Parte del successo e dello sconcerto che il ballerino Sergei Polunin sta provocando nel rigido mondo del balletto, lo si deve al linguaggio del suo corpo.
Il giovane artista ucraino gioca, espone, tartassa la sua carne, con segni e tatuaggi ma soprattutto con messaggi. Ribellione, emancipazione, libertà: la danza non è mai stata così usata a vessillo di un percorso di liberazione come in questo film Dancer, che arriva in Italia questa settimana, in cui il ballerino per circa un’ora e mezza è protagonista di un docu-film girato tra Gran Bretagna, America e Ucraina, i tre territori dove è maggiormente idolatrato.
Diretto dal regista candidato all’Oscar Steven Cantor, Dancer racconta la vita e la carriera di Sergei Polunin, il James Dean della danza, quello che gli amici definiscono “una bestia aggrazziata”, partendo dalle immagini da bambino, passando per i tanti successi, i tatuaggi, l’amore con Natalia Osipova, e il famoso video che l’ha reso celebre, l’improvvisazione sulle note di Take Me To Church su Hozier.
Il ballerino più dotato della sua generazione secondo il New York Times, classe 1989, origini ucraine, di quell’est Europa dove la danza classica è più popolare del calcio anche tra i ragazzi, Polunin si colloca suo malgrado come diretto discendente del terzo millennio di quella stirpe di geniali, sensuali, mefistofelici danzatori che partendo da Nijinsky e passando per Nureyev, ha infiammato i palcoscenici dei teatri, i cuori di milioni di fan e le riviste di gossip ai livelli delle rockstar.
Realizzato in quattro anni durante i quali la produzione ha seguito Polunin nei suoi molteplici spostamenti, è stato nominato come miglior documentario ai British Independent Film Awards 2016.
Il fotografo e artista David LaChapelle, autore del video di Take Me to Church di Hozier, figura tra coloro che hanno contribuito alla realizzazione del film.
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