Ci sono molti espedienti narrativi a cui si può pensare per raccontare la più lunga epopea canora italiana. Per portare sul palco d’Italia i 70 anni del Festival di Sanremo, quelli festeggiati appena prima del lockdown lo scorso febbraio, il maestro Leo De Amicis si è affidato a emozioni forti e scelte decisamente popolari. Manca un po’ di coraggio (anche negli arrangiamenti) in questo recital “Sanremo 70”, cucito addosso a Marco Morandi, un’orchestra numerosa e un team di 5 bravi coristi tratti da vari show della tv di stato. Con Morandino (che ha citato il compianto Rino Gaetano anche nell’abbigliamento) anche la bella voce di Claudia Campagnola. Ma soprattutto, visto a Salerno per la prima volta durante il Premio Charlot l’altra sera, lo spettacolo ha emozionato per il ritorno in scena di Ron e Fiorella Mannoia.
I due artisti Sony Music (etichetta erede della mitica RCA), che a Sanremo hanno lanciato tra le loro più belle canzoni, sono tornati su un palco a cantare per la prima volta dopo mesi di fermo. E ci si è dimenticati di una scrittura “tiepida” del copione dello show dedicato al festival e ci si è abbandonati a tifo simil-stadio. Segno che la voglia di ripartenza, in questo paese di santi e marinai, passa comunque anche dalla musica. “Se ne dovrebbero ricordare i politici – ci ha detto Ron dietro le quinte – perché la parola arte nei loro provvedimenti non si è proprio sentita”. Il cantante-pupillo di Lucio Dalla, di cui ha riproposto la canzone portata a Sanremo nel 2018 “Almeno Pensami”, ci ha poi raccontato del suo rafforzato legame con Biagio Antonacci proprio durante la quarantena: “Ci sentivamo spesso e pensavamo assieme che in quelle condizioni non ci veniva proprio da scrivere”. Il cantautore, che vinse Sanremo in coppia con Tosca nel 1996 con “Vorrei incontrarti tra cent’anni”, ha riproposto davanti al pubblico per la prima volta da settembre 2019 i brani cardine del suo repertorio. “E stasera suonavano tutti meravigliosi”, ha commentato soddisfatto.

Fiorella Mannoia, acclamatissima ultima stella sul palco di Salerno, ha scherzosamente ironizzato sul suo repertorio: “Caffè nero bollente è l’unico brano rock che ho fatto. Ora sedetevi che partono le lagne”. E che lagne: “Quello che le donne non dicono”, “Come si cambia”, “Le notti di maggio” hanno fatto sognare le centinaia di persone accorse all’Arena del Mare di Salerno. E anche la più recente “Che sia benedetta” (che ha sfiorato la vetta sanremese nel 2016) sta iniziando ad acquisire un peso simile ai grandi classici nel panorama pop italiano.
Prima e dopo di lei, l’orchestra di De Amicis si è avventurata in stralci di canzoni dai festival dei vari decenni: “Perdere l’Amore” (1988), “Un’Avventura” (1969), “Montagne Verdi” (1972) inframmezzati da testi di raccordo che “se c’era Paolo Limiti…”.

Al di là di qualche leggera ovvietà nelle riletture, spettro insidioso quando si maneggia una materia così pop come il festival ligure, lo show Sanremo 70 “narrato” dal giornalista Gianmaurizio Foderaro e scritto da Paolo Logli, è soprattutto un evento beneagurante. “Questo è quello che dobbiamo fare” ci ha detto dietro le quinte Fiorella Mannoia. E questa serata è anche foriera di rinnovato orgoglio per una manifestazione a cui tutti teniamo in particolar modo, perché ricorda momenti spensierati. Che oggi sembrano davvero, inevitabilmente, lontani.