29 Maggio 2022

Salvatore Emblema, omaggio alla sua arte a Capodimonte

29 Maggio 2022

Salvatore Emblema, omaggio alla sua arte a Capodimonte

29 Maggio 2022

Salvatore Emblema, omaggio alla sua arte a Capodimonte

Dal 26 maggio al 30 ottobre 2022, presso il Museo e Real Bosco di Capodimonte, si tiene la più ampia personale in un museo pubblico dedicata all’artista Salvatore Emblema (Terzigno, 1929), dopo la sua scomparsa avvenuta nel 2006.

La mostra, a cura di Sylvain Bellenger, è realizzata con il supporto scientifico dei Museo Emblema e del suo archivio, con la collaborazione dell’Associazione Amici di Capodimonte Ets. La mostra si inserisce nel ciclo di mostre focus “Incontri Sensibili” in cui le opere di artisti contemporanei sono messe a confronto con quelle della collezione storica dei Museo ed evidenzia la stretta relazione tra l’attività pittorica e la parallela ricerca in campo installativo di Salvatore Emblema.

Autoritratto di Salvatore Emblema. L’artista, nato a Terzigno (Napoli) nel 1929, dopo aver frequentato l’istituto d’arte e la Scuola del Corallo di Torre del Greco, si spostò a Roma nel 1948, portando con sé i primi lavori: collages di foglie disseccate (“fui log rafie”) il cui successo gli aprirà le porte dei circoli artistici di via del Babuino. Nel corso degli anni Cinquanta sperimentò nuovi materiali, passando dalle foglie alle pietre e alle terre vulcaniche, che compariranno nelle opere esposte nelle prime personali, a cominciare da quella del 1956 presso la Galleria San Marco. Trasferitosi in America, conobbe gli artisti della School rimanendo colpito, soprattutto, dalla ricerca di Mark Rothko. Lavorò negli anni 70 come scenografo a Cinecittà realizzando interni per numerosi film, tra i quali “La strada” di Federico Fellini. Nasce in quegli anni una serie di opere caratterizzate da una profonda istanza materica. Nella seconda metà del decennio vedono la luce le prime “tele nude”, incorniciate da fasce di colore. Lo spazio reale e quello pittorico coesistono in una matrice unica e si esaltano l’un l’altro. È un ulteriore passo verso quella che sarà la sua conquista più personale: la “Trasparenza”, canonizzata da Giulio Carlo Argan nel 1979. Le tele “detessute”, come le definisce Palma Bucarelli, sono l’oggetto di numerose esposizioni durante tutto il corso degli anni Settanta. Quel grande fermento creativo culmina nel 1979 con due importanti esposizioni: a Ferrara, al Palazzo dei Diamanti, e a Napoli alla Villa Pignatelli. Nel 1980 e nel 1982 partecipa alla Biennale di Venezia. Gli anni Ottanta segnano altre importanti tappe. Un suo autoritratto sul tema della trasparenza è scelto da Argan per la collezione degli Uffizi di Firenze, tiene personali alla galleria comunale di Cesena (1981) e al Palazzo Reale di Napoli (1985). Nel 1982 tiene una mostra al Museo Bojmans di Rotterdam, dedicata al suo lavoro ambientale. Negli anni la pittura di Emblema è andata acquistando in scioltezza, agilità compositiva e urgenza di esecuzione: il rapporto tra la luce, la materia e gli elementi fondanti della pittura si è sviluppato per semplificazioni successive, secondo le regole di una “matematica emotiva”, definizione proposta dal critico israeliano Amnon Barzel.

Il progetto espositivo si articola in un percorso diffuso tra gli spazi interni del Museo e quelli esterni dei Real Bosco, per approfondire quel processo di riappropriazione e sublimazione dell’elemento naturale e paesaggistico che ha caratterizzato gran parte dell’attività di Emblema tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80.

La mostra si inserisce nel filone di mostre monografiche dedicate al rapporto di alcuni artisti con la città di Napoli: Pablo Picasso, Caravaggio, Vincenzo Gemito, Luca Giordano, Santiago Calatrava.

La moglie di Salvatore Emblema con il direttore del Museo e Real Bosco Sylvain Bellenger (foto di Maurizio De Costanzo per The Way Magazine).

