEC e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con SUDEST57, hanno deciso di affidare al genio e alla sensibilità del grande fotografo americano in un progetto espositivo appositamente creato per il Museo delle Culture, a cura di Biba Giacchetti.
Gli animali saranno infatti i protagonisti di 60 scatti iconici, tra famosi e meno conosciuti che racconteranno al visitatore le mille storie di vita quotidiana che legano indissolubilmente l’animale all’uomo e viceversa. Un affresco corale dell’interazione, della condivisione, che tocca i temi del lavoro e del sostentamento che l’animale fornisce all’uomo, delle conseguenze dell’agire dell’uomo sulla fauna locale e globale, dell’affetto che l’uomo riversa sul suo “pet”, qualunque esso sia.
Il progetto Animals origina nel 1992 quando il fotografo Steve McCurry svolge una missione nei territori di guerra nell’area del Golfo per documentare il disastroso impatto ambientale e faunistico nei luoghi del conflitto. McCurry tornerà dal Golfo con alcune delle sue più celebri immagini “icone”, come i cammelli che attraversano i pozzi di petrolio in fiamme e gli uccelli migratori interamente cosparsi di petrolio.
Con questo reportage vincerà nello stesso anno il prestigioso Word Press Photo. Il premio fu assegnato da una giuria molto speciale, la Children Jury, composta da bambini di tutte le nazioni.
Da sempre, nei suoi progetti Steve McCurry pone al centro dell’obiettivo le storie legate alle categorie più fragili: ha esplorato, con una particolare attenzione ai bambini, la condizione dei civili nelle aree di conflitto; ha documentato le etnie in via di estinzione e le conseguenze dei cataclismi naturali. A partire da quel servizio del ’92 ha infine aggiunto, ai suoi innumerevoli sguardi, quello empatico verso gli animali.
Animali come via alla sopravvivenza (gli animali da lavoro), animali talvolta sfruttati come unica risorsa a una condizione di miseria, altre volte amati e riconosciuti come compagni di vita per alleviare miserie, o semplicemente per una forma di simbiotico affetto; sempre in uno spirito da esploratore delle relazioni umane.
Per creare la mostra Animals autore e curatrice hanno lavorato all’unisono addentrandosi nell’immenso archivio del fotografo per selezionare una collezione di immagini che raccontassero in un unico affresco le diverse condizioni degli animali. Il percorso della mostra lascia al visitatore la massima libertà, pur fissando un’invisibile mappa articolata su diversi registri emotivi, in grado di alternare le immagini più impegnative ad altre di grande leggerezza e positività.
Steve McCurry esploratore del genere umano ci offre dunque un viaggio nella contiguità del pianeta animale, ci parla di relazioni e di conseguenze; le sue immagini indelebili sono prive di tempo; e, come accade a chi viaggia instancabilmente per raccontare storie, sembra mostrare nostalgia per un mondo in continua e pericolosa trasformazione che lui può solo documentare
Oggi Steve McCurry è celebrato nel mondo, e la folla al Mudec per l’avvio della mostra lo testimonia. Ma ha ricordato anche quando non era semplice andare a fare foto in giro per il mondo, nonostante i giornali pagassero bene e ingaggiassero reporter viaggiatori. C’era però la concorrenza: “La foto dei cammelli con l’esplosione di petrolio dietro l’ho scattata perché ero lì durante la guerra del golfo e mi è sembrato un accostamento inedito – racconta il fotoreporter considerato un vero artista dell’obiettivo – altre invece sono venute fuori da coincidenze inaspettate. Come quelle in America, quando dovevo fare dei servizi a Broadway che poi saltarono…perché il giornale che mi aveva commissionato il lavoro scelse un altro. Così me ne andai a Los Angeles e cercai di attraversare la città a piedi fotografando. La differenza è che New York è fatta per pedoni, a Los Angeles nessuno cammina”. Eppure, alcune delle foto più belle in esposizione al Mudec McCurry le ha scattate proprio nella capitale della California.
In esposizione abbiamo visto momenti di vita inusuale o straordinariamente di routine da posti impensabili. I collezionisti strambi di rettili in America, i bimbi addormentati con qualsiasi sorta di animali in Asia, le tigri abbandonate nei musei e zoo bombardati. La foto perfetta quale sarebbe per lui che ne ispira tante? “Nell’ultima settimana mi è successo di voler fotografie che non sono riuscito a fare. Continuamente anche noi perdiamo delle occasioni, anche se siamo sempre attenti a quello che si muove. Perdiamo delle opportunità perché non siamo pronti. Ma la foto perfetta arriva quando c’è la potenzialità e il momento è sbagliato, quando guido per esempio. Ma resta nel cuore, con il dispiacere di non averla potuta catturare, ma bisogna anche saper lasciare andare”.
Il mese scorso è uscito anche in Italia il libro “Una vita per immagini”, la piú grande raccolta di fotografie di Steve McCurry ed il racconto, scritto dalla sorella Bonnie.