“Sì è vero – dice Paolo Vallesi incontrandoci a Milano per presentare il disco Un Filo Senza Fine – è stato Enrico Ruggeri a dirmi che non ero più giovane. Sono un appassionato di moda, mi sono affezionato alla bellezza, sono stato fidanzato con una persona che lavorava nel mondo della moda. Una cosa pericolosa perché poi diventi fashion victim, anche se io ero affezionato ai miei jeans strappati. Ruggeri mi ha convinto a vestirmi in maniera più elegante e adatta alla mia età per evitare il rischio di apparire giovanile, che è terribile”.
Scherza sul tempo che passa, Paolo Vallesi, ma in realtà il tempo gli ha dato ragione. Quest’anno Carlo Conti l’ha voluto comunque ospite a Sanremo nella serata finale per fare ascoltare al pubblico il suo brano Pace, cantato in duetto con Amara. “Lo amava molto – ci dice – e anche se non è andato in gara per una serie di fattori che Dio solo sa, è stato recepito bene dal pubblico”.

Che cosa ti è rimasto di questa esperienza?
Sembrava dovesse andare in gara la canzone ma poi i movimenti del cast appartengono ai grandi misteri e quindi ci siamo affidati al messaggio importante. Che il direttore artistico ha recepito bene ed è stato emozionante poterla cantare in serenità. Conti mi aveva mandato un messaggio il pomeriggio prima dell’annuncio del cast dicendo “non voglio che lo sappia dalla tv ma sappi che la canzone mi piace molto e siccome l’ho fatto altri anni troverò il modo di invitarti”. Ed è andata così, non era una compensazione, lui non doveva nulla, non aveva compito facile, ma è stata la canzone a riemergere.
Amara come l’hai conosciuta?
Non è nata una collaborazione di calcolo. A giugno scorso eravamo ospiti a un concerto di beneficenza a Prato e ricordavo bene quello che mi comunicò la sua canzone a Sanremo Giovani. Quando partì lei mi inchiodai al video, per come cantava intensamente. E quando ci siamo incontrati dopo le prove le ho detto quanto la stimavo. E lei voleva fare lo stesso, incredibile, eravamo già in sintonia. Per lei ogni incontro non è casuale mentre per me è tutto frutto del caso. E ci siamo fatti una specie di scommessa, secondo noi le canzoni non nascono come duetti e ci siamo detti che sarebbe stato importante arrivare a trovare la canzone giusta. Un messaggio di pace aveva bisogno di un’interpretazione sentita. Lei è una persona vera.
Sei nato al Festival con Le Persone Inutili nel 1991. Cosa pensi di quell’epoca?
Cambia il rapporto con la musica, non si è mai interrotto nonostante i miei alti e bassi. Ho avuto estrema notorietà e poi scelte sbagliate quando facevo da solo senza furbizia promozionale. Un po’ tutto ciò mi ha allontanato dalla voglia di scrivere. Ho dovuto staccarmi per un periodo per ritrovare la mia arte. Le prime canzoni che scrivevo erano per me stesso e i giochi mi hanno fatto disamorare. Per ritrovare l’entusiasmo son ripartito da zero. Il fatto di aver ritrovato il pubblico, visto che il disco è in classifica questa settimana, è straordinario.
Il tour come sarà?
Voglio fare dei concerti assieme ad Amara prima dell’estate. A giugno comincerò a girare in Italia, Spagna e Canada, spero di tornare dal mio pubblico. E poi mi rimetterò a scrivere, perché sono lontani i giorni del rigetto. Parte del mio successo nei paesi latini è dovuto al grande artista e amico Alejandro Sanz che mi ha aperto un mercato. Quando vai a suonare fuori canzoni che conoscono tutti ti mette orgoglio, unisce le due cose che amo: viaggiare e fare musica. Mi son ritrovato a far concerti a Bilbao e Cadice che sono così lontani e che mi hanno dato un feeling con delle persone con cultura musicale diversa.
Ti influenza l’esperienza latina?
Certo, nel disco c’è una versione latineggiante di Grande che è il successo cantato in duetto con Alejandro Sanz. È rifatta in chiave world music.
Che ricordi hai del tuo esordio nel 1991?
Andai dal gestore del locale dove facevo piano bar e dissi: non posso venire la settimana prossima perché vado a Sanremo. Lui pensò a uno scherzo. Mi sono scontrato sia dal punto di vista umano e artistico con un successo improvviso e una serie di ostacoli. Oggi la mia voce mi piace di più, è più sicura, più vissuta. C’era un altro modo di cantare, sparavamo note impossibili da prendere. Crescendo non devi dimostrare nulla, cerchi di cantare su un range più giusto, dare peso a parole nella maniera necessaria.
Cosa è successo a 50 anni nella tua vita?
Sicuramente è cambiato il modo di giocare a calcio. Il brano I Miei Silenzi parla della condizione di un padre e di un figlio contemporaneamente, una condizione di responsabilità per le persone, ti arriva la maturità, la vita ti porta ad averla. Anche la musica credo rifletta questo, se rimanessimo uguali saremo idioti. L’entusiasmo che ho è lo stesso, anche perché questo mestiere ti porta a essere un po’ bambino per sempre.
Cosa è successo a 50 anni nella tua vita?
Sicuramente è cambiato il modo di giocare a calcio. I Miei Silenzi parla della condizione di un padre e di un figlio contemporaneamente, una condizione di responsabilità per le persone, ti arriva la maturità, la vita ti porta ad averla. Anche la musica credo rifletta questo, se rimanessimo uguali saremo idioti. L’entusiasmo che ho è lo stesso, anche perché questo mestiere ti porta a essere un po’ bambino per sempre.
Dicevi di essere affezionato alla bellezza, in che modo la esplori?
La bellezza mi appassiona non solo per i vestiti ma per quello che le persone hanno dentro. In questo Amara mi aiuta a capire molto perché la sua spiritualità è molto evidente, mi incuriosisce. Chi fa il mio lavoro ha l’abitudine a scavare dentro e a farsi delle domande. La mia fede non è da cattolico osservante, ma sono più religioso di tanti altri. Cerco delle domande, cerco nella spiritualità il modo di comportarsi bene nel futuro.
Ci racconti di un’esperienza che ti ha segnato non legata alla musica?
Ho fatto un reality dieci anni fa, la Talpa, è stata una concessione che mi porterò dietro con piacere. Non appartengo a quel mondo, l’ho vissuto in modo ingenuo, le persone erano lì per farsi vedere. Io ero un turista in gita, in Kenya per 4 mesi, un altopiano a 2mila metri sulla linea dell’equatore, con una natura spettacolare. La prima luce artificiale era a un’ora di strada. Ho visto dei cieli stellati che non posso raccontare, la quantità di stelle era impressionante. C’era una pozza d’acqua vicino al nostro campo che attirava scimmie, facoceri, giraffe, il tempo era dilatato. Dal punto di vista personale è stata un’esperienza arricchente. Non lo farei più ma è stato indimenticabile.