Salvatore Emblema (Terzigno, 1929 – 2006) nato alle pendici dei Vesuvio, ha saputo coniugare lo scenario delie sue origini con il linguaggio astratto di matrice americana. Conosciuto per l’uso di materiali comuni, come la juta con cui ha composto i grandi dipinti segnati da figure geometriche, in mostra sono presentate anche opere meno note, tra cui alcune installazioni ambientali, indagini sul rapporto tra opera e ambiente, azione e contesto. Al successo che ha connotato gli anni ‘50 fino all’inizio degli anni ’80, è seguito un periodo di incomprensione da parte del pubblico. Per questo Capodimonte ha voluto fortemente dedicare a Salvatore Emblema un’ampia mostra, diffusa tra secondo e terzo piano dei Museo, Celialo e Real Bosco, ripercorrendo le fasi delia sua ricerca, sia in senso cronologico che tematico. Per la prima volta è anche esposta, nella sala “incontri sensibili”, l’installazione Scatole Trasparenti (1969-74), desunta da uno studio dell’artista.
Nella Sezione di Arte Contemporanea dei Museo, le oltre 30 opere pittoriche rappresentano lo sviluppo della ricerca dell’artista in venti anni di attività, tra gli anni ’60 e ’80.
Attraverso la pittura, Emblema destruttura e amplifica nello spazio gli elementi costitutivi del quadro, valicando la superficie del supporto.
Ne emerge una produzione operata dentro e fuori l’oggetto-quadro, pur lasciando inalterato quel linguaggio visivo e corporeo, fatto di colore, forma, luce e materia.
Tra le tele tinte, sovrapposte e detessute nelle tonalità di celeste, rosa, blu e nei caldi giallo, rosso o marrone esaltate nella loro materica bellezza dalla luce naturale in sala, spicca Senza Titolo/Terraemotus, 1984, l’imponente opera in terre colorate e carbone su tela di juta, misure 250 x 450 cm, originariamente realizzata per il tragico terremoto del 1980 che sconvolse la Campania.
L’opera resterà nella Sezione di Arte Contemporanea del Museo come donazione degli Eredi Emblema a Capodimonte.

Scatole Trasparenti è un’opera dei primissimi anni ‘70 che Salvatore Emblema lascia allo stadio di prototipo. La trasparenza propria della plastica, sebbene limpida e pura, sembrava collidere con la pratica artigianale prediletta dall’artista. Il progetto è presentato per la prima volta al pubblico in una versione realizzata in plastica eco- sostenibile e concepita come uno spazio accessibile solo agli occhi dell’osservatore. Scatole trasparenti è un congegno percettivo che si anima di possibilità sensoriali infinite, accogliendo dentro la pelle dell’opera, solo apparentemente muta e impenetrabile, tutte le variabili paesaggistiche del Real Bosco di Capodimonte. Un quadro perseguito nello spazio e con lo spazio.

Ad un certo punto ho voluto rubare il quadro al muro. Desideravo una pittura che la potevi abitare. E partivo dallo schema di una siepe che filtrava la luce. Ma come costruire uno spazio senza dividerne un altro? Assegnai ad ogni materiate la sua trasparenza, la sua personale portanza nell’aria. Ed era un Labirinto. Però facile, benevolo. Me ne accorsi subito. Più mi allontanavo dal muro e più la pittura si riprendeva tutte quelle pareti trasparenti che andavo alzando qua e là. Ogni cosa diventava immagine, forma, colore. E perciò era pittura. Ma era una pittura nuova e mi emozionava, forse perché non la facevo io” (Salvatore Emblema).
Scatole trasparenti (secondo piano)
1969-1974 (200x70x450) 10 MODULI, Scatole In Plexiglass Trasparenti Ed Ecocompatibili.

Scatole Trasparenti è un’opera dei primissimi anni ‘70 che Salvatore Emblema lascia allo stadio di prototipo. La trasparenza propria della plastica, sebbene limpida e pura, sembrava collidere con la pratica artigianale prediletta dall’artista. Il progetto è presentato per la prima volta al pubblico in una versione realizzata in plastica eco- sostenibile e concepita come uno spazio accessibile solo agli occhi dell’osservatore. Scatole trasparenti è un congegno percettivo che si anima di possibilità sensoriali infinite, accogliendo dentro la pelle dell’opera, solo apparentemente muta e impenetrabile, tutte le variabili paesaggistiche del Real Bosco di Capodimonte. Un quadro perseguito nello spazio e con lo spazio.

