C’è un materiale prettamente italiano che unisce la visione grandiosa dell’artista Pablo Atchugarry e il nostro Paese: parliamo del marmo di Carrara che ha travolto e condizionato la vita dello scultore uruguaiano. Nella sala delle Cariatidi, presso Palazzo Reale a Milano sino al 30 gennaio 2022 c’è una grande mostra monografica dedicata all’opera di Atchugarry, scultore che dagli anni ’70 si divide tra Italia, Stati Uniti e Uruguay.
La mostra, curata da Marco Meneguzzo, vuole essere un punto di riflessione e un omaggio alla grande carriera di Pablo Atchugarry, scultore che con la sua notorietà internazionale, il curriculum delle esposizioni, la presenza nelle collezioni più importanti del mondo, e i suoi risultati di mercato planetari, costituisce il vero esempio di un artista che ha saputo concentrare nel suo lavoro il gusto globalizzato di tutti i collezionisti e gli esperti del mondo. La location scelta, la Sala delle Cariatidi, inizialmente edificata tra il 1774 e il 1778, tra gli altri anche da Giuseppe Piermarini, è simbolico di quel fascino che l’Italia emana nel mondo e che ha investito l’artista sin dai primi anni Settanta del Novecento, quando proprio Milano fu al centro di uno dei suoi viaggi memorabili. Atchugarry ancora oggi realizza tutto a mano e ancora oggi riconosce che lo spirito del luogo, quello che si respira a Carrara, con l’anima di Michelangelo che aleggia in quelle cave da dove arriva il marmo che forgia instacabile, è fonte di ispirazione.
Nell’ultimo ventennio la sua attività si è concentrata su grandi sculture in marmo – tutte lavorate e scolpite personalmente – che ora, nell’ambito dell’ultimissima produzione, stanno lasciando il posto a delle riflessioni sempre sulle forme sinuose e lineari della natura, ma scavate direttamente nel legno o emergenti da tronchi di ulivi secolari.
“Sono tanti i segreti – dice l’artista – . Una volta avevo scritto che il marmo ha una voce sottile e delicata, però se noi siamo attenti e abbiamo la pazienza di ascoltarla, essa ci racconta diversi segreti che potrebbero essere dei suggerimenti su come lavorarlo, o fino dove poter arrivare e quali sono i suoi limiti… Quindi in questa lettura, uno ha il compito veramente di ascoltare, per sapere che parte di superficie sceglierà, se veramente potrà togliere o lasciare, prima di poterlo fare concretamente. Quindi questi segreti significano entrare veramente nell’interiorità della materia ed è allora, che si respira, quasi all’unisono, con il ritmo segnato dal marmo. Quindi questo è un universo”.
L’esposizione traduce un progetto particolarmente complesso per diversi aspetti, tra i quali il peso e il numero di opere – oltre 40, che variano negli anni di produzione – , che dialogano con l’architettura molto presente e suggestiva della Sala delle Cariatidi, ex Sala degli Specchi dove i reali tenevano danze e banchetti. L’ambiente, tornato a nuova vita solo nel 2000, dopo i gravi bombardamenti degli anni 40, ancora oggi porta i segni dell’incendio che l’ha devastata durante la guerra ma che le conferiscono un grande fascino.