Una unità abitativa minima, binaria. Come un incontro a due: tra lo sguardo e l’orizzonte.
E sempre nelle sue parole si coglie il suo personale significato di “quadro”, “muro”, “orizzonte”, “tempo” …

“Per capire cos’è un quadro uno si dovrebbe prima domandare a cosa è legato, lo credo che dopo il focolare la pittura è la più domestica delle cose umane. Non c’è pittura senza casa. Come non c’è casa senza muri. Nelle canzoni, forse. A me il muro, devo dire, seduce come fosse un corpo vivo. È il confine, la soglia tra lo spazio dove governi tu e quello dove governa qualcos’altro. Appartiene alla geografia dell’esistenza più che all’edilizia. Ti protegge dai dubbi dell’orizzon te aperto. Pensaci, I muri vivono d I tempo. E il tempo li segna.
Li graffia, li tormenta. Ma tutto questo avviene fuori. E dentro? Magari la pittura è io strumento che ci siamo inventati per tormentare i muri: da dentro. Che poi è tormento buono, si capisce. Come quando consumiamo, fino alio sfinimento, le cose che amiamo. Per troppo averle tenute tra le mani’’.

Le tele esposte nei Museo preludono e suggeriscono le evoluzioni ambientali degli anni successivi, visibili ali’interno dei Cellaio, uno dei 17 edifici storici del Real Bosco. Qui sono esposte alcune delie grandi installazioni realizzate negli anni Settanta, concepite come un complesso congegno scenografico. Giochi di trasparenze, superfici tessili, lignee e metalliche si fondono con l’architettura ospitante e con io spazio naturale circostante. Queste installazioni sono esempi di una ricerca meno nota, una indagine sulla realtà sensibile.

Altre installazioni di maggiore ampiezza sono poste in stretta relazione con il paesaggio dei Reai Bosco di Capodimonte, parte integrante del percorso diffuso. Tra queste, ci sono Ricerca sul paesaggio, 1972-74, un’installazione ambientale di reti metalliche colorate che resterà a Capodimonte, esposta sulle praterie antistanti il Ceilaio, come dono da parte degli eredi Emblema.

Senza Titolo / Ricerca sull’architettura, 1995-2000 (visione dall’interno foto di Maurizio De Costanzo, sotto foto di Museo Capodimonte).

Nel Cortile monumentale della Reggia è visibile Senza Titolo / Ricerca sull’architettura, 1995-2000, una struttura cubica in ferro e pietra lavica di 3 metri.
In questi lavori, gli elementi e le variabili dello spazio concreto sono unite entro una superficie d’insieme, pittorica e visuale al contempo. Le istallazioni ambientali si smaterializzano fino a diventare sottili filtri per io sguardo, paesaggi incastonati nel paesaggio.

Nelle parole di Emblema si coglie tutto il senso della sua ricerca e il suo rapporto con la pittura.
“Debbo confessarti una cosa. Esporre i quadri mi spaventa assai. Perché i quadri miei chiedono. Come amanti e dei più capricciosi. Chiedono alla luce di essere completati. Allo spazio di essere accolti. Addirittura implorano i muri di cambiare la loro stessa natura, di farsi porte immaginarie, cieli, orizzonti, terre o perimetri per lo sguardo. Ma alla fine cosa diamo in cambio ? Trasparenza, quella sicuramente. Ma ti basta ?loei miei quadri ci offriamo come carne nuda ai tuoi occhi giudici. Ma cosi ci sono quasi gli estremi per l’oltraggio al pudore. Capisci? lo non io so se la pittura è ancora una cosa attuale o se vale la pena, oggi, fare ancora un quadro. So solo che un quadro ben riuscito assomiglia tanto a una casa con la pelle sottile, costruita sulla strada che corre tra i tuoi occhi e questo impercettibile movimento del sole. Proprio ora, qui. Mentre ti sto parlando”.

Senza Titolo/Terraemotus 1984 250x450cm
Terre colorate e carbone su tela di juta.
Senza Titolo 1985 (250×180)
Terre colorate e carbone su tela di juta.